LA SCUOLA DEI DIVERSI Stampa
Scritto da Redazione   
Domenica 20 Marzo 2011 02:25

 

 per_diciaula_scuola

Il pluralismo delle idee
e delle confessioni religiose
nella scuola
 

Intervista di Francesca Di Ciaula
a Nicola Pantaleo
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L'Associazione “31 ottobre” per una scuola laica e pluralista è un' associazione nazionale costituita da operatori di scuole di ogni ordine e grado con sede a Roma. Suoi riferimenti fondativi sono le libertà e diritti civili scritti nella nostra Costituzione: la parità di opportunità formative, il rispetto delle diversità, culturali, etniche o religiose che siano.

L'associazione è attiva attraverso conferenze e pubbliche manifestazioni, nonché col sito www.associazione31ottobre.it , spazio ricco di spunti e riflessioni. La garanzia del rispetto delle tante voci che nella scuola pubblica si affacciano, le reali possibilità di accoglienza, il confronto e il dialogo tra confessioni religiose e identità culturali, i condizionamenti che invece minano la realizzazione di tali principi attraverso l'insegnamento della religione cattolica, così come è oggi realizzato nella scuola pubblica, sono tra gli argomenti i più dibattuti.

Nicola Pantaleo, docente universitario, è il presidente dell'associazione. A lui mi sono rivolta per meglio far luce su una tematica spesso lasciata in sottotono: le opportunità effettive e le attuali condizioni di riconoscimento e accoglienza delle diversità culturali e religiose nella scuola pubblica statale.

 

Sudcritica

Quali sono le finalità dell'Associazione 31 ottobre? A quali soggetti sociali vuole dar voce?

Pantaleo

L’Associazione “31 ottobre per una scuola laica e pluralista” è nata una decina di anni fa in seno alla Federazione delle Chiese evangeliche in Italia e trae il suo nome per un verso dal riferimento all’inizio della Riforma di Lutero e per altro verso dalla data di effettiva costituzione dell’Associazione. Essa è assolutamente laica e aperta a tutti quanti – docenti, genitori, studenti, semplici cittadini – hanno a cuore le sorti di una scuola libera da ipoteche confessionali e pluralista.


Qual è il suo parere riguardo l'atteggiamento di risposta della CEI, in particolare del cardinal Bagnasco, la presa di distanza della Chiesa cattolica dalle dichiarazioni del premier a proposito della scuola pubblica in opposizione netta alla libera scelta delle famiglie e della scuola privata? Come mai secondo lei la Chiesa non ha raccolto le affermazioni del premier?

Vi sono due spiegazioni possibili della reazione ufficiale della CEI alle improvvide affermazioni di Berlusconi sulla scuola pubblica. La presa di distanza è evidente nel momento in cui si lodano sia la scuola pubblica che quella privata (cattolica). Una ragione può nascere dal fastidio per la condotta privata del Primo ministro che non è possibile avallare senza incorrere in gravi contraddizioni. L’altra può essere un atteggiamento di prudenza di fronte agli evidenti privilegi per la scuola privata in modo da attenuare l’irritazione dell’opinione pubblica.

Il diritto di non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica, è sancito dal nuovo Concordato, giustificato dal riconosciuto - cito testualmente - “rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori”. Il riconoscimento di un diritto basilare sancito peraltro dalla nostra Costituzione, sembra a tutta prima così assicurato.

Il diritto di non avvalersi è rafforzato dalla “piena facoltatività” dell’IRC sancita in una sentenza della Corte costituzionale. Quanto però al suo pieno esercizio vi sono ostacoli frapposti dalla burocrazia scolastica e dalle pressioni ‘psicologiche’ di docenti e dirigenti scolastici che lo considerano un “fastidio”. In una società impregnata di cattolicesimo come quella italiana il dissenso non è compreso e spesso non è accettato. Delle quattro opzioni offerte ai non avvalentisi - assenza dalla lezione, studio assistito, studio individuale e materia alternativa - in effetti l’ultima, la più qualificata, è spesso oggetto di un vero e proprio boicottaggio.


A proposito di tale diritto, qual è la situazione attuale nella scuola italiana, riguardo le famiglie che scelgono di non avvalersi di tale insegnamento per i propri figli? Quali i dati di cui disponete?

Gli alunni avvalentisi sono oggi circa l’89% di tutti gli alunni, molti meno degli anni Novanta dove si raggiungeva una percentuale del 95%. In particolare nelle scuole secondarie, dove sono effettivamente gli studenti a decidere, si tocca una media del 15% di non avvalentisi con punte anche del 50%. Nel Nord Italia ci sono molte più famiglie e studenti che rifiutano l’insegnamento confessionale che nel Sud, a riprova del persistere di un ritardo culturale del Mezzogiorno del Paese. Oggi sono complessivamente oltre 700.000 gli studenti che non si avvalgono dell’IRC.

Invece sul fronte dell'insegnamento, i tagli alle cattedre operato dal ministero quanto hanno influito sull'organico degli insegnanti di religione cattolica?

Un ennesimo scandalo che riguarda i docenti di religione, oltre il fatto che sono nominati senza concorso pubblico e su segnalazione dell’autorità ecclesiastica, è proprio il fatto che i “tagli” di Tremonti e Gelmini sui docenti della scuola statale (oltre ventimila cattedre in meno) non si sono fatti per nulla sentire per i docenti di IRC che, anzi, aumentano di oltre mille unità.

Ritornando un attimo a quelle quattro opzioni per i non avvalentisi dell'IRC, c'è poca chiarezza in merito alla disciplina alternativa. Intanto è obbligatoria o facoltativa? Chi sono gli insegnanti preposti a tale insegnamento? Quali i paletti normativi?

L’insegnamento alternativo è facoltativo, come l’IRC, e deve essere deliberato dal Consiglio d’Istituto all’inizio dell’anno scolastico. I docenti sono scelti primariamente e su base volontaria nell’organico della scuola e, in assenza di questi, con l’affidamento a supplenti. Di fronte al dilagare di risposte negative delle scuole all’attivazione della materia alternativa per motivi, giustificati, di bilancio si è appreso dell’esistenza di fondi statali disponibili presso gli uffici scolastici provinciali spendibili per quello scopo e anche per i supplenti di IRC. A seguito delle reazioni delle famiglie il Ministero si è deciso a diramare nel luglio 2010 una circolare che stabilisce che le scuole devono “obbligatoriamente” garantire l’insegnamento alternativo.

Laicità dello Stato e separazione giuridica tra Stato e Chiesa, secondo i dettami della Costituzione sono i presupposti di un dialogo tra diverse confessioni e posizioni. E la scuola pubblica? Quali nessi e relazioni immediate lei vede tra la scuola pubblica e questi principi che sono alla base di una democratica convivenza civile?

Solo nella scuola pubblica per la sua natura pluralista è possibile assicurare una reale uguaglianza di tutte le componenti sociali e culturali. Nella scuola pubblica convivono su un piede di parità opinioni diverse, anche religiose, in un contesto di confronto costruttivo e di dialogo. Nella scuola privata, per la sua stessa natura, ciò è difficile da realizzare. Soprattutto le minoranze religiose, etniche, linguistiche trovano nella scuola pubblica uno strumento che può garantire l’osservanza dei loro diritti di cittadinanza. E’ grave che il Governo faccia di tutto per affossare la scuola di tutti.

 

 

 

Ultimo aggiornamento Domenica 20 Marzo 2011 11:27
 
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