=SAN GIULIANO. IL FATICOSO FARDELLO DELLA MEMORIA= Stampa
Scritto da Redazione   
Giovedì 25 Ottobre 2012 18:43

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31 OTTOBRE 2002 - 31 OTTOBRE 2012

I frutti acerbi della tragedia

 

 

di Francesca Di Ciaula

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Arrivando a San Giuliano di Puglia, Comune molisano, puoi fermarti su un'ampia piazza lastricata di nuovo, circondata da abitazioni dalle facciate pulite. In un pomeriggio, uno dei tanti pomeriggi d'autunno, potresti venir accolto da silenzio e calma, una piazza deserta. Ci sarebbero tutte le condizioni per chiederti dov'è il paese. E desiderare di andarlo a cercare il paese, quello che è sopravvissuto al terremoto o che forse – idea peregrina – è sopravvissuto a questo nuovo assetto, che ha dato decoro e nuova immagine ad un piccolo paese tra colline coltivate ad ulivi. E mentre la mente è impegnata nel conciliare pensieri che stridono, cerchi di immaginare questo luogo dieci anni fa, il 31 ottobre 2002.

Il terremoto che qui determinò il crollo di una parte della scuola Francesco Jovine e la morte di 27 bambini e la loro maestra, è stato un terremoto abbastanza singolare nel racconto e nella rappresentazione massmediatica che ha preso piede. Innanzitutto per le vittime, i 27 alunni di prima elementare e la loro maestra, tutte riconducibili al cedimento di una costruzione in cemento armato, sopraelevazione della scuola, unico edificio del paese a cedere a seguito delle scosse sismiche. Ed è questo che ha reso ancor più drammatica la vicenda del terremoto di San Giuliano: un edificio pubblico preposto alla cura di bambini, divenuto trappola di morte, poiché costruito in modo illegale con gravissime omissioni di accertamenti da parte delle figure preposte. Il terremoto a San Giuliano di Puglia fece ovviamente più notizia per via di quei bambini e la loro maestra. Una storia messa in scena sui media nazionali con le apparizioni straordinarie di rappresentanti di istituzioni, a cominciare da quella subitanea del primo ministro Berlusconi e grandi eloqui e promesse di una ricostruzione immediata. Una storia destinata tristemente a ripetersi in un altro scenario, quello dell'Aquila, ma con dissomiglianze da considerare.

Qui, a San Giuliano la ricostruzione è in gran parte avvenuta. In tanti - il presidente della Regione Molise, Michele Iorio e sindaci dei paesi vicini, danneggiati e non - si sono impegnati a che i finanziamenti arrivassero sparsi e cospicui sul territorio, come si chiedeva e prevedeva in un piano di ricostruzione finalizzato a risanare il territorio e far ripartire le attività economiche. E la stima dei danni, l'incommensurabile tragedia, il dolore delle famiglie delle vittime, la considerazione dei risarcimenti e ricostruzioni, il tutto è finito col confondersi in uno stesso scenario. Il processo della ricostruzione è proseguito, mentre una lunga storia si svolgeva nei processi finalizzati ad individuare le responsabilità della tragedia, infine approdata in Cassazione con la con la condanna dei costruttori, i tecnici e l'ex sindaco del Comune di san Giuliano, quindi il riconoscimento di un risarcimento alle famiglie delle vittime.

In dieci anni le vittime di San Giuliano, le famiglie che hanno perso tra le macerie di quella scuola i propri figli piccoli, e quelle i cui figli sono stati risparmiati dal crollo, ma rimasti danneggiati nel corpo o nella psiche con una invalidità permanente, hanno visto un paese ricostruito con opere originali belle e moderne, come ebbe a dire Bertolaso, allora a capo della Protezione Civile. Insomma la tragedia ha portato i suoi frutti. Il piano di ricostruzione è stato proprio questo: utilizzare il terremoto per “promuovere lo sviluppo del territorio”, sistemare e costruire edifici e infrastrutture. Tutto questo perché una comunità continuasse a vivere, si apponeva a motivazione. Il piano ha riguardato diversi Comuni. Tra quelli che si sono iscritti nell'elenco c'erano, è ormai un dato di fatto, anche paesi che non hanno ricevuto danno alcuno dal terremoto. Una piccola crepa ha finito col rendere l'edificio pericolante, anzi prima che il danno fosse accertato, la casa, il locale, erano già stati buttati giù dalle ruspe. Da queste parti lo Stato ha fatto sentire la sua presenza. E a San Giuliano grandi e nuove, modernissime opere pubbliche hanno dato al paese un aspetto nuovo, diverso, che molto probabilmente si è sovrapposto al vecchio fino a renderlo irriconoscibile: un monumentale parco della memoria, impianti fotovoltaici, una piscina olimpionica, opere idrauliche per convogliare le acque, un palazzo dello sport, un auditorium, la succursale dell'Università del Molise, infine una grande e bellissima scuola elementare, la scuola Francesco Jovine.

Tuttavia, in tutto questo rincorrere, prevedere e benedire finanziamenti pubblici, un aspetto importante non è stato preso in considerazione con l'importanza dovuta: la gente che vive il paese e ciò che fa comunità, la rete delle relazioni sociali. Quello che oggi il terremoto ha lasciato qui San Giuliano è nient'altro che un grande dramma, una nuova tragedia in un paese oggi disgregato, trapassato da conflitti, dissidi interni e rancori. Ad ascoltare questa gente semplice, i genitori di una bambina o un bambino non ritornati più quel giorno da scuola, avverti questo: la comunità di un tempo non esiste più, lacerata com'è tra gruppi di opinione e fazioni, che dividono persino le stesse famiglie vittime del terremoto.

Dolori che si sommano a risentimenti da una parte, a rivendicazioni dall'altra. Tutto questo è ricaduto per sempre addosso alle vittime del terremoto di San Giuliano, le stesse cui un processo ha stabilito un risarcimento dovuto, le stesse che a tutt'oggi aspettano. Eppure le vittime riunite da tempo in un comitato, continuano a essere presenti nelle comunità con scuole non a norma, a pretendere accanto ad altri genitori la sicurezza nelle scuole, a denunciare lo sperpero di denaro pubblico fatto a San Giuliano per opere troppo grandi per un piccolo paese, denaro che invece sarebbe stato utile nel sanare situazioni a rischio presenti ancora in molti istituti scolastici. Oggi, dopo l'ultima sentenza in Cassazione, che ha messo fine ad un lungo iter giudiziario, alle vittime non è rimasto che vivere questa condizione. Sono le uniche a non aver ricevuto nulla da questo terremoto, le uniche a non aver sfruttato nulla, eppure il loro impegno non si è esaurito. Sono rimaste le stesse, sempre attente nel denunciare l'incuria che si somma all'incuria, nel pretendere giustizia fino in fondo per i propri figli.

Ultimo aggiornamento Giovedì 01 Novembre 2012 14:12
 
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