=E’ ANDATO CARLO FRUTTERO. MA RESTA COI SUOI RETRIBUITI PROMESSI SPOSI= Stampa
Scritto da Redazione   
Martedì 17 Gennaio 2012 15:58

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Fumava Turmac e Gauloise, amava Manzoni, fritto di paranza e Mutandine di chiffon. E’ morto Carlo Fruttero. L’anziano Fruttero, il vecchio Fruttero, forse il grande Fruttero, diranno di me, perché credono che sia arrivato all’occaso, almeno della mia vita di scrittore.

 

 

dI Tony Tundo

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La sua attività è stata intensa e articolata perché la vita la viveva per raccontarla; “ti deve colpire tutto dai grandi fatti internazionali alla pizzeria sotto casa che chiude”. Soltanto la morte tragica di Lucentini, con cui aveva costituito un tandem solido, spense, per breve tempo, la sete di scrittura; poi tornò in lui inevitabilmente la voglia di riscoprire la vita, di inseguirla per capirla. Pubblicò una raccolta di memorie, memorie retribuiteMutandine di chiffon”. Il titolo-civetta evidentemente ammiccante si rivolge al pubblico che va cercando quel pruriginoso che a Fruttero non appartiene e il lettore, non certo deluso, vi trova una gradevole e ben misurata mescolanza di commozione e ironia; ma Fruttero sapeva essere garbatamente irriverente e perciò credo - e azzardo - che quel titolo celi una critica alle nuove mode editoriali (di letteratura non si può parlare), a certi libri che fanno grandi vendite e che non hanno altro contenuto che il gossip, meglio se di politici e vip. E’ lui che le definisce memorie retribuite, d’altra parte non ne faceva mistero, molti racconti gli erano stati richiesti da giornali e riviste. Aveva suscitato critiche l’abbandono di Einaudi per Mondadori, lui rifuggiva dagli schemi delle ideologie in qualche modo imposte da certe regole e dalle categorie che etichettano un personaggio pubblico, così aveva scelto di non appartenere al cenacolo comunista della letteratura; a lui sempre in cerca della bellezza e della parola interessava sperimentare, forse la Casa editrice Einaudi non gli dava spazi di libertà, immagino.

E’ morto un maestro, ho letto; è così: come un buon maestro suggeriva, traduceva, catalogava titoli e parole, era poligrafo (solo la scrittura dei grandi può essere monotematica) come fa il maestro  si cimentava in generi letterari diversi dal giallo al romanzo, al pamphlet fino alla fantascienza con lo sguardo sempre rivolto ai grandi, ben consapevole che non c’era posto per lui in quell’Olimpo. Diversamente dallo stereotipo del maestro era un uomo dalla grande immaginazione, garbatamente sagace, sempre autoironico, leggero (forse dovrebbe dire così chi lo definisce snob) per quel che lo riguardasse come la vecchiaia, le kermesse letterarie (la giuria popolare della Fenice nel 2010 lo escluse) ma lo studio lui lo prendeva molto sul serio. Diceva che nel tempo – come in un processo naturale che segue la maturità - aveva mutato il suo giudizio anche sui capolavori della letteratura: Se certamente da più giovane non avrei avuto dubbi sulla superiorità assoluta del Candide, ora gli preferisco senza alcun dubbio I Promessi Sposi. Cos’altro si può scrivere di superiore? Non è banale come può apparire questo confronto e credo valga la pena riportarlo per supportare una mia riflessione, penso a quante volte leggiamo, a proposito e a sproposito,  la bellissima frase di Voltaire “il migliore dei mondi possibili” – l’opera è naturalmente un grande classico dalla scrittura raffinata - e chiediamoci, però, per quale ragione è stato quasi del tutto eliminato dalle scuole il romanzo di Manzoni: qualche grande saggio ha ritenuto che non fosse necessaria alla formazione dei giovani la lettura, per anni integrale,  de I Promessi Sposi, eppure non so trovare ritratti tanto meravigliosamente scolpiti e un’epopea sempre tanto attuale. Ancora una volta acuto si rivela Carlo Fruttero anche come critico letterario, peccato che la gestione dell’Istruzione in Italia non sia stata quasi mai affidata a figure competenti, che ci sono.  Ancora.  E’ scomparso uno degli ultimi intellettuali del ‘900, un uomo brillante e dolce, innocente come sono spesso le persone un po’ avanti con gli anni: fumava le sue Gauloise o le sue Turmac di nascosto dalla figlia e ammetteva di avere una gran voglia di fritto di paranza (pur approvando, suo malgrado, la legge che ne vieta la pesca). Gli avevo sentito dire in un’intervista che amava molto la poesia di Eugenio MontaleLa casa dei doganieri”; gli piacerebbe, forse che sulla sua tomba fosse scritto il meraviglioso verso:  e io non so chi va e chi resta.

Ultimo aggiornamento Martedì 17 Gennaio 2012 16:15
 
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