=L’EQUAZIONE DEL DISAGIO SOCIALE= Stampa
Scritto da Redazione   
Domenica 17 Marzo 2013 17:58

R = sp-r

 

di Mino Magrone

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Due cose appaiono sicure insieme ad una conseguenza inevitabile: LA PRIMA: alla fine del 2013 i conti pubblici italiani non raggiungeranno il pareggio di bilancio (forse il deficit sarà ancora superiore al 3% del PIL); LA SECONDA: ancora più certa della prima, è che “il fiscal compact “, che dovrebbe portare il debito pubblico italiano nel giro di venti anni entro la soglia del 60% del PIL (oggi è oltre il 120% del PIL) non vedrà neppure un tentativo di avvio. La conseguenza inevitabile è la constatazione deludente che, nonostante i tanti sacrifici imposti agli italiani, nulla è stato risolto sia sul versante del debito sia sul versante dell’attenuazione della crisi economica. Il Governo Monti ci lascia in eredità una situazione politica, sociale ed economica piena di gravi insidie e sofferenze.

Monti ha ridotto la spesa pubblica e contemporaneamente ha aumentato la pressione tributaria oltre ogni limite di elementare prudenza ed accortezza.

Questa politica economica del Governo ha provocato la drastica riduzione degli investimenti pubblici e privati, l’aumento abnorme della disoccupazione (quella giovanile è terribilmente alta), il prosciugamento della già scarsa liquidità, la chiusura delle fabbriche; in sintesi, ha sospinto l’Italia dalla recessione alla depressione economica.

Il pensiero unico, che fa dell’austerità (che combina insieme aumento del prelievo fiscale e riduzione della spesa pubblica) l’unico strumento di politica economica da manovrare anche nei periodi di crisi economica, in verità non è e non può essere la soluzione dei gravi problemi che affliggono l’Italia e l’Europa.

C’è poco da fare: perché la crescita si rimetta in moto e con la crescita economica vengano sanati anche i conti pubblici è necessario far leva su alcune grandezze economiche oggi oscurate dalle visioni oltranzistiche e totalitarie dell’austerità.

Chiariamo alcune cose: le variazioni del reddito medio pro-capite rappresentano il meno insoddisfacente rilevatore della crescita economica di una collettività; le variazioni in più ed in meno del reddito dipendono dalle variazioni che avvengono nell’ammontare del risparmio investito e nella produttività dei nuovi investimenti.

E’ evidente che tra le predette grandezze corrono relazioni che possono essere riassunte dall’equazione:

R = sp-r

I quattro termini dell’equazione rappresentano “tassi” (cioè rapporti).

R rappresenta il tasso di variazione del reddito medio pro-capite; s è il saggio di risparmio in percentuale del reddito della collettività data; p è la produttività degli investimenti (risparmio investito); r è il saggio di variazione della popolazione.

Supponiamo che siano noti i dati relativi alla popolazione, al saggio del risparmio investito ed alla produttività del risparmio investito e volessimo conoscere il quarto termine dell’equazione non noto (l’incremento o il decremento di R):

R = 6 1/5-1,25 = -0,05

Ciò significa che, se la data collettività avesse un saggio del risparmio del 6%, una produttività degli investimenti di 1/5 (cioè per ogni 5 unità investite producesse una unità di reddito) ed una popolazione che crescesse al tasso di 1,25% all’anno non otterrebbe nessun incremento di reddito (R). Si verificherebbe, invece, un leggero regresso dello 0,05 per cento nel suo reddito medio pro-capite.

La stessa equazione ci dimostra che per ottenere, per esempio, un aumento del 2% del reddito (R), fermi restando il dato della popolazione e della produttività degli investimenti, è necessario che il saggio del risparmio investito subisca un notevole incremento dal 6% al 16,25%. Sono cioè necessari cospicui investimenti pubblici e privati.

Se tenessimo fermi il saggio del risparmio del 6%, l’aumento della popolazione dell’1,25% per raggiungere l’obiettivo dell’incremento del reddito R del 2% è necessario che la produttività dei nuovi investimenti sia del 54% pari, cioè, ad ½ (½ significa che due unità di investimento producono una unità di reddito, cioè il 50%).

Ciò spiega perché in Italia il PIL decresce, le fabbriche chiudono e la disoccupazione dei lavoratori è oltre ogni limite di tollerabilità. Bisogna con urgenza e con sapienza invertire il senso della politica economica per rilanciare gli investimenti pubblici e privati garantendone insieme la produttività. A livello di amministrazioni locali (Regioni e Comuni) è urgente riformare il patto di stabilità interno per allentare la rigidità asfissiante dei bilanci e fare il possibile per aumentare gli investimenti produttivi.

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Ultimo aggiornamento Domenica 17 Marzo 2013 18:20
 
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