=CHI STA COMBATTENDO UNA GUERRA INTORNO ALLA COSTITUZIONE?= Stampa
Scritto da Redazione   
Giovedì 17 Maggio 2012 20:35

 napolitano“Lei, Presidente, ci garantisce, vuole garantirci?

Siamo anche noi il suo popolo?”

 

Dura ormai da decenni il lavorio riformatore della Costituzione, agli inizi quasi in segreto via via sempre più alla luce del sole. Ormai quasi tutti i partiti aderiscono alla campagna di rinnovamento della Carta. Non hanno disdegnato di dare una mano i Presidenti della Repubblica, Scalfaro in misura vistosa, Napolitano mettendosi direttamente nella mischia e spronando tutti a “chiudere la pratica” nel più breve tempo possibile, anzi qui ed ora.

Le esternazioni del Presidente Napolitano sono per molti versi sorprendenti. In questi giorni, sui giornali viene posta con toni perentori la necessità di riformare la Costituzione, addirittura si spinge il Parlamento a concludere in tempi brevissimi, qualche mese è già troppo. Si veda, per esempio e tra i tanti, Michele Ainis sul Corriere della Sera 14 maggio 2012: “Riforme, un mese decisivo. Meglio poche cose che un altro rinvio”. Questo intervento ha avuto l’esplicito apprezzamento da parte del Presidente Napolitano, a sua volta accolto con compiacimento da tutti i commentatori politici che contano e da tutti i partiti (alcuni dei quali, i minori, si sono limitati a tacere).

Tanto singolare appare questo dialogo tra riformatori da indurci a tentare di capire che cosa, in definitiva, essi vogliono in realtà cambiare e perché il Presidente Napolitano si schiera così apertamente a favore della campagna riformatrice dandole una veste patriottica “nell’interesse della Nazione”.


Vediamo, dall’intervento di Ainis (applaudito da Napolitano).

I partiti politici, per recuperare credibilità e consensi elettorali, hanno tutto l’interesse a battere un colpo sulla riforma dello Stato. E gli italiani vivrebbero assai meglio se fossero inquilini di uno Stato meno arcaico, meno distante, meno astruso”. Cioè? Lo Stato sarebbe arcaico, distante, astruso” “per colpa della Costituzione”? I partiti hanno perso “credibilità e consensi elettorali” per colpa della Costituzione? Se questo è il senso della proposizione di Ainis potremmo anche passarci su dal momento che si tratterebbe ormai di un luogo comune propagandato dagli stessi partiti una volta ridottisi a comitati di affari; insomma: non è colpa nostra se siamo quello che siamo, la Costituzione ci vuole così. Sorprende, invece, il plauso di Napolitano sul quale torneremo fra un attimo.

Argomenta Ainis: “E’ la maledizione delle riforme costituzionali all’italiana, una tela di Penelope. Oppure una guerra dei trent’anni, fate voi. Però, senza vinti né vincitori. Ma sono per l’appunto tre decenni che ci giriamo attorno a vuoto. […] Sarà per questo che adesso siamo stanchi, sfiduciati. Perché trent’anni di chiacchiericcio sterile hanno finito per sporcare l’abito della Carta Costituzionale, senza confezionare un vestito di ricambio.[…] Alibi, però, non ce ne sono. Non ci faremo ingannare dal giochino di mettere troppa carne al fuoco - dalla legge sulla corruzione a quella sui partiti, dalla Province alla riforma della Rai - all’unico scopo di bruciare l’arrosto”.

Come si vede, un linguaggio francamente truce, infarcito di toni apocalittici: “tela di Penelope”, “guerra dei trent’anni”, “girare attorni a vuoto”, “stanchezza”, “sfiducia”, “trent’anni di chiacchiericcio”; ed infine, un appello alle armi: “Non ci faremo ingannare dal giochino di mettere troppa carne al fuoco”, “bisogna assicurarsi l’arrosto” e cioè una nuova Costituzione.

In verità, l’intervento di Ainis, nel suo complesso, è più greve di quanto non appaia da queste rapide citazioni, di per sé ruvidamente provocatorie con lo strumento per niente retorico del “noi” (“Non ci faremo ingannare”, noi chi?; e con l’indicazione di una preda, la Costituzione, da fare “arrosto”). Citazioni che qui ci bastano (e avanzano) tuttavia per porci il problema vero sul quale ci andiamo arrovellando: il ruolo che va svolgendo con vivace attivismo il Presidente della Repubblica in questa vicenda.

A questo scopo, ricapitoliamo in rapidissima sintesi che cosa si intende cambiare, qui ed ora, della nostra Costituzione, dopo le numerose modifiche già approvate con successo al punto che è ormai difficile il confronto tra la Costituzione qual era e quella che è.

1. Riduzione dei deputati da 630 a 500, dei senatori da 315 a 250.

2. Introduzione della cosiddetta “sfiducia costruttiva” (non a caso mutuandola dal sistema tedesco).

3. Maggiori poteri al Presidente del Consiglio (non a caso ormai già da anni chiamato nelle cronache “premier”, figura estranea al nostro sistema costituzionale): a lui andrebbe il potere di nominare e revocare i ministri e di chiedere al Capo dello Stato lo scioglimento delle Camere; di chiedere, inoltre che la discussione e approvazione di un disegno di legge siano messe all’ordine del giorno delle Camere con diritto di precedenza rispetto ad ogni altro adempimento e con la fissazione di un termine entro il quale il Parlamento dovrà discuterla ed approvarla.

4. Superamento del cosiddetto “bicameralismo perfetto”. In sostanza, la Camera si occuperebbe solo di materie di competenza esclusiva dello Stato, il Senato di materie di competenza concorrente di Stato e di Regioni (come individuate, naturalmente dal Titolo V della Costituzione come modificato nel 2001.

Carlo Vizzini (antica conoscenza della scena politica ed ora presidente della Commissione affari costituzionali del Senato, dunque - in teoria - garante della libera discussione tra i componenti la Commissione) si è spinto lui pure (tutti ormai si spingono oltre qualcosa e soprattutto oltre il proprio ruolo ordinamentale) a manifestare la sua opinione: “Capisco tutte le difficoltà ma a un’opinione pubblica sempre più lontana dalla politica bisogna consegnare un sistema che abbia, come tutti chiedono, meno parlamentari, un bicameralismo non più perfetto, più poteri per il premier (anche Vizzini, naturalmente, finge di non sapere che si chiama Presidente del Consiglio) ; finora abbiamo lavorato bene in commissione, con molto impegno; anche il governo è stato utile con la sua presenza. Importantissima poi è la moral suasion continua del capo dello Stato, come la spinta che arriva dai presidenti di Camera e Senato. Certo, l’orizzonte non è sgombro da nuvole, tutt’altro. Ma questa rischia di essere davvero l’ultima occasione”.

Dunque, ricontiamoli, i leaders riformatori: il segretario del Pdl Alfano, il segretario del Pd Bersani, il leader dell’Udc Casini, leaders dispersi di forze politiche minori, il presidente della Camera Fini, il presidente del Senato Schifani, il presidente del Consiglio Monti, il presidente della Repubblica Napolitano. Tutti insieme in questa lotta titanica per buttare giù la Carta Costituzionale e schiantarne le fondamenta. Eppure, si duole Vizzini, “l’orizzonte non è sgombro di nuvole”.  Se ci pensiamo un attimo, non possiamo non rilevare che si tratta delle stesse figure politiche e istituzionali che hanno pensato e realizzato il colpo di scena del “governo tecnico” che tutto semplifica in nome dell’emergenza economica. I “semplificatori”, dunque, agiscono su un duplice fronte: economico, nel senso che il popolo minore (per censo) deve contribuire di più a risanare le finanze pubbliche, il popolo maggiore (per censo) non deve essere impaurito se no scappano via. Ma per fare questo, hanno urgenza di ridurre le complicazioni della democrazia, di rafforzare i poteri dell’esecutivo, di calmare le intemperanze parlamentari, di placare il disagio sociale con la minaccia di guai peggiori (“guarda la Grecia”, si dice; come se in Italia, prima di Monti, non si fosse visto che a dispetto del sistema maggioritario e di Governi con sterminate maggioranze parlamentari non si sia constatata l’incapacità di esprimere un governo con metodo democratico. M questo è un altro discorso).


Orbene: in questa sede a noi non interessa discutere se hanno ragione, nel merito delle proposte di riforma, i cosiddetti riformatori, che noi preferiamo chiamare semplificatori della democrazia. E’ del tutto ovvio, per quanto andiamo eccependo da almeno trent’anni, che noi, noi Italia Giusta secondo la Costituzione, noi Sudcritica, siamo del tutto contrari ai mille tentativi di far fuori la Carta costituzionale.napolitano_2

Qui ci preme, invece, capire se il continuo intervenire del Presidente nella discussione in atto - non solo con parole ma anche e sopattutto con atti propri del suo ruolo di garanzia della legalità costituzionale - sia legittimo, Costituzione vigente alla mano. Con gli altri soggetti istituzionali (con qualche dubbio per quanto riguarda i presidenti di Camera e Senato) si può discutere finché si vuole: è la politica. Se la maggioranza del Parlamento vuole cambiare la Costituzione può farlo, certo, con le procedure e nei tempi che la Costituzione stessa pone come condizione imprescindibile (art. 138 Cost.). Il problema sta nella “discesa in campo” del Presidente della Repubblica. Il quale - è il caso di ricordare – è il garante, appunto, del rispetto delle regole costituzionali, possiamo ben dire della Costituzione in sé. Se i cittadini, e gli stessi parlamentari, possono ben farsi l’idea che forse è meglio tornare allo Statuto Albertino e finanche propagandare questa loro idea, il Presidente è inchiodato, sin dalla sua nomina, al rispetto della Carta Costituzionale in forza della quale è stato eletto dal Parlamento. Che cosa significherebbe, se no, l’articolo 91 della Costituzione vigente? (ricordiamolo a scanso di equivoci: “Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune”). A noi sembra improponibile l’idea, per esempio, che un presidente appena eletto e appena inchiodato all’“osservanza della Costituzione”, si butti immediatamente dopo nella battaglia per la riforma della Costituzione stessa. Naturalmente, nessuno pensa che un caso del genere si possa verificare e tutti pensano che se si verificasse si tratterebbe di uno strappo lacerante della stessa unità nazionale. Perché, se questo dovesse accadere nel corso del mandato presidenziale, dovremmo ritenere che si tratti di cosa diversa?

Gli articoli da 83 a 91 della Carta costituzionale vigente sono dedicati al ruolo, ai poteri, ai doveri del Presidente della Repubblica. E’ il titolo II della parte II della Carta. Tutta la normativa, a dispetto dei mille tentativi di dargliene altri e più incisivi, depone per poteri strettamente legati alla funzione di garanzia attribuita al Presidente. Si pensi che la stessa Bicamerale del 1997, che pure finì per proporre una sorta di “premierato” e, dunque, per attribuire al Presidente poteri e ruolo molto più penetranti nella gestione stessa dello Stato in considerazione della ipotizzata elezione diretta da parte del popolo, quando si trattò di definire il ruolo del Presidente non poté - forse suo malgrado - che ribadire che il Presidente è il Capo dello Stato, rappresenta l’unità della Nazione, garantisce l’indipendenza e l’integrità della Nazione. Unità della Nazione significa semplicemente e a farla breve che il Presidente non sta con nessuna delle parti in causa nella dialettica politica e sociale. Si rilegga l’articolo 90 della Costituzione vigente (“Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione”.


Finiamola qui.

Per quanto ci riguarda, per come la vediamo noi - Italia Giusta secondo la Costituzione, Sudcritica e la stessa Fondazione onlus Popoli & Costituzioni - noi che ci opponiamo da sempre ad ogni forma di rimaneggiamento della Carta Costituzionale del 1948 (per quanto già sfregiata in molte parti, per giunta disorganicamente e del tutto al di fuori di una visione complessiva insomma di un “progetto costituzionale alternativo”), per quanto ci riguarda il Presidente ci fa un torto a farci sentire “fuori dall’Unità nazionale”, manco fossimo noi a voler “strappare le carte”, a voler immiserire la democrazia, a vagheggiare uno Stato forte, più forte di quello che va tentando di regalarci il sistema elettorale maggioritario (qual è l’opposizione in Parlamento?) e lo stesso esperimento di un “governo tecnico”. Vorremmo essere garantiti anche noi nell’ostinarci a pretendere il rispetto della Costituzione da parte di tutti, dal popolo al Parlamento al Governo. Lei, Presidente, ci garantisce, vuole garantirci? Siamo anche noi il suo popolo? [n.m.]

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Italia Giusta secondo la Costituzione

Ultimo aggiornamento Giovedì 17 Maggio 2012 20:55
 
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