=COM’E’ ANDATA A FINIRE (per il momento) LA VICENDA ILVA= Stampa
Scritto da Redazione   
Mercoledì 22 Agosto 2012 19:10

E’ vero che Gip e Tribunale hanno detto la stessa cosa? La produzione nei reparti dello stabilimento sottoposti a sequestro può proseguire o no? Gli aspetti “negoziali” della decisione del Tribunale.

 

Il Gip di Taranto aveva disposto  che “i custodi - amministratori” avviassero “immediatamente le pratiche tecniche e di sicurezza per il blocco delle specifiche lavorazioni e lo spegnimento degli impianti”. Insomma: tutti fermi nelle aree sequestrate in attesa di definire ed applicare le giuste misure per eliminare le cause del disastro.

Ha detto il Tribunale: “Non è compito del Tribunale stabilire se e come intervenire nel ciclo produttivo (con i consequenziali costi d’investimento) o, semplicemente, se occorra fermare gli impianti, trattandosi di decisione che dovrà necessariamente essere assunta sulla base delle risoluzioni tecniche dei custodi-amministratori, vagliata dall’A.G: per questo lo spegnimento degli impianti rappresenta, allo stato, solo una delle scelte tecniche possibili”.

Il Tribunale si è anche diffuso nella spiegazione di questa sua decisione, evocando con insistenza principi costituzionali. Ha detto: “[…] in nessuna parte della perizia, e, del resto, in nessuna parte del provvedimento del Gip, si legge che l’unica strada perseguibile al fine di raggiungere la cessazione delle emissioni inquinanti, unico obiettivo che il sequestro preventivo si prefigge, sia quello della chiusura dello stabilimento e della cessazione dell’attività produttiva. Al contrario, si legge che ‘solo la completa realizzazione di tutte le misure tecniche necessarie per eliminare le situazioni di pericolo individuate dai periti chimici … in uno all’attuazione dei un sistena di monitoraggio in continuo delle emissioni maggiormente inquinanti (quali quelle contenenti diossine e Pcb) potrebbe legittimare l’autorizzazione ad una ripresa della operatività dei predetti impianti”.

Francamente, è impresa al limite dell’acrobazia quella di dimostrare che il Gip avesse taciuto sulla cessazione dell’attività produttiva e sulla chiusura dello stabilimento; aveva detto e scritto invece - come lo stesso Tribunale ricorda - che reparti e attività andavano chiusi in attesa di sapere dai custodi- amministratori quando le cause dell’inquinamento si sarebbero potute ritenere rimosse; nell’attesa, tutti fermi.

Le ragioni del segnalato tentativo da parte del Tribunale di rimuovere ogni pur evidente divergenza tra le sue valutazioni e quelle del Gip è difficile da spiegare se non ipotizzando l’ansia dei giudici di non inasprire il contrasto tra magistratura e azienda (e governo, regionale compreso). Ci  risiamo, dunque: la tentazione di una soluzione “negoziata” (come tutto è ormai “negoziato” in Italia: v in questa rivista “La Repubblica negoziata”) si è imposta in misura prepotente.

La conclusione, dunque, è che il problema che tanto ha appassionato lavoratori e imprenditori resta irrisolto: secondo il Tribunale saranno i custodi-amministratori a dire al Giudice (e al Pm) quando le cause dell’inquinamento saranno rimosse e come; nel frattempo, la fabbrica produce, morti compresi. Dice il Tribunale che il diritto dell’imprenditore a produrre è riconosciuto dalla Costituzione; già; ma non il diritto a produrre seminando disastri e morti.

Staremo a vedere ma intanto è bene che non ci si dimentichi (come sistematicamente avviene) degli abitanti del rione Tamburi di Taranto e dei lavoratori che continuano ad entrare in fabbrica a loro rischio e pericolo.

L’occasione può essere tragicamente utile per riprendere il pensiero e la parola semplici: se una cosa è giusta (smettere di inquinare e di uccidere), le sue conseguenze vanno accettate: dal Governo, dalla Regione, dai sindacati, dall’Ilva; e da molti giornali loro portavoce. [nm]

Sudcritica

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Ultimo aggiornamento Mercoledì 22 Agosto 2012 19:23
 
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