FABIO PERINEI. L'ERESIA DOLENTE Stampa
Scritto da Redazione   
Lunedì 28 Febbraio 2011 20:31

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“Starò, almeno per ora, qui, in casa” 

 di Nicola Magrone
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 Fabio Perinei, morto il 21 febbraio del 2009, è stato Sindaco di Altamura per due volte e Deputato al Parlamento per tre.

 Io l’ho conosciuto prima che diventasse Sindaco e l’ho reincontrato al Parlamento nel 2004, ultima delle sue (e unica per me) legislatura.

 L’ho frequentato a Roma molto intensamente; lui del Pds, io di nessuno. Aveva preso alloggio in un appartamentino tra Camera e Pantheon in alto di un centinaio di gradini: una follia solo a pensare di salirci. Non ci sono mai salito; lo lasciavo giù con uno sguardo di addio come per un lungo viaggio.

 Morì, ed io lo seppi occasionalmente il giorno dopo, già composto nella camera ardente al Municipio di Altamura e vegliato a turno da fior di burocrati di partito. Così l’ho rivisto il 22 febbraio del 2009 quando andai a salutarlo, la speranza ancora non vinta che la notizia fosse falsa. All’ingresso del Municipio un vistoso annuncio di partecipazione al lutto di Massimo D’Alema, grazie al quale (manifesto) fui aiutato a capire immediatamente perché non si era avuto proprio tempo di informarmi della morte di Perinei.

A due anni dalla scomparsa di Perinei, ho saputo di una cerimonia commemorativa in un cinema officiata dallo stesso D’alema. Per l’occasione, un grosso libro intitolato così: “A furor di popolo. Fabio Perinei e la stagione della Murgia”, di Silvio Teot, prefazione di Raffaele Nigro, in controcopertina uno straziato, poetico e piangente ricordo di Nichi Vendola. Autorità dolenti.

 

Insomma, ho ritrovato Perinei dentro al Pantheon del partito, il loro. Esattamente dove io non avrei potuto affacciarmi anche solo per uno sguardo.

 

Per quel che mi riguarda, ho salutato il mio amico Perinei interrompendo un dialogo fittissimo con lui, anche epistolare e di grande sincerità, intorno al senso, per lui, di stare nel partito. Proprio così: di restarci. Un tormento attorno al quale si era rinsaldata un’amicizia del tutto sgradita agli apparati. La mia amicizia non fu certo vista di buon occhio lì: Perinei si era spinto a propormi, nel 1995, addirittura a Sindaco di Bari. Si precipitò da me l’avvocato Di Cagno a pregarmi di non prendere sul serio la cosa perché il partito aveva altri progetti ed altre motivazioni ed altre strategie di alleanze: insomma, vinse il centrodestra.

 

 

Finì che fui io stesso a sollecitare una maggiore prudenza da parte sua e a ricordagli la terribile vicenda di Ignazio Silone e non solo di lui.

Nel 1996, Fabio Perinei non fu rieletto (e nemmeno io) e tornò all’insegnamento. Mi scrisse da quel momento spesso e mi raccontò minutamente le sue giornate con i ragazzi e la sua sempre più fievole frequentazione del partito.

 

 

 

Di questo continuammo a ragionare quando ci capitava di rivederci e quando ci scrivevamo biglietti o lettere (più di rado). Devo dire francamente che degli anni dal ’93 in poi, i miei ricordi di Perinei non lo vedono custodito in nessun Pantheon. Alla Camera, lui non aveva un ufficio, aveva un posto a sedere nella sala comune del Mappamondo, altro che nomenklatura; dopo, l’ho visto drammaticamente oppresso tra il dovere della militanza e il bisogno di libertà, insomma obbedire al partito o prendere il largo?

 

Condivideva sempre meno le scelte del suo partito ma non ha avuto il tempo necessario a sottrarre le sue spoglie alle commemorazioni ufficiali. Mi disse o mi scrisse (non ricordo), ed eravamo nel ’97, con tono al limite della resa, più o meno così: “Nicola carissimo […] lunedi prossimo 30 giugno finirò gli esami di licenza media e finalmente andrò in ferie. Starò, almeno per ora qui, in casa. Da tempo esco poco: il minimo indispensabile. Frequento poco anche la sezione del Pds. Leggo, leggo molto […] libri […] nei quali è possibile scoprire parole, sensazioni,considerazioni che ci dicevamo tra noi quando “albergavamo” a Montecitorio. Per il resto, niente: seguo, relativamente, le giravolte di Prodi, Fini, D’Alema e compagnia bicamerale. Ho l’impressione che la legge elettorale che si vogliono dare serva non tanto al Paese, e alla cosiddetta alternativa, ma a Nichi, a Maria Celeste, a Veneto e a tutti quelli che saranno ossequiosi verso i segretari di partito. Almeno, questo mi pare. Penso che il “Mattarellum” si sia aggravato. Sarebbe molto più dignitoso se si ritornasse integralmente al proporzionale”.

Discorsi e sofferenze fuori dal Pantheon. Mi è toccato di rivederlo lì dentro. E di riportarmelo dove, alla fine,voleva. Io credo.

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a furor di popolo, Silvio Teot, piazza edizioni, 2010

 

Ultimo aggiornamento Giovedì 29 Dicembre 2011 21:12
 
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