=TI RICORDI DI PIAZZA FONTANA? 47 ANNI DOPO= Stampa
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Scritto da Redazione   
Lunedì 12 Dicembre 2016 00:00

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 12 dicembre 1969, la strage.
Per abbattere la Costituzione

Ho capito, abbiamo capito che i 149 morti da piazza Fontana ad oggi sono stati usati per fermare il progresso sociale. Io però ho paura che se non prendiamo coscienza di quello che sta accadendo oggi, proprio oggi (perché non è vero che chi ha fatto la strage di piazza Fontana e le altre stragi ha perso: se vediamo come siamo fatti noi, oggi, capiamo pure chi ha vinto), io ho paura che se non prendiamo coscienza di questo, la verità arriverà quando non ne potremo piú parlare (1987 - Francesca Dendena, Pavia, incontro di presentazione del primo volume di Ti ricordi di piazza fontana? vent'anni di storia dalle pagine di un processo, tre volumi a cura di Nicola Magrone e di Giulia Pavese, 1986-1988, edizioni dall'interno)

 

Le commemorazioni non sempre consolano, piú spesso inquietano. Da piazza Fontana partí, sí, la tenebrosa stagione del terrorismo e delle stragi,piazza fontana 2016 ma di lí iniziò anche il lungo e perverso cammino a colpi di piccone sugli assetti costituzionali sulla strada da nessuno veramente contrastata della trasformazione del nostro Stato e della nostra società in un simulacro di democrazia liberale nelle parole, autoritaria e ormai quasi feudale nelle prassi e finanche nelle leggi (Nicola Magrone, Piazza Fontana Memoria e Verità, La Gazzetta del Mezzogiorno, 12 dicembre 2009).

12 Dicembre 1969, ore 16:37, una bomba esplode nella Banca Nazionale dell’Agricoltura in piazza Fontana a Milano uccidendo 17 persone e ferendone altre 88. Era “la strage di Piazza Fontana”, divenuta negli anni nota come la madre di tutte le stragi. Oggi, ancora una volta, 47 anni dopo, a Milano, contro quell'atto eversivo si è tenuta una manifestazione ufficiale con l’Associazione familiari vittime, la Camera del lavoro, il Comitato permanente antifascista contro il terrorismo e le amministrazioni comunale, regionale e della città metropolitana. Dopo processi susseguitisi per circa 35 anni in varie città d’Italia, tutti gli imputati dell’eccidio sono sempre stati assolti in sede giudiziaria. Anche se i nomi dei responsabili, benché assolti, sono “concordemente” noti, persino nelle sedi giudiziarie, e il contesto nel quale la strage maturò assolutamente ben definito.

piazza fontana 1Su quel che pensano i giudici, nonostante i dispositivi delle sentenze, su come andò quel 12 dicembre a Piazza Fontana, lo spiega la Corte di Cassazione nel 2005, sottolineando che è emerso dalle decisioni giudiziarie che “a Padova fu costituito, nell'alveo di Ordine Nuovo, un gruppo eversivo capitanato da FREDA e VENTURA e che ad esso vanno attribuiti una serie di fatti delittuosi consumati nel 1969, tra i quali campeggiano gli attentati ai treni dell'agosto” e rilevando che l'approdo dei giudici di primo e secondo grado di uno degli ultimi filoni d'inchiesta sulla strage, “in chiave meramente storica” e di valutazione incidentale”, è stato quello “in ordine alla responsabilità di FREDA Franco e VENTURA Giovanni per i fatti del 12.12.1969, pur avvertendo che tale conclusione [...] oltre a non poter provocare...effetti giuridici di sorta nei confronti di costoro, irrevocabilmente assolti dalla Corte di assise di appello di Bari, è frutto di un giudizio formulato senza poter disporre dell'intero materiale probatorio utilizzato a Catanzaro e Bari”.

E trascorsa solo una settimana da un Referendum costituzionale nel quale il popolo italiano ha usato tutta la propria sovranità per travolgere con una valanga di NO un brutale tentativo di stravolgimento della Carta.piazzafontana3

E per questo che vogliamo ricordare che è da lí, da Piazza Fontana - come scriveva Magrone, nel 2009 - che “iniziò anche il lungo e perverso cammino a colpi di piccone sugli assetti costituzionali sulla strada da nessuno veramente contrastata della trasformazione del nostro Stato e della nostra società in un simulacro di democrazia liberale nelle parole, autoritaria e ormai quasi feudale nelle prassi e finanche nelle leggi.

 

Piazza Fontana - Memoria e verità

di Nicola Magrone
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Le commemorazioni tendenzialmente portano ad una archiviazione ripetuta. Una foto, un generico commento, e via; alla prossima.
Quella per la strage di piazza Fontana, in particolare, può ormai ben definirsi la madre di tutte le celebrazioni: un coro memore (non si sa di che cosa esattamente) commemora, si commuove e commuove. Per un giorno.

Il coro si fa indignato quando denuncia che per quel delitto nessuno ha pagato niente; “nessun colpevole”, si ripete. Cosí annegando nel vacuo “esito” propriamente giudiziario la verità storica della quale si continua a far finta di niente.

piazza fontana 2In realtà, le cose non stanno cosí. Le numerose sentenze che hanno scandito questi quarant’anni di indagini e di processi, nel loro complesso, hanno subíto esse stesse, esattamente come gli inermi agricoltori della Banca dell’Agricoltura di Milano, la devastazione e il tragico insulto non di una ma di una serie di bombe.

Che cosa commemoriamo, dunque? La fatalità di quelle morti come si fa per le vittime dei terremoti o di altre sciagure “naturali”? Possiamo concludere che non si è saputo niente?

Mettiamo l’immancabile evocazione della “strategia della tensione”, formula magica che tutto nasconde, efficace ma esposta ad ogni tipo di manipolazione: chi fu lo stratega, non si sa, non si è visto, lo cerchiamo ancora?

A metterla cosí, finisce che sarebbe meglio il silenzio dignitoso e il rispetto vero per le vittime; a metterla cosí, è meglio che non se ne parli piú.
Il problema è, però, che è francamente difficile metterla e lasciarla cosí.

Per questi motivi.

La cosiddetta “pista anarchica” fu deliberatamente intrapresa e percorsa per tenere nell’ombra quella “nera”. E perché? Perché ilpinelli lapide a milano microcosmo dell’eversione di destra era infarcita di connivenze propriamente istituzionali e finanche giudiziarie.

Lunificazione delle due “piste” in un unico processo fu voluta e praticata con cinica determinazione. E perché? Perché essa rappresentava al meglio e agevolmente la parola d’ordine degli “opposti estremismi”, lo schema interpretativo cioè che con piú efficacia metteva al riparo da ogni responsabilità la politica e le istituzioni.

Lirrompere nello scenario giudiziario della cosiddetta “pista istituzionale” fu definitivamente e deliberatamente sradicato dal processo per mano soprattutto della Corte di Cassazione. E perché? Perché quella pista (insomma, la “Strage di Stato”, sulla quale la sentenza della Corte di assise di Catanzaro del 23 febbraio 1979 scrisse parole inequivocabili) toglieva alla radice ogni credibilità all’idea che a Milano si fosse trattato di un macabro ”concerto” tra “opposti estremismi”, del tutto estranei ad esso gli apparati dello Stato e la politica (comodo approdo al quale si rassegnarono anche i giudici di Bari del 1985).

giannetinifredaIl ruolo di Guido Giannettini, sedicente giornalista, informatore dei servizi segreti, fu scandagliato minutamente dai primi giudici di Catanzaro (l’impegno degli apparati statali e politici a tenere nascosta questa sua attività fu davvero titanico) e progressivamente ridimensionato soprattutto per mano della Cassazione. Perché? Perché Giannettini chiamava direttamente e inesorabilmente in causa i servizi segreti e il governo. I meno giovani ricordano certamente la penosa comparizione di autorevoli esponenti del Governo davanti ai Giudici di Catanzaro sul ruolo, appunto, di Giannettini e l’apoteosi dei “non ricordo” sbiascicati dai ministri.

E cosí via, fino alla ineffabile Inquirente che liberò tutti i ministri imputati di falsa testimonianza e di favoreggiamento, proprio a proposito di Giannettini.

Che cosa commemoriamo, dunque? Questi scenari o la morte di innocenti? E se la morte di innocenti, vogliamo ricordare che innocenti non furono Stato e politica? E, a latere, pezzi di magistratura?

E’ bene che ci si sforzi di ricordare soprattutto questo: che da piazza Fontana partí, sí, la tenebrosa stagione del terrorismo e dellepiazza-fontana-620x330 stragi ma che di lí iniziò anche il lungo e perverso cammino a colpi di piccone sugli assetti costituzionali sulla strada da nessuno veramente contrastata della trasformazione del nostro Stato e della nostra società in un simulacro di democrazia liberale nelle parole, autoritaria e ormai quasi feudale nelle prassi e finanche nelle leggi.

Le commemorazioni, a volerle fare, non sempre consolano, piú spesso inquietano. Come è giusto che sia, anche in onore dei morti.

 

 

francesca dendenaQuel giorno nel Duomo con gli operai...

di   Francesca Dendena *
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Sono figlia di una delle vittime di piazza Fontana. Ho trascorso questi diciassette anni percorrendo l'Italia da un capo all'altro, ad inseguire istruttorie e processi.

Ci siamo anche costituiti in associazione.

Ma la nostra maturazione politica è avvenuta anche prima quando abbiamo capito che non potevamo tenere il nostro dolore in silenzio ma dovevamo portarlo in piazza. Non ci siamo nemmeno potuti permettere il lusso di piangere i nostri morti perché siamo stati costretti ad andare in piazza, per capire che cosa era successo.

Io avevo 17 anni quando scoppiò la bomba di piazza Fontana. Mio padre ne aveva 45. Da allora, non ho fatto che percorrere la penisola a rincorrere istruttorie, a tentare di capire e di capirci, a stare vicini a giudici come Alessandrini...

E’ un assurdo, questo: in un paese democratico, delle persone, per avere qualcosa che dalla Costituzione gli viene garantito, si debbano costituire in associazione...

Ma la nostra maturazione è avvenuta prima, molto prima, quando abbiamo capito che non dovevamo soffire in silenzio ma dovevamo portare il nostroFunerali morti piazza fontana dolore in piazza. Questa frase sembrerà stupida... però... non potersi permettere nemmeno di piangere i propri morti perché si doveva andare in piazza, a capire che cosa era successo.

La presa di coscienza mia, ma credo anche degli altri, è avvenuta subito: il giorno dei funerali. La strage di piazza Fontana - si diceva - era quasi la conseguenza logica degli scioperi del '69...

Ma io, quando sono entrata in questo Duomo ampio, enorme, pieno solo di maestranze che ai morti di piazza Fontana avevano sacrificato le loro lotte, ho capito che non potevano essere loro i responsabili di tutto questo ma che la strage era stata fatta proprio per fermare le loro giuste rivendicazioni.

Ho capito, abbiamo capito che i 149 morti da piazza Fontana ad oggi sono stati usati per fermare il progresso sociale. Io però ho paura che se non prendiamo coscienza di quello che sta accadendo oggi, proprio oggi (perché non è vero che chi ha fatto la strage di piazza Fontana e le altre stragi ha perso: se vediamo come siamo fatti noi, oggi, capiamo pure chi ha vinto), io ho paura che se non prendiamo coscienza di questo, la verità arriverà quando non ne potremo piú parlare e non avremo piú nemmeno il diritto di riunirci in associazione.

* Francesca Dendena, storica rappresentante dell’associazione vittime della strage di Piazza Fontana, è morta il 6 ottobre 2010. Aveva perso il padre, Pietro, nella “madre di tutte le stragi”, snodo cruciale della strategia della tensione. Il 12 dicembre 1969 Francesca aveva 17 anni: da allora e per i quarant’anni successivi si è distinta per lucidità e determinazione per l'affermazione di verità e giustizia.

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Ultimo aggiornamento Martedì 12 Dicembre 2017 20:06
 
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