AGOSTO 2013. QUANDO LE IMPRESE FUGGONO. NOTTETEMPO, COME "LADRI".... Stampa
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Scritto da Redazione   
Martedì 03 Settembre 2013 13:51

di Francesca di Ciaula  

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1000484_371346726321308_336110352_nNell'estate 2013 una lotta corpo a corpo.

La fabbrica appartiene agli imprenditori?

Le istituzioni restino al fianco dei lavoratori

come ha fatto il sindaco di Modugno,

Nicola Magrone, con gli operai OM carrelli


Agosto 2013. OM carrelli, Modugno zona industriale, produzione da due anni ferma, ennesimo tentativo di forzatura dei cancelli per far uscire un camion carico di macchinari bloccato in fabbrica aggirando il presidio permanente degli operai. 250 carrelli del valore di circa 13 milioni di euro contenuti all'interno dello stabilimento che la proprietaria Kion, multinazionale tedesca, ha dichiarato di voler dismettere.

A Formigine, in provincia di Modena quaranta lavoratori della Firem hanno trovato l’azienda svuotata di macchinari e merci. La smobilitazione ha avuto inizio durante le ferie. L'azienda aveva organizzato una delocalizzazione in Polonia in via del tutto segreta. Nessun avviso, scomparsi i proprietari, gli operai hanno trascorso gli ultimi giorni di ferie a sorvegliare la fabbrica vuota. Anche lì un camion, l'ultimo che trasportava macchinari e materiali è stato bloccato dagli operai e un presidio di protesta ha costretto i proprietari dell'azienda a sedersi ad un tavolo di trattativa in Regione.

A Forlì alla Dometic Italy, produttrice di condizionatori, un altro “furto” programmato. In realtà i carabinieri sono stati allertati da una segnalazione di movimenti sospetti. La sorpresa è stata quella di trovare tra i “ladri”, l'amministratore stesso dell'azienda e un dirigente della multinazionale svedese, cui l'azienda dipende.

A Pero in provincia di Milano è stata chiusa la Hydronic Lift, che produce componenti idraulici per ascensori. Una chiusura “per ferie” che si è trasformata in chiusura definitiva all'insaputa dei lavoratori.

Smantellare una fabbrica anche di nascosto dai propri dipendenti, prendersi le macchine, una strategia a quanto pare diffusa. All'origine c'è questo profondo convincimento che riguarda la proprietà del lavoro esclusiva dell'imprenditore. È successo in Emilia Romagna.“Io non sono tenuto a dare conto su dove voglio spostare i miei macchinari. Quando voglio fare un trasloco in casa mia non è che devo chiedere ad altri”, ha dichiarato il proprietario della Firem al giornalista del Resto del Carlino.

È successo in Puglia dove la Kion ha interrotto ogni trattativa con i sindacati. Nell’ultimo incontro al Ministero dello sviluppo economico, il rappresentante della multinazionale ha rifiutato di avviare contatti con altre società per rilevare lo stabilimento con il presidio in atto. Per la Kion condizione inderogabile è porre fine al blocco degli operai, questi dovrebbero permettere alla proprietà di portare via tutti i carrelli. La questione così come viene posta sembra esser diventata questione privata, cui diretto interlocutore è il proprietario di capitale e macchinari.

Scomparso dall'orizzonte di azioni e progettazioni il valore sociale che all'art. 41 la nostra Costituzione attribuisce al lavoro di impresa, scomparsa qualsiasi voglia di confronto con il luogo in cui l'impresa è insediata. La tutela giuridica del lavoro sembra essersi eclissata nella considerazione massima del dio del mercato, un alibi efficace eppure spesso mostratosi insufficiente a giustificare intransigenza di risoluzioni che ricadono direttamente in maniera drammatica sui lavoratori.

Gli operai che sorvegliano la fabbrica, il presidio della fabbrica come ultima azione, ultima sponda cui attraccarsi in un deserto di garanzie e responsabilità. Chi ci garantisce che una volta mollato il presidio alla fabbrica, l'impresa non venga meno ad accordi, quelle responsabilità accettate e sottoscritte in accordo con lo Stato? Chi ci garantisce che il padrone non si eclissi con arnesi e bagagli?

Quelli a Forlì rubavano nella fabbrica di notte. L'amministratore e il responsabile della multinazionale rubavano per un equivoco o forse rubavano davvero, rubavano lavoro assicurato e da regolare contratto di assunzione. Smantellando la fabbrica di notte smantellavano quella componente ineliminabile sociale del lavoro, quelle tutele giuridiche che per fortuna ancora sussistono nel nostro ordinamento. Smantellano e sottraggono valore alla condizione dignitosa del lavoratore, che invece non può essere messa tra parentesi come variabile indipendente, neanche in situazioni di drastico cambiamento delle linee di produzione. Non si è trattato in questi casi di prendere misure restrittive, bensì di cancellare, distruggere la presenza di forza lavoro, che in qualche modo ha contribuito a segnare un modo di vivere e produrre su un territorio più o meno grande, più o meno importante.

1185869_10200156433187602_1898950705_nUna lotta corpo a corpo, il corpo della fabbrica presidiato con la presenza dei lavoratori. A Modugno gli operai della Om hanno protestato con la loro presenza e quella delle loro famiglie. Mogli, bambini, spazi di convivialità davanti ai cancelli della fabbrica, fin il pranzo di Ferragosto. Non solo rivendicazioni di diritti sacrosanti e del rispetto delle garanzie di lavoro, che sembra non abbiano più ragione d'essere, bensì rivendicazioni di spazi di vita, dell'essere oggetto della necessaria attenzione, coloro che l'azienda hanno continuato a far andare avanti con la propria mano d'opera.

Qui a Modugno è il rapporto con il territorio il punto focale su cui si innestano discussioni, tentativi di soluzioni e proposte, come quella del sindaco Nicola Magrone: il sequestro dell'azienda come garanzia per gli operai, il Comune come mediatore in un progetto di cooperazione con relativo invito a lavoratori e imprese interessate. Il territorio, cioè il Comune di insediamento dell'industria, il luogo di vita delle famiglie. Considerare la questione da questo punto di vista è indispensabile. Qui non si tratta solo di salvare posti lavoro, la questione non è solamente quella della difesa di un diritto dei lavoratori già in cassa integrazione. Si tratta di considerare il ruolo centrale del territorio che è parte in causa, non solo il luogo fisico e geografico che vi fa da sfondo. Il territorio è il soggetto sul quale le implicazioni della presenza o assenza del lavoro si fanno sentire in maniera diretta.

La presenza instancabile del sindaco, che si è intrattenuto persino a Ferragosto davanti ai cancelli della fabbrica con gli operai e le loro famiglie, è a ribadire questo concetto: che il lavoro non appartiene solo a colui che è proprietario di macchinari, che a suo piacimento trasloca, bensì di chi vi lavora e che sulla base di quel contratto lavorativo ha costruito un progetto di vita, che l'impresa è comunque parte del territorio che l'ha accolta e ad esso vi è in tanti modi interconnessa.

Gli interventi del sindaco Nicola Magrone, sia al tavolo di concertazione presso la Regione, sia con gli operai davanti ai cancelli presidiati della fabbrica e i sindacati, hanno a che fare con il più ampio e delicato rapporto tra territorio e impresa. Una questione che ha fatto la storia del paese e della sua crescita negli ultimi decenni, una storia fatta spesso di acquiescenza delle amministrazioni locali in virtù di lavoro, nuovi posti di lavoro per il paese. Il ricavo e il guadagno come facile e contropartita all'insediamento.

Dare credito illimitato alle imprese senza prova a rendiconto delle risorse del territorio anche umane utilizzate, come pure delle responsabilità in virtù di impegni presi con le istituzioni e agevolazioni acquisite, può produrre solo anarchia di azioni come quella della Kion, che si assume il potere di decretare uno smantellamento definitivo in base a logiche produttive e progetti, dove il proprietario dell'azienda è l'unico a decidere. Eppure se l'azienda è essenzialmente attività produttiva, non ne sono parte solo i capitali investiti e tutte le merci, bensì il lavoro fatto da lavoratori, cioè da persone. Ne sono parte le professionalità che vi si sono costruite, il così chiamato know how che sta per essere dismesso in molte parti in questa zona votata all'industria a ridosso del paese, che comunque ne ha decretato il suo cambiamento. Incentrare la questione sul territorio significa prendere in considerazione quel che esso è stato in termini di imprese produttive insediatisi, ciò che sta continuando a mutare, ciò che sta per essere definitivamente perso, significa considerare una storia di rapporti con le amministrazioni locali soprattutto nei periodi difficili di più ampia crisi e pure considerare quanta ricchezza di esperienza e saperi continua a scomparire con i tantissimi capannoni dismessi, i cancelli sbarrati, i piazzali antistanti le fabbriche deserti.

Oggi la questione Om carrelli della Kion sembra riecheggiare un'altra storia. 1993, zona industriale di Bari, scenario di crisi. L'allora magistrato Nicola20849-2-omMagrone riuscì a fermare con un sequestro il trasloco di macchinari della Ototrasm acquistati con finanziamenti agevolati per il Mezzogiorno, una storia diversa. Eppure quello che non è cambiato è quest'esigenza forte, un compito ineludibile di ogni amministrazione comunale, l'essere sentinella del territorio, impedire quella che pur si presenta come ineluttabilità: il suo impoverimento con la perdita definitiva di maestranze e risorse.

Ultimo aggiornamento Martedì 03 Settembre 2013 23:26
 
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