= LA SINISTRA SE NE RESTA IN PROVINCIA = Stampa
Scritto da Redazione   
Venerdì 08 Luglio 2011 21:30

provincia

di Fabio Traversa

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Il 12 maggio viene presentato il ddl “Revisione Costituzionale - Abolizione delle Province”. All’art. 2 recita: “Con legge ordinaria vengono creati e regolati gli Enti Territoriali, entità amministrative che serviranno più comuni consorziati e che hanno la funzione di trasferire gli investimenti fatti dalle regioni destinati ai comuni”. Art.3: “I comuni avranno più autonomia per la politica interna alle proprie città come ad esempio: Immondizia, acqua, urbanistica. Il che vuol dire che non bisognerà presentare i progetti agli enti territoriali basterà approvare in consiglio comunale, e aspettare che arrivino agli enti territoriali i soldi dalle regioni. Questo darà un notevole colpo alla burocrazia”. Art.4: “Con l’abolizione delle Province tutti i comuni con 30.000 cittadini potranno creare le università, atto che prima poteva avvenire solo nei capoluoghi provinciali”. Art.5: “Gli enti territoriali avranno solo dei funzionari che sono sotto posto ad concorsi di assunzione, e si occuperanno degli impieghi i sindaci dei comuni ove risiede la sede degli enti territoriali”.

Chi lo presenta? Il Pd di Pier Luigi Bersani. Lo stesso partito si astiene il 5 luglio impedendo che la proposta dell’Italia dei Valori di abolire le Province venga approvata alla Camera. La motivazione? Per Bersanisul tema delle Province noi abbiamo una nostra proposta e non ci vengano a fare tirate demagogiche. Il nostro testo prevede certi meccanismi per ridurre e accorpare le province perché bisogna anche dire come si fa. Le Province gestiscono diverse cose, per esempio i permessi urbanistici, se tornano alle Regioni poi ci sarà una caterva di lamentele per le lungaggini”. L'astensione è dovuta al fatto che il testo all'esame della Camera "propone semplicemente la soppressione della parola province e non dice nulla sul dopo", come spiega il capogruppo Pd alla Camera, Dario Franceschini. "Siamo anche disposti, nell'ambito di un confronto parlamentare, a discutere della vera e propria soppressione delle province ma nell'ambito di un disegno che ridistribuisca le competenze" e spieghi i risparmi ed i costi, aggiunge e sottolinea: "Resta il tema del trasferimento delle competenze che è doveroso indicare a chi vanno con quali costi". Quindi prosegue: "Teniamo aperta la possibilità di una riforma. Un voto contrario suonerebbe preclusivo della volontà di fare riforme, ed è l'atteggiamento di questa maggioranza. Ritiriamo l'emendamento soppressivo del primo articolo della proposta e ci asterremo su quello dell'Idv”.

In Rete, però, comprensibilmente serpeggia il malumore. Le tracce più evidenti si trovano sul sito dei Democratici, preso d'assedio da militanti a cui la linea dettata dal capogruppo Franceschini proprio non è andata giù. Più di trecento commenti invadono a caldo la sezione enti locali. Con lo stesso filo conduttore: "occasione persa", "segnale mancato", "parole a cui non fanno mai seguito i fatti", stando solo ai post più gentili.

E Massimo Giannini commenta giustamente su Repubblica: “Astenersi alla Camera, nel dibattito sul disegno di legge costituzionale per la soppressione delle province, è stato un errore imperdonabile. È come se l'opposizione, dopo aver trovato un prorompente e promettente varco politico dentro la società italiana che ha votato alle amministrative e ai referendum, gli avesse improvvisamente e inopinatamente voltato le spalle. Dilettantismo? Opportunismo? Masochismo? Forse tutte e tre le cose. Sta di fatto che la politica, come la vita, è attraversata da fasi. L'esito della doppia tornata elettorale di maggio e di giugno imponeva una scelta inequivoca, che rendesse manifesta la capacità della sinistra di saper ‘leggere’ la fase, e di saperla cogliere con tempestività e mettere a frutto con intelligenza”. E, invece, per dirla come il sindaco di Firenze Matteo Renzi, “avevamo da battere un rigore e non l'abbiamo neanche calciato!”.

Ultimo aggiornamento Venerdì 08 Luglio 2011 22:12
 
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