=LA FALSA POLEMICA SULLE INTERCETTAZIONI. FINO A QUANDO?= Stampa
Scritto da Redazione   
Giovedì 14 Luglio 2011 02:08

Nella puntata di Matrix del 21 settembre scorso, il presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati Palamara è tornato a lamentarsi della mancanza, nel nostro processo penale, di un'udienza "filtro" davanti al Giudice e nel contraddittorio accusa/difesa finalizzata alla selezione delle conversazioni intercettate giudicate dal Giudice e dalle parti utili al processo. E' incredibile: si continua a far finta che questa udienza non sia prevista e invece c'è (nessuno la pratica, e questo è un altro discorso).

 

Ci tocca, dunque, riproporre per l'ennesima volta l'articolo che segue; se ci chiamano a Matrix lo spiegheremo anche a loro.

 

[avevamo già riproposto l'articolo così: 'Poiché si continua a  recitare una falsa polemica sull'uso e sull'abuso delle intercettazioni  telefoniche, riteniamo di riproporre l'articolo che segue.

La speranza è che si prenda atto della necessità dell'applicazione leale e rigorosa del le norme in vigore. E poi, magari, migliorarle; se si è capaci di farlo. ']

 

MA DI CHE COSA DISCUTONO?

di Nicola Magrone
______________ 

[da La Gazzetta del Mezzogiorno del 7 luglio 2010

e il Riformista dell'8 luglio 2010]

A parte alcuni problemi specifici (dalla previsione della durata tassativa delle intercettazioni alla competenza ad autorizzarle al sistema delle proroghe) tutti francamente affrontati nelle proposte di riforma in maniera e in misura sbrigativa e dal tono vendicativo, gli argomenti più generali utilizzati nell’attuale polemica sulle intercettazioni sono questi: l’intercettazione di conversazioni violano la privacy e dunque esse vanno rigidamente contenute e il loro uso e abuso regolamentato e sanzionato; all’opposto: le intercettazioni telefoniche servono alle indagini e dunque non possono essere ostacolate dal privato diritto individuale alla riservatezza.

Lo scontro in corso (per la verità più recitato e gridato che reale), messo così, lascia intendere e comunque presupporre che il problema non sia nemmeno stato posto nel nostro ordinamento, tanto meno risolto; insomma, che esso venga alla luce oggi, inedito e inesplorato.

Non è così. Il nostro ordinamento il problema se lo è posto e gli ha pure data una soluzione, discutibile finché si vuole e tuttavia organica e tendenzialmente capace di armonizzare le due esigenze (l’interesse pubblico alla efficacia delle indagini e il diritto del cittadino alla riservatezza delle sue comunicazioni). Onde, si può legittimamente capire che la spinta riformatrice è sostenuta più dalla constatazione della frequente disapplicazione delle regole in vigore che dalla ondivaga ed incerta applicazione di queste ultime.

Vediamo molto schematicamente che cosa avviene oggi (concedendo tuttavia senza difficoltà il dubbio: che cosa dovrebbe avvenire oggi), codice alla mano. Non si può - crediamo - consentire o dissentire da un’ipotesi di riforma se non si tiene conto lealmente del dato ordinamentale che si vorrebbe cambiare.

1.      Le conversazioni intercettate sono registrate; queste operazioni devono risultare da apposito verbale. Fin qui, dunque, del contenuto delle registrazioni sanno solo gli operatori di polizia giudiziaria che le hanno effettuate. Nessun altro ha il diritto di sapere, a parte il pm sinteticamente e progressivamente aggiornato dalla polizia giudiziaria.

2.      Le registrazioni (con i relativi verbali) devono immediatamente essere trasmesse al pubblico ministero. A questo punto, anche il pubblico ministero conosce compiutamente il contenuto delle registrazioni.

3.      Il pubblico ministero, entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni di intercettazione, deve depositare nella sua segreteria le registrazioni insieme ai decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l’intercettazione. Di tale deposito, il pubblico ministero deve dare avviso alle parti; i difensori devono essere avvisati della loro facoltà di esaminare gli atti e di ascoltare le registrazioni (non di estrarne copia). A questo punto, anche le parti e i loro difensori conoscono compiutamente tutti gli atti e il contenuto integrale delle registrazioni, anche se i difensori non hanno ancora il diritto di estrarne copia e, dunque, nessuna copia deve circolare a nessun titolo.

4.      Scaduto il termine del deposito di atti e registrazioni nella segreteria del pubblico ministero, conoscono atti e registrazioni polizia giudiziaria, pubblico ministero, difensori e indagati. Nessuna copia delle registrazioni, su supporto informatico o trascritte informalmente su fogli d’occasione, può circolare ancora; nessuna.

Spetta, invece, al giudice (di regola e fisiologicamente il giudice delle indagini preliminari ma anche il giudice dell’udienza preliminare o il giudice del dibattimento come in realtà e malauguratamente si tende a fare nelle prassi giudiziarie) disporre l’acquisizione delle conversazioni indicate dalle parti (pm e difese) che non appaiano manifestamente irrilevanti; non solo: il giudice dispone, anche di ufficio, lo stralcio delle registrazioni e dei verbali di cui è vietata l’utilizzazione; e lo fa, il giudice, alla presenza di pubblico ministero e difensori i quali devono indicare le conversazioni alla cui acquisizione abbiano interesse. E’ questa la cosiddetta “udienza filtro” che molti si ostinano ancora a sostenere come “conquista ancora da venire”. Essa c’è e tuttavia ci si ostina a ragionare e a polemizzare come se non ci fosse. Da rilevare che, a questo punto, conoscono le conversazioni intercettate la polizia giudiziaria, il pubblico ministero, gli indagati, i difensori, il giudice. E tuttavia, nessuna copia degli atti e delle registrazioni può essere rilasciata, nessuna copia, dunque, può circolare. Nessuna.

5.      Disposto lo stralcio da parte del giudice - nel contraddittorio di accusa e difesa - delle conversazioni manifestamente irrilevanti o delle quali è vietata l’utilizzazione, il giudice dispone la trascrizione delle conversazioni intercettate ritenute rilevanti e utilizzabili. Il perito trascrittore trascrive - appunto - tali conversazioni e deposita il suo elaborato. Del quale, le parti del processo possono finalmente richiedere ed ottenere copia destinata ovviamente d’ora in poi anche all’attenzione dell’opinione pubblica.

6.      Delle conversazioni stralciate dal giudice perché non rilevanti o non utilizzabili, il giudice dispone la distruzione che viene effettuata sotto il suo controllo.

Se così, dunque, stanno le cose, il processo deve avvalersi soltanto delle conversazioni intercettate ritenute dal pubblico ministero e dalle difese e giudicate dal giudice rilevanti; delle altre non rimarrà traccia.

E’ del tutto evidente che solo delle conversazioni per così dire formalmente ammesse si può dar conto pubblicamente (sulla stampa di ogni tipo); insomma, di quelle condivise da accusa e difesa sotto il controllo del giudice.

Piace, questo meccanismo? No? Ci si aspetterebbe che su questo vertesse il dibattito e la polemica; comunque partendo di lì; ed invece sentiamo auspicare ancora una “udienza filtro” che pure c’è, stringente e amplissimamente garantista. C’è da chiedersi se in Italia non ci si sia abituati a polemizzare su falsi temi e per motivi “altri”; in ogni caso, le cose sembrano ormai andare così: si sa che molte leggi non vengono attuate ed anzi vengono apertamente violate e se ne fanno altre con polemica; si sa che anche le altre non verranno attuate e se ne fanno altre. Insomma: dare a vedere che si governa, dare a vedere che ci si oppone. Finisce che anche quelli (giudici, giornalisti e avvocati innanzitutto) che si sforzano di applicarle, le leggi che ci sono, si convincono dell’assoluta inutilità di tanta fatica e che è meglio protestare disapplicando.

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NOTA - Chi scrive, e con lui il Giudice per le indagini preliminari, a queste regole esistenti si è attenuto scrupolosamente nelle sua funzioni di procuratore della Repubblica. Negli ultimi anni, l'esempio più vistoso e impegnativo nell'indagine sulla sanità del Molise.

Ultimo aggiornamento Giovedì 22 Settembre 2011 09:02
 
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