=GIUSTIZIA chi inquisisce gli inquisitori, e quando? Stampa
Scritto da Redazione   
Lunedì 12 Settembre 2011 19:09

di Salvatore  Ciraci
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Ma quali ingegneri, infermieri, geriatri e via dicendo, l’Italia come al solito si discosta dal resto del mondo, ha la sua unicità.

D'altronde è questo che ci ha permesso di emergere nella competizione globale, la nostra unicità  sempre e comunque e, se il resto del mondo studia come ridurre i consumi, migliorare l’efficienza, produrre energie alternative ecc, nel nostro bel paese si pensa a tutt’altro.

Tra i mestieri emergenti quello che sembra al momento in grado di offrire i maggiori sbocchi occupazionali è “l’ispettore ministeriale”, purché alle dipendenze del ministero di grazia e giustizia.
Per potervi accedere è necessario essere laureati in giurisprudenza, e superare, previa prova di Fede, una selezione, poi si accede ad un mondo affascinante, l’inquisitore del giudice. Procure, tribunali ed ogni altro istituto giudiziario vivono costantemente sotto la lente d’ingrandimento di questi novelli “Bernardo Gui”, inviati dal Ministro di grazia e giustizia, a suo piacimento, ove ci sia odore di azione contro il potere politico al momento dominante, a santificazione dell’aberrante principio del controllato che diviene controllore.
Tutti i governi hanno fatto uso di questi strumenti, anche se nessuno mai come l’attuale:  le ispezioni non si contano più, tra quelle richieste e quelle disposte i poveri inquisitori non sanno più dove andare a sbattere la testa, quale sia poi l’esito delle ispezioni a nessuno è dato saperlo, non risulta allo scrivente che tranne in sporadicissimi casi si sia mai giunti a provvedimenti sulla scorta degli esiti delle ispezioni. A cosa servono dunque queste ispezioni? Perché spendiamo tanto denaro per qualcosa che è dimostrato non produce esiti? Forse perché gli esiti li produce eccome, non quelli per cui gli inquisitori sono stati inviati, ma quelli collaterali, la presa visione di atti e procedimenti scomodi, il sapere a che punto sta una indagine o un procedimento, il cercare un cavillo giuridico da offrire a qualche difensore, d’altronde si sa nessuno è perfetto ed errare umanum est, una svista, una notifica, una carta custodita fuori fascicolo possono invalidare il lavoro di mesi, a volte di anni, e mandare assolti i relativi imputati. Se nella società civile il cavillo non intacca che di rado la sostanza, nell’alchemico mondo giudiziario il vizio di forma pregiudica la sostanza.

Ecco la ratio dell’inquisitore, cercare il cavillo, il pelo nell’uovo, e tutto in gloria del potente di turno. Non è mia intenzione demolire l’istituto del controllo sulla legittimità dell’operato della magistratura, ma una istituzione come questa non può essere alle dipendenze del Ministero di Grazia e Giustizia, non può dipendere dal potere politico, e magari da un ministro colluso; bisogna invece che sia realmente indipendente;  come poi realizzarlo questo è altro problema. Ciò che oggi al pudore pubblico risulta intollerabile è assistere all’ispezione a comando, ovunque ci sia odore di procedimento scomodo.

Ultimo aggiornamento Lunedì 12 Settembre 2011 19:18
 
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