=IL FALSO MITO DELLA CRESCITA CONTINUA= Stampa
Scritto da Redazione   
Sabato 07 Gennaio 2012 13:01

 

crescitaLe 8 R per vivere dopo di noi

rivalutare, riconcettualizzare, ristrutturare, ridistribuire, rilocalizzare, ridurre, riutilizzare, riciclare. Proviamo?

 

di Tina Luciano

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In questi giorni convulsi e ispirati dalla paura dello spread troppo elevato, noi italiani ci siamo improvvisamente trasformati in un popolo di economisti: esattamente come accade durante i mondiali di calcio, allorquando ci trasformiamo, improvvisamente, in un popolo di commissari tecnici. Come in Zelig il protagonista Leonard si trasforma gradualmente fino ad assumere le sembianze degli attori del contesto in cui si trova, così riemerge il tratto essenziale della nostra psicologia collettiva: da provetti esperti del problema del momento sappiamo esattamente cosa va fatto e non riusciamo a capire come è possibile che ci siano visioni (ovviamente da censurare) diverse dalle nostre.

 Probabilmente stiamo ancora una volta perdendo l'occasione di guardare il mondo in profondità e restiamo abbarbicati a parole d'ordine come su grondaie pericolanti, in attesa che il tonfo e il dolore della caduta ci restituiscano il senno. Forse non ci rendiamo conto che stiamo vivendo una trasformazione profonda e che il modello di sviluppo che ci ha guidati dal dopoguerra ad oggi è in crisi profonda ed irreversibile.

 

Prendiamo, per esempio, il concetto di crescita che, nell'accezione comune, vuol dire produrre e consumare di più. È il modello che conosciamo più o meno come l'unico dei mondi possibili: consumismo e democrazia hanno sempre connotato il mondo occidentale dal dopoguerra in poi e forse non è casuale che sia l'uno che l'altro stiano scricchiolando pericolosamente. Già: il modello economico ispirato alla crescita continua e infinita ha in comune con la democrazia un elemento ed un limite fondamentale: la gestione e il rispetto del bene comune.

È possibile che, in qualche modo, la crisi che stiamo vivendo sia il riflesso di un deficit che è prima di tutto di risorse naturali e poi finanziario? Pochi di noi avranno fatto caso che il 27 settembre scorso è stato il cosiddetto "overshoot day": ossia il giorno in cui - secondo le stime del Global Footprint Network - abbiamo consumato tutte le risorse naturali che avremmo dovuto farci bastare fino alla fine dell'anno. Certo, si dirà, si tratta solo di stime! Ma la questione è cruciale e molto più seria di quanto appaia agli occhi arroganti di chi vive questo tempo come se il mondo nascesse e morisse con lui. Non siamo stati e non saremo gli unici abitanti del pianeta e quando abusiamo dell'altra parola di moda, ossia equità, dobbiamo ricordarci che la redistribuzione delle risorse non riguarda solo le generazioni presenti ma anche quelle future lontane da noi.

Dunque, l'uso delle risorse comuni ci impone dei limiti e i limiti sono definiti sia dalla quantità disponibile di risorse naturali non rinnovabili che dalla velocità di rigenerazione della biosfera per le risorse naturali non rinnovabili. Serge Latouche suggeriva nel 2007, ben prima del crollo di Lehman & Brothers, di provare a declinare in modo radicalmente diverso il modello dominante di definizione e produzione di ricchezza attraverso otto R: rivalutare, riconcettualizzare, ristrutturare, ridistribuire, rilocalizzare, ridurre, riutilizzare, riciclare.

In particolare la rivalutazione, che vuol dire letteralmente "attribuire un nuovo valore o nuovi valori", ci chiede di cambiare atteggiamento rispetto ai valori sistemici e di considerare percorsi completamente diversi rispetto alla coazione a ripetere che viviamo quotidianamente. E, a proposito di valori diversi rispetto a quanto alimentato dal sistema, invito i lettori di questa pagina a rivedere il discorso di un "visionario" di eccezione: Bob Kennedy che propone una lettura critica del parametro per antonomasia  che misura la ricchezza: il PIL o, se preferite, il GDP. Mi è capitato di rivederlo qualche giorno fa e mi ha nuovamente emozionata perché è un discorso di impressionante attualità: una declinazione alta e altra della politica di cui abbiamo, credo tutti, un grande bisogno.

 

      

Ultimo aggiornamento Sabato 07 Gennaio 2012 23:26
 
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