=SISTEMA ELETTORALE E COSTITUZIONE. LA TRUFFA DEMOCRATICA di Nicola Magrone= Stampa
Scritto da Redazione   
Giovedì 13 Settembre 2012 17:31

 truffaRomano Prodi torna sempre più spesso a dire la sua anzi ad accodarsi al coro:

A che servirebbe - ha detto al solito Corriere della sera - chiamare il popolo di centrosinistra a scegliere il candidato premier se poi la formula di governo, come avviene con la proporzionale, viene delegata alla trattativa tra le forze politiche e solo dopo le elezioni?

A dispetto del personaggio e dei suoi titoli politici ed accademici, Prodi torna a ripetere concetti che dilagano nei bar e nei salotti ormai da anni.

Intanto, lui pure adopera parole improprie e diffonde concetti sbagliati: chiama il presidente del consiglio premier sottintendendo l’elezione diretta di questa figura istituzionale. Lo fa, naturalmente, poggiandosi su quanto accade di fatto in Italia dal 2001 e cioè l’indicazione sulla scheda elettorale del candidato presidente.

Egli finge di non sapere o non sa che quell’espediente di un decennio fa (colposamente avallato da Ciampi) costituì un caso di vera e propria truffa costituzionale; quella che consentì a Berlusconi, e poi a Prodi, di gridare ai quattro venti che il popolo lo aveva eletto e che quindi nessuno poteva mettere in discussione il suo diritto a fare il Presidente del Consiglio. Tutti si adeguarono, a destra e a sinistra,  e finsero di vivere in un’Italia finalmente approdata al presidenzialismo (quello che Giovanni Sartori ha definito “bastardo costituzionale”).

Chi scrive, in quella occasione, non ritirò dal presidente del seggio elettorale la scheda elettorale che riportava i simboli delle cosiddette coalizioni con l’indicazione del candidato presidente, da Berlusconi a Veltroni, e lasciò nelle sue mani una dichiarazione con la quale sollecitava il Presidente della Repubblica ad intervenire per far rispettare la legge. Manco per sogno. Le elezioni “consacrarono” il presidente del consiglio il quale ritenne da allora in poi che eventuali sue dimissioni (e finanche un suo impedimento fisico o la sua morte) avrebbero comportato lo scioglimento delle Camere e l’elezione di un nuovo Parlamento e di un nuovo Presidente del Consiglio.

Quanto tutto questo stia non fuori ma contro la Carta Costituzionale è evidente a tutti e tuttavia si continua a ragionare e a comportarsi come se l’Italia fosse già una Repubblica presidenziale.

L’errore di Prodi riporta all’attenzione dei cittadini il problema dell’assetto istituzionale e della sua conformità ai dettati costituzionali.

Si dice, infatti, sempre nei bar e nei salotti, che il sistema maggioritario, che comporta la formazione di coalizioni alla feroce ricerca anche del solo voto in più per farsi governo (premi vari di maggioranza di coalizione o di partito agevolando l’impresa), garantisce la cosiddetta governabilità non solo ma fa dire all’elettorato da chi vuole essere governato.

Tutto falso.

I governi italiani ormai da anni si reggono su di una trattativa continua tra i componenti delle  cosiddette  coalizioni, dove l’ultimo partitino può spendere il peso dell’utilità marginale che porta alla coalizione e, dunque, può chiedere il pagamento del prezzo per aver svolto puntualmente la sua funzione di stampella.

Non solo. Le cosiddette coalizioni sono diventate lo strumento per “includere” o “escludere” dal Parlamento le forze minori “non gradite” (si ricorderà che nell’attuale Parlamento non sono presenti comunisti o neo comunisti o verdi ma è presente l’Italia dei valori che, solo loro, Veltroni ammise a far parte della coalizione).

Lo stesso spettacolo si va celebrando in vista delle prossime elezioni del 2013: la gara dei piccoli e tra i piccoli è ad imbarcarsi in una coalizione per tornare in Parlamento (e così al finanziamento pubblico e a tutti gli altri incredibili privilegi che ne derivano).

Ma tutto questo è costituzionalmente corretto?

La Carta Costituzionale, per quanto ferita ormai a morte, tutto questo non lo consente; essa non indica certo un sistema elettorale ma tutto il suo impianto depone per la sua inclinazione per un sistema proporzionale.

Del quale, nei bar e nei salotti, si dice, oggi, che determinò la proliferazione dei partiti e le più grandi difficoltà nella formazione dei governi e nel loro mantenimento (basta guardare il Parlamento oggi per constatare da quante sigle e da quanti sedicenti gruppi esso è abitato).

Proporzionale, dunque.

E’ vero, quel sistema (che pure aveva assicurato decenni di stabilità di governo democristiano e di opposizione comunista e che non aveva nemmeno “fatti fuori” tutti gli altri  - ne sanno qualcosa  i  sempreverdi Lamalfa, i Malagodi, i Pannella, i Bertinotti e così via – aveva mille difetti. Aveva tuttavia un pregio: che ciascun partito, piccolo o grande, doveva presentarsi agli elettori per quello che era e non camuffato da comunista democristiano o da liberalesocialista o da cattolicoateo e via componendo solo perché strumentalmente seduto in un grande carrozzone).

Essendo quella italiana, Costituzione alla mano e truffe istituzionali per via di schede elettorali a parte, ancora una Repubblica parlamentare e non presidenziale (lo abbiano capito o meno Prodi o Ciampi per tacere dei veltroni o dei renzi o dei gasparri), sarebbe il caso di tornare a discutere lealmente di un ritorno al proporzionale e di porre agli italiani, quando si vota, la domanda da tempo negata: quale Italia vuoi? Quale partito, dunque, ti dà più fiducia?

Tutti i correttivi ad un proporzionale puro (il maggiore, quello del quorum ragionevole) sarebbero ovviamente benvenuti.

Non si pensa: ma sono tanti i cittadini (molti di loro non votano più da anni) che si sentirebbero rassicurati dalla presenza in Parlamento di gruppi politici dichiaratamente all’opposizione piuttosto che da clandestini cinicamente annidati in grupponi di mascherati, trattativisti sottobanco.

Ultimo aggiornamento Giovedì 13 Settembre 2012 17:48
 
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