LIBIA. LA GUERRA SCONOSCIUTA NEL RUMORE DELLE CRONACHE Stampa
Scritto da Redazione   
Domenica 06 Marzo 2011 20:46

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UN SALTO IN BANCA PER CAPIRE LA “GUERRA CIVILE”
IN LIBIA

 

di Fabio Traversa

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Riconquistate tre città”, “No, restano in mano a noi ribelli”. “Festa a Tripoli”, “ma è propaganda”. “Voci sulla cessazione delle ostilità”, “i combattimenti proseguono”. Questi sei “titoli” diversi, succedutisi in poche ore in una sola giornata – domenica 6 marzo – rendono perfettamente l’idea di come la situazione in Libia sia poco decifrabile. Soprattutto dal punto di vista mediatico.

Nel Paese nordafricano sono presenti numerosi giornalisti, provenienti da ogni parte del mondo (Italia compresa), ma il loro racconto si “scontra” con le informazioni governative, inevitabilmente di altro tenore, e con le voci ottimistiche dei patrioti, che continuano a manifestare e a sperare nel rovesciamento del controverso leader Mu'ammar Gheddafi. Risultato? Si è parlato qualche giorno fa di diecimila morti, inauditi massacri o bombardamenti dal cielo ma non ci sono video che lo documentino. Anzi, un filmato è stato diffuso e mostrava uomini e donne attorno a fosse scavate sulla spiaggia. Una didascalia riportava che il numero delle vittime era talmente alto che si era dovuto approntare rapidamente un camposanto nel luogo dove solitamente si va a fare il bagno. Poche ore dopo, però, si è scoperto l’inganno: si trattava di immagini riprese in un giorno qualunque in un “normale” cimitero dove “normali” familiari erano “normalmente” addolorati per la scomparsa di un loro congiunto. Un esempio tra tanti altri analoghi che mostra la disinformazione imperante.

 

In Italia c’è un ulteriore ostacolo alla diffusione della “verità”: il poco tempo a disposizione nei palinsesti. Nessuna edizione straordinaria dei tg né tantomeno uno speciale. I pomeriggi sono “appaltati” alla cronaca nera – da Yara Gambirasio a Sarah Scazzi fino alle gemelline svizzere di cui non c’è più traccia – ma è un fenomeno inevitabile, considerata l’attenzione emotiva degli spettatori e il conseguente aumento di audience che si verifica appena si riuniscono attorno al tavolo del conduttore/conduttrice i “soliti noti” (criminologo, psicologo, cronista, psicoterapeuta, opinionista di professione). I tg provano a “mixare” queste vicende con quelle provenienti dalla Libia (grazie anche a inviati sui luoghi “caldi”) mentre Ballarò, Porta a porta, Matrix, Terra! e Annozero hanno dedicato alcune puntate alla turbolenta situazione dell’intero Nordafrica e ai suoi risvolti sul nostro Paese con risultati d’ascolto discreti in prima serata (perché si è parlato anche d’altro) e nella media deludenti in seconda. Michele Santoro, ospite di Tv Talk, ha commentato amaramente: “Dobbiamo capire se la tv italiana vuole raccontare il mondo o no. La mia sensazione è che non avvertiamo quella responsabilità che invece hanno la tv americana, quella inglese o quella francese, che si sentono partecipi delle vicende internazionali. Siamo un piccolo Paese senza respiro internazionale, le difficoltà della televisione in questo sono lo specchio delle difficoltà della politica. La Bbc diede tre anni ai suoi inviati per realizzare il documentario sulla ex Jugoslavia (Jugoslavia morte di una nazione, di A. Macqueen, 1995), a noi non viene dato nulla e siamo sempre meno presenti sulle vicende estere, finiamo per rimasticare le immagini dei cellulari e delle reti internazionali”.

 

Eppure gli effetti della crisi libica sono già importanti e potrebbero essere ancora più devastanti. C’è il rischio di un’invasione biblica di profughi ma anche il pericolo di conflitti internazionali non solo diplomatici (il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, ha già polemizzato con gli Usa per l’eccessiva ingerenza e ha rivendicato il ruolo dell’Europa) ma anche militari (viste le ripetute minacce di Gheddafi e il possibile coinvolgimento di Al Qaida). Non mancano, poi, i contrasti politici interni: Walter Veltroni ha incalzato il Pd a scendere in piazza a sostegno dei patrioti mentre il Governo ha sospeso il trattato di amicizia con la Libia ma non ha “dimenticato” i precedenti rapporti di amicizia tra Silvio Berlusconi e Gheddafi, accolto in passato in Italia come una “star”.

 

E non si possono dimenticare le conseguenze economiche: la benzina continua a salire vertiginosamente mentre il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano si chiede “quale sarebbe l’effetto se gli investitori libici ritirassero le loro partecipazioni in aziende italiane, penso per tutte all’Unicredit, dove sono presenti per oltre il 7%?”. Perché, alla fine, è anche (se non soprattutto) una questione di soldi.

 

Ultimo aggiornamento Lunedì 07 Marzo 2011 18:46
 
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