=SPORT E DOPING primi comunque= Stampa
Scritto da Redazione   
Giovedì 29 Settembre 2011 11:32

DopingSprinter

di Michele Silvestri

___________________

 

Nelle telefonate intercettate si parlava di “scarpe”, “banane” e “fruttini”, fantasiose allegorie delle sostanze anabolizzanti vietate come l’ormone della crescita, il nandrolone e l’epo: l’inchiesta condotta dalla Procura di Torino sul traffico di prodotti dopanti nello sport ha portato a 12 ordini di custodia cautelare (8 in carcere e 4 ai domiciliari), 89 avvisi di garanzia ed al sequestro di 6 mila fiale di sostanze ritenute illegali per un valore complessivo di 300 mila euro.

Fra gli arrestati e perquisiti: un primatista nazionale di culturismo, terzo agli europei (accusato di aver venduto e fatto uso di sostanze proibite); un ex campione mondiale di ciclismo amatoriale; sei ciclisti di una formazione amatoriale di Torino, fra le più vincenti del Piemonte; due infermieri che avrebbero sottratto medicinali dopanti dagli armadietti di due ospedali di Torino e Salerno per rivenderli all’esterno; e infine due commercianti, uno dei quali trafficava anabolizzanti via internet, acquistandoli in Romania, Polonia e Grecia.

Le frasi intercettate al telefono raccontano di una tragicomica consapevolezza sulla natura delle sostanze in questione: “Anche con tutta la frutta del mondo non riesco a tirare come quello là”; “Bombato e pure scarpone”; “Quella roba mi ha fatto venire i crampi”; “Cosa hai preso? Eri un treno”. L’epo, la sostanza utilizzata contro legge e salute per aumentare l’assorbimento di ossigeno da parte del sangue, è uno dei principali obiettivi dei controlli antidoping nel ciclismo. Fra gli arrestati c’è colui che ospitò nella propria villa e per parecchi mesi il ciclista belga Frank Vandenbroucke, giovane promessa che cercava serenità dopo le accuse di doping che gli erano state rivolte. “Ha un amore sconfinato per il ciclismo - diceva Vandenbroucke del suo padrone di casa durante il soggiorno pavese -. Viene tutti i giorni con me e se io vado avanti per sei ore mi viene dietro”. Il ciclista belga fu trovato morto in un albergo in Senegal il 12 ottobre del 2009.

Ma l’epo - stando agli inquirenti della Procura di Torino - alimenta le artificiali illusioni anche in altri sport come il nuoto: una mamma del capoluogo piemontese si ‘premurava’ di procurare la pericolosa sostanza per la figlia quindicenne. La giovane studentessa avrebbe dovuto così primeggiare nelle gare di nuoto, a livelli sempre più alti: dalle gare fra le atlete della società di appartenenza, a quelle provinciali, alle regionali, alle nazionali e magari oltre, fino a quando successo e notorietà avrebbero continuato ad essere prioritari su tutto, vita umana compresa. “Singolare spaccato del nostro Paese anche dal punto di vista etico” ha commentato sul caso il Procuratore di Torino, Raffaele Guariniello.

La questione del genitore che provvede al doping del figlio minorenne ha un precedente nella cronaca giudiziaria. Qualche anno fa un papà di Padova era accusato di aver accompagnato la propria ragazzina nuotatrice a fare una trasfusione di sangue in vista dei campionati in piscina. Fortunatamente lo scorso 19 settembre il Tribunale della città veneta ha assolto tutti gli imputati.

Al di là di tali incredibili storie, il fenomeno doping è indiscutibilmente e pericolosamente radicato in molte realtà sportive. Ad esempio, in quest’ultima inchiesta della Procura di Torino già emergono le prime conferme: un ex ciclista, accusato di avere ceduto sostanze come epo e gh (ormone della crescita) ad altri corridori, ha ammesso l’addebito spiegando, però, di non averlo fatto per denaro ma per amicizia. A volte le inchieste della magistratura portano alla luce il funzionamento di piccoli ingranaggi di un vasto meccanismo che non fa rumore e che - cosa peggiore - viene fatalmente accettato dagli atleti e da chi li circonda con l’assurda convinzione di far loro del bene. Primeggiare e vincere: è questo il solo bene per un atleta?

 
Condividi