ELEZIONI. I RUMINANTI Stampa
Scritto da Redazione   
Sabato 05 Marzo 2011 13:25

quartiere

Modugno... Solo a leggere i nomi dei candidati alla carica di Sindaco,  ci si accorge che si tratta di persone già da tempo in Consiglio comunale o in Giunta. Quelli, cioè, che hanno portato alla disperazione il paese, che stanno tutti insieme in maggioranza e che oggi, elezioni alle porte, si presentano vestiti di nuovo come alternativa a se stessi

 

I RUMINANTI

 

A sentirli osannare ad ogni “nuovo” arrivo nelle proprie file, a sentirli imprecare ad ogni “addio” alle proprie file, si leva nel Paese un mormorio che vorrebbe esprimere un po’ di dissenso; ma poi passa tutto, arrivi, addii e dissensi mormorati. Così il Paese diventa una poltiglia immonda che si sarebbe tentati di lasciare definitivamente al suo destino sudamericano.

Tutto questo accade in Italia, dove la distinzione tra maggioranza e minoranza è una “finzione democratica”, nel senso che si fa finta di vivere in un regime democratico ma tutti sanno, tutti sappiamo, che la nostra opinione non vale nulla e nulla vale finanche il nostro voto.

Avviene così. Il centro destra vince le elezioni ma una parte di esso alla fine se ne va mettendo a rischio la maggioranza numerica. Che si fa? La minoranza guarda con tenerezza il pezzo di maggioranza che se n’è andato e prova a diventare, con quelli, maggioranza; la maggioranza, perduto il suo pezzo, recupera alla spicciolata solitari migranti; la maggioranza numerica resta maggioranza; la minoranza resta minoranza. La “governabilità” è la parola d’ordine, tutte e due, maggioranza e minoranza, dicono di avere una spiccata “cultura di governo”; e dunque il governo resta al posto suo. Alla fin fine, era questo che si voleva, un governo; e un governo c’è.

 

I paesi d’Italia seguono la “lezione nazionale” e molto spesso la precorrono. Modugno, per citarne uno dei più sfibrati moralmente, economicamente, socialmente, ordinamentalmente, può ben difinirsi capofila di questa nuova scuola di pensiero e di azione. Solo a leggere i nomi dei candidati alla carica di Sindaco,  ci si accorge che si tratta di persone già da tempo presenti in Consiglio comunale o in Giunta. Quelli, cioè, che hanno portato alla disperazione il paese, quelli che stanno tutti insieme in maggioranza e che oggi, elezioni alle porte, si presentano vestiti di nuovo come alternativa a se stessi. Insomma: se non vi siete accorti dei disastri che abbiamo provocato, ridateci la fiducia; se invece quei disastri li toccate con mano, dateci fiducia e noi cambieremo tutto, musica e musicisti: dateci comunque fiducia, senza di noi voi non siete niente.

 

E’ così che si annunciano altri cinque anni di scorribande amministrative e morali. Sempre loro, i ruminanti.    [n.m.]

 

IL COMMENTO

 

ANCORA UNA VOLTA

LA PAROLA D’ORDINE E’ “RINNOVARE”

L’0BIETTIVO RESTARE

di Francesca Di Ciaula

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A far scorrere lo sguardo sullo scenario che si sta preparando in vista delle prossime amministrative comunali a Modugno, sulle ricerche affannate di strade da percorrere e possibili accompagnatori-alleati, c'è un dato comune che ritorna da più di una direzione: in molti professano la necessità di un rinnovamento per questo paese, dichiarano la propria disponibilità e volontà ad essere i nuovi soggetti del domani, pronti a soccorrere il paese. Eppure in queste dichiarazioni di intenti si fa fatica a distinguere definite posizioni e coerenza di comportamenti.

È vero, c'è una consapevolezza alla base di queste dichiarazioni: questo paese ha bisogno di nuovi amministratori. Una consapevolezza che in tanti sono disposti a sottoscrivere, tuttavia un po' opaca, consapevolezza - a guardar bene - dell'ultima ora, viziata dall'occasione dei tempi pre-elettorali, consapevolezza - ad affinare un po' la memoria - che in tempi precedenti pochi hanno sostenuto a gran voce, pochi i soggetti a denunciare il degrado del paese e le prevaricazioni in atti amministrativi, come quello dell'assunzione del city manager.

 

Vien da chiedersi: voi dov'eravate? Dov'eravate quando si è scesi in piazza a difendere un centro storico che non appartiene solo ai suoi residenti, bensì a tutto il paese? Dov'eravate nei rari spazi di pubblica discussione, quando si è cercato di riflettere su questo strano modo di governare il paese, tutti uniti appassionatamente, opposizione e maggioranza, al palazzo di città?

Ed oggi in diversi si dichiarano pronti a contribuire ad amministrare questo paese, corpo inerte, sonnacchioso e sporco, che ci avvolge tutti con puzze ed emissioni non ben identificate, e si propongono, aspiranti amministratori/rianimatori, con parole sfumate con i se e i ma. Forse hanno già in tasca il loro programma: dare un odore nuovo al paese, magari un odore di quelli dolci che copra l'olezzo che ci attanaglia, un po' di colore che copra il grigiore che ci riveste.

 

Rinnovare dall'interno. Questa la sfida che nuovi profeti già hanno lanciata. E noi, quasi quasi siam trascinati a crederci, mentre immaginiamo questo sforzo grande, battaglia di alto profilo nel proporsi quale volti nuovi di un partito o di un gruppo politico. Rinnovare nonostante i passati attivi silenzi su politiche disastrose, il silenzio-assenso al non intervento, al nulla, all'inazione, a quel lasciar andare le cose, all'insensibilità verso le richieste di gruppi di cittadini liberi e libere associazioni, all'indifferenza; rinnovare ma restando ben chiusi in strutture politiche di potere. E già la domanda nasce spontanea, ma fuorviata, già viziata: è possibile una battaglia di questi vasti orizzonti? 

 

Invece capita che impertinente si affacci un'altra domanda: è accettabile? Può essere coerente un discorso simile? Come mai si ha la sensazione che questi discorsi sulla coerenza dovrebbero essere messi da parte?

 

A guardar bene c'è una morale sottesa, inconfessabile, quasi indicibile, perché fa già da substrato alle coscienze dei più: esiste davvero un livello alto, che appartiene alla sfera    della coerenza, delle legittime rivendicazioni di diritti di cittadini. Del diritto ad un'effettiva  qualità della vita - anche se che qui nel paese per molti non appartiene più nemmeno all'orizzonte del pensabile - non si può non tenerne conto. È un discorso che è doveroso per le nostre acquietate coscienze far proprio, ma ce n'è un altro di livello più realistico: Come si fa in una campagna elettorale a farne senza ? Come dirlo alle segreterie dei partiti? Come dirlo all'illustre personaggio che sembra essere portatore di un buon budget di voti? Il rinnovamento di questo paese si potrà realizzare ma … senza di loro, come potrebbe mai essere possibile? È questo un discorso che già sanno, che già fanno. Ma noi, comuni e liberi cittadini, perché dovremmo farlo nostro?

Ultimo aggiornamento Domenica 03 Aprile 2011 12:23
 
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