CIAO, VITTORIO UTOPIA Stampa
Scritto da Redazione   
Sabato 16 Aprile 2011 20:34

aarrigoni         

Restiamo umani

 di Francesca Di Ciaula
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Vittorio Arrigoni aveva fatta propria la rivendicazione di un popolo senza terra, di ragazzi nati in un territorio modellato da bombe e macerie, cresciuti con l'orrore della guerra negli occhi, la consapevolezza del proprio destino. Vittorio Utopia Arrigoni, come si firmava sulla sua pagina su facebook, era un uomo che credeva fermamente nella pace e nella dignità di tutti gli uomini, soprattutto degli ultimi e i dimenticati e per questo testimoniava le ripetute violazioni dei diritti umani in Palestina

Faceva male giovedì scorso vedere la foto di Vittorio Arrigoni bendato e pestato a sangue, trattenuto per i capelli. Increduli abbiamo sperato che qualcosa succedesse nonostante la violenza dei toni del comunicato. La notizia del suo barbaro assassino ci ha colpito come un macigno. È un pugno nello stomaco, uno shock per il mondo degli attivisti delle Ong e associazioni umanitarie presenti in Medio Oriente.

Un miscuglio di rabbia e dolore ha preso tutti coloro che lo conoscevano dai resoconti sul suo blog, Guerrilla radio e con gli articoli che inviava a il Manifesto, quelli che hanno ascoltato i suoi racconti sulle impietose condizioni di vita imposte ai palestinesi dall'artiglieria israeliana, ai pescatori cui è impedito pescare oltre una strettissima fascia di mare, ai contadini nei propri campi sotto il fuoco dei cecchini nelle zone di confine con i territori di Israele, diventate territori cuscinetto dall'accesso proibito. L'abbiamo visto Arrigoni insieme ai contadini, le pallottole che lo sfioravano, con mani nude, a fare da scudo umano, abbiamo letto i suoi articoli durante i bombardamenti su Gaza, l'operazione “Piombo fuso”.

L'ultimo comunicato da Gaza City riguardava la morte di quattro palestinesi nel tunnel che collega Gaza all'Egitto, che serve a far passare beni necessari e superare l'assedio israeliano. Una situazione che alimenta il mercato nero e fa aggiornare il numero delle morti, in questa impresa salite a trecento. Così si legge sull'ultima pagina del suo blog, datata 13/04/2011. Tutte notizie che non rimbalzano sulle pagine dei grandi quotidiani. Un giornalismo per così dire di secondo piano, marginale, da attivista presente sul posto, da testimone scomodo. “Guerriglia alla prigionia dell'Informazione ... l'imperdonabile assopimento della coscienza civile” si legge nell'intestazione del suo blog. L'ultima volta che ho ascoltato un suo messaggio è stato su youtube. Arrigoni spiegava perché disapprovava le parole pronunciate da Roberto Saviano su Israele. Saviano, lo scrittore instancabile nel raccontare i modi con cui la legalità e il diritto sono parole che non hanno senso in particolare in alcune zone qui in Italia, pronto a registrare i modi con cui vengono distrutte dignità e libertà di chi osa alzare lo sguardo sopra il proprio stretto orizzonte di vita, non aveva pronunciato una parola per il legittimo desiderio di giustizia a libertà del popolo palestinese, costretto in un campo a cielo aperto dallo stato di Israele.

 

Vittorio Arrigoni aveva fatta propria la rivendicazione di un popolo senza terra, di ragazzi nati in un territorio modellato da bombe e macerie, cresciuti con l'orrore della guerra negli occhi, la consapevolezza del proprio destino. Vittorio Utopia Arrigoni, come si firmava sulla sua pagina su facebook, era un uomo che credeva fermamente nella pace e nella dignità di tutti gli uomini, soprattutto degli ultimi e i dimenticati e per questo testimoniava le ripetute violazioni dei diritti umani in Palestina, denunciate nelle decine di  risoluzioni dell'Onu e dallo Stato di Israele rigettate. Cercava la verità scomoda e difficile Vittorio con l'impegno di tutto il suo corpo e la sua mente. Con una macchina da presa e un blog era uno che osservava, registrava, raccontava la realtà di Gaza, un testimone scomodo per quelli della destra israeliana.

La denuncia dell'assurdità di una guerra, che si protrae con le nascoste complicità dell'Occidente, era il suo impegno quotidiano, l'utopia della pace una bandiera in cui avvolgersi ogni giorno, una bandiera che continua a sventolare con quella frase con cui chiudeva ogni suo articolo, Restiamo umani.

Ultimo aggiornamento Martedì 19 Aprile 2011 12:33
 
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