TOH! RISCOPRONO IL PARLAMENTO Stampa
Scritto da Redazione   
Domenica 24 Aprile 2011 12:32

 Ma l'hanno già ridotto a foresteria per dipendenti in trasferta 

 

Un signore che all’insaputa di tutti siede in Parlamento propone di modificare l’articolo 1 della Costituzione per scrivervi che la sovranità popolare la rappresentano e la gestiscono le Camere. Tutta la Costituzione lo dice; lui vuole precisarlo; ora. Perché?

 di Nicola Magrone

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Quando, più di trent’anni fa, demmo vita alla rivista Sudcritica, all’Associazione Italia Giusta secondo la Costituzione e, poi, alla Fondazione onlus Popoli & Costituzioni, eravamo nel mezzo degli “anni di piombo”; quando, cioè, la tenuta degli assetti costituzionali era messa a dura prova e il Paese rischiava una tragica involuzione democratica.

“Mani Pulite” fece il resto.

 

Fu un coro: dare più forza all’esecutivo, sfuggire alle cerimonie parlamentari, ridimensionare l’attivismo giudiziario, contenere le rivendicazioni della classe operaia “ritoccando” qua e la lo Statuto dei diritti dei lavoratori”, invocare l’elezione diretta del Presidente del Consiglio liberandolo dai condizionamenti delle inquietudini di un Governo di “correnti” politiche e infine l’altrettanto diretta elezione del Presidente della Repubblica.

Un delirio di onnipotenza e di ansie riformatrici - incarnate a dovere da Licio Gelli e dal suo programma di rinascita nazionale - che vedeva nella Carta Costituzionale l’ostacolo maggiore verso un’Italia moderna e al passo con l’Europa.

Si sa come è andata a finire. Le riforme costituzionali (meglio: la riforma della Costituzione) sono divenute il tema apertamente o clandestinamente agitato a seconda degli interessi contingenti dei vari gruppi di potere: ora le chiedono gli uni ora gli altri anche se gli uni e gli altri dicono: le vuole il Paese. Il quale, però, quando gli è dato di esprimersi, vuole il contrario, che la Costituzione sia finalmente e lealmente applicata.

Si sa: la politica tende all’imbroglio e all’inganno. E così finisce che la Costituzione resti sulla carta, scritta, venerata e ignorata. Ognuno legifera, amministra e giudica come gli pare e piace. Cosa che, si capisce, costituisce la riforma per eccellenza della Costituzione: la si lascia lì, in biblioteca, morta e sepolta sotto una coltre impenetrabile di indifferenza.

Alla fine, qualcuno la spunterà e la Costituzione diventerà altro da sé; il Paese sarà maturo per regredire agli statuti prerepubblicani, carta straccia e inutile.

L’avevamo previsto più di trent’anni fa: lo scontro tra opposti interessi sarà intorno a questi temi; esattamente quello che sta accadendo nel vociare di ventriloqui portavoce di malcelate nostalgie autoritarie.

 

A complicare, qualche giorno fa, la Babele dei vaniloqui, è intervenuto un tale il quale in Parlamento ha proposto di cambiare l’articolo 1 della Costituzione per scriverci che la sovranità popolare si esprime in Parlamento e che, dunque, il Parlamento viene prima di tutti gli altri poteri. Non si è capito bene se questo signore è stato preso da una crisi da solitudine, dal bisogno di farsi notare da qualche parte o da un bisogno ben più lucido e cinico: assecondare con una normativa costituzionale le argomentazioni contingenti di Berlusconi il quale - come si sa -   ragiona così: ho la maggioranza in Parlamento, il Parlamento rappresenta la sovranità popolare e dunque qualunque cosa mi accada nelle aule di giustizia o nel Paese io resto al mio posto.

Insomma, siamo arrivati ad una proposta di modifica costituzionale per contingentissime ragioni politiche, per dare sostegno per così dire: giuridico-ordinamentale ad una brutale pretesa politica.

E’ francamente troppo; non la ragionevolezza giuridica e politica è superata ma lo stesso limite del ridicolo. Che il Parlamento sia lo strumento e l’espressione della sovranità popolare è scritto in tutti gli articoli della Costituzione  Nossignori: bisogna scriverlo nell’articolo 1 perché si sappia che, tenendo la maggioranza lì, in Parlamento, da lì, dal Governo, non si muove nessuno. Principio, naturalmente, ostentato e valido fino a che serve; lanciata la ciambella, tenuto in piedi il Governo con un simulacro di argomentazione, le cose cambieranno: il Parlamento ha stufato, è lento, non lascia governare, bisogna ridimensionarne il ruolo.

Insomma, scorrerie su praterie di cinismo politico, culturale nemmeno a parlarne.

Con questi artifici si sta facendo della Costituzione un attrezzo a cui ricorrere alla bisogna; forse dovremmo immaginare una sorta di delitto di truffa costituzionale, circondati come ormai siamo da ventriloqui di ultima generazione tenuti al guinzaglio in Parlamento e lasciati liberi quando occorre: per dire idiozie con l’aria ed il tono di chi ha letto qualcosa in un occasionale scompartimento ferroviario. E per dirla poi in Parlamento.

 

Ultimo aggiornamento Domenica 01 Maggio 2011 01:32
 
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