=IL BUSINESS DEI MIGRANTI= Stampa
Scritto da Redazione   
Venerdì 29 Luglio 2011 19:01

Che cosa accade nei CIE - Centri di identificazione e di espulsione per i migranti senza documenti? Nemmeno i giornalisti che lo vogliano possono saperlo

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ricordi?

di Rita Ceci
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“Grazie” ad una recente circolare (n. 1305, aprile 2011) del ministero dell’Interno, è stato proibito ai giornalisti l’accesso ai CIE, Centri di identificazione e di espulsione! Più esattamente la Circolare recita: “l’accesso alle strutture presenti su tutto il territorio nazionale è consentito solo ad alcune organizzazioni…” dunque vietato a tutti gli altri, compresi i giornalisti. Insomma, “al fine di non intralciare le attività loro (ai migranti) rivolte” non è più possibile informare né tantomeno documentare cosa davvero accada in questi Centri. E allora ci proviamo noi a dirvelo, perché crediamo che si possano e si debbano ancora difendere i diritti umani. Molti immigrati, dopo un viaggio disastroso in cui - per salvarsi dalle guerre, dalla fame e dalle persecuzioni in patria, ma anche più semplicemente per la speranza di un futuro migliore - mettono a repentaglio la propria vita e quella dei propri cari; dopo un viaggio terribile in cui assistono impotenti anche alla morte di parenti e amici, dopo un viaggio che li vede giungere sulle nostre coste stremati ma fiduciosi nell’accoglienza che un Paese civile come il nostro non potrà loro negare, qui giunti aspirano al riconoscimento dei propri diritti umani, civili e legali: acqua e cibo, coperte e calore umano, notizie dei propri cari … e un rapido riconoscimento del proprio status. E cosa trovano? I Centri di identificazione e di espulsione, dove vengono detenuti dietro cancelli e sbarre proprio come delinquenti comuni pur senza aver commesso alcun reato, solo perché sprovvisti di documenti (cosa ovvia se si immaginano le peripezie cui si sono sottoposti e anche la paura di farsi identificare: spesso infatti la loro sorte è legata alla nazionalità di appartenenza). E la detenzione può durare addirittura fino a 18 mesi, fino a che le pratiche burocratiche non vengano, almeno loro, “evase” . In ambienti scarsamente accoglienti, nutriti con cibo che contrasta con la loro cultura alimentare, i giorni scorrono tristi e lenti, nell’inedia più totale in quanto non dispongono di nulla, mentre i migranti bruciano per l’urgenza della vita che preme nel petto ed è difficile che non esplodano in momenti di intolleranza o che non si facciano essi stessi del male non sopportando più quell’inutile vita: qualcuno tenta il suicidio, altri si feriscono gravemente…

Il 25 luglio, la stampa ha manifestato davanti ai Centri sparsi un po’ ovunque nel Paese, e dunque anche in Puglia, a Bari, chiedendo di poterli visitare e raccontare le storie infinite di dolore e di disagio che lì si intrecciano, rivendicando il diritto di cronaca per dare testimonianza di quelle esistenze, per dare voce a chi non l’ha, per poter reclamare per loro, nostri ospiti, il rispetto di quei diritti umani di cui ci facciamo spesso ambasciatori nel mondo, ignorandoli poi in casa nostra. Anche di tale notizia però non ho trovato riscontro sulle grandi testate… mentre cominciano ad arrivare notizie come questa:

 

“Left / Avvenimenti 22-07-2011- Rifugiati, truffati e spremuti: in Sicilia i migranti sono diventati un business

Migranti nel centro di accoglienza anche dopo aver ottenuto il permesso di soggiorno.

Scatta la richiesta di rinvio a giudizio per il responsabile del consorzio di cooperative…”

Ultimo aggiornamento Sabato 30 Luglio 2011 00:12
 
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