LE ROSE DI ROSETTA BORCHIA Stampa
Scritto da Redazione   
Venerdì 25 Marzo 2011 21:38

foto_x_franco_allinizio_dellarticoloIl_giardino_di_Rosetta 

il giardino di Rosetta [foto sudcritica]

tutte vicine
alla mia fontana rocciosa

di Franco Taldone

 ______________

Ovunque ci volgiamo nella bufera di rose...”. Sarebbe piaciuto a Ingeborg Bachmann il Giardino delle rose perdute di Rosetta Borchia, pittrice di Cagli, che ora abita a Maciolla, località vicino ad Urbino, in un casale circondato da migliaia di rose antiche, che ricerca dal 1989 e che ha catalogate in più di 500 varietà.

Le ha messe a dimora in un luogo che a maggio rigurgita di sensorialità. Vi sono varietà conosciute, rarissime e l'unica Bifera di Paestum, citata da Virgilio, considerata estinta e invece, grazie all'appassionata Rosetta, ancora viva emanazione di fascino. Fatta eccezione per quest'ultima, tutte le altre varietà vengono raggruppate a loro volta in cinque categorie: l'alba, la centifolia, la damascena, la gallica e la muschiata. Rosa con i suoi fiori fa tutto, marmellate, elisir, sciroppi, ne usa petali e bacche. “L’idea che le mie rose emanino lo stesso profumo del giardino di Afrodite, ricco di rose e roseti, come narra la mitologia greca, oppure che le rose che crescevano nell’antica Paestum e descritte da Virgilio sono quelle lì vicine alla mia fontana rocciosa, va al di là della loro bellezza e rimanda al fascino del mito, del mistero. Celebrate in dipinti, ballate, poesie, incisioni, fin dai tempi più remoti, sono state fonte di innumerevoli miti, leggende, superstizioni, attraverso secoli e popoli”.

Madame_Hardy Madame Hardy
[foto sudcritica]

D'altra parte, i fiori, e le rose in particolare, sono tra le testimonianze più affascinanti di certo modo di concepire la bellezza, la orientale: nei fiori come nelle icone di Rublev, si incontrano eidos e morphe, bellezza ideale e bellezza sensibile, per noi occidentali (soprattutto dal Rinascimento in poi) separate a detrimento della sensibile abitualmente ritenuta opaca e marcescibile. La bellezza archetipale dei fiori ha comunque percorso Oriente e, fino agli inizi del Novecento, Occidente. Dal “giacinto azzurro che attira Persefone nei regni della conoscenza e del destino” secondo Cristina Campo all'esperienza metafisica che si riflette nella visione della rosa secondo Elémire Zolla (“La visione della rosa, la commedia, la tragedia sono simili a tre cerchi intrecciati, fra i quali il centrale simboleggia l'esperienza metafisica, la rosa”); a Céline (“Je suis pas d'artiste mais j'ai la memoire des fleurs”); alle metamorfosi non metaforiche di Colette degli umani in fiori, all'attore del teatro No giapponese che, dopo aver “spremuto il fiore” del suo lavoro di scena, deve irrimediabilmente abbandonarla; in molti casi la bellezza ha trovato espressione più piena nella dimensione floreale. Lo Jugendtstil è stato probabilmente l'ultimo riconoscimento occidentale di presenza della bellezza nei fiori, e, probabilmente, oggi, la penuria di bellezza è rimandabile soprattutto a questa sottrazione della sua componente vegetale. Quello di Rosa Borchia è un vero patrimonio di biodiversità: le sue rose sono porpora, lilla, magenta, viola, bianco, crema, rigate, maculate, ogni giorno diverse. Odorano di pepe e spezie, resina, limone, muschio e cannella. I loro nomi sono fusi con la loro essenza, sembrano cooriginari a questa: rosa del soffio, hermosa, rugosa, alba massima, madame hardy damascena e perlacea, la favorita.

Ultimo aggiornamento Sabato 02 Aprile 2011 17:01
 
Condividi