I RAGAZZI CHE SOGNAVANO DI FERMARE LE GUERRE Stampa
Scritto da Redazione   
Sabato 26 Marzo 2011 22:04

BEAT_GENERATION

 

Tutti dentro il vero o finto fragore delle armi di una guerra che nessuno capisce, nessuno spiega, nessuno ferma ed anzi tutti stanno imparando a conoscere da vicino e finanche “ad amare”, Sudcritica ritiene di fare cosa giusta e necessaria riproponendo due testi che sembrano scritti anche per oggi.   

A quanto pare, quando si tratta di pace e di guerra, di dignità e di sfruttamento, di ottundimento delle coscienze e delle intelligenze, le cose come quelle che qui riproponiamo sembrano scritte per oggi. “Questi ragazzi - ha detto Fernanda Pivano - facevano paura, volevano cambiare il mondo. Sognavano la pace e l’amicizia su tutta la terra. Allora li hanno umiliati. Insultati e offesi. Questi ragazzi sognavano di fermare le guerre mentre sui prati del mondo i corpi di giovani innocenti venivano abbandonati a morire”. Dove sono, oggi, i “ragazzi che vogliono cambiare il mondo e sognano di fermare le guerre” ?

firma_sudcritica

 

[da Sudcritica, n. 120, marzo 1997]

Beat Generation

“L’altra America

degli anni Sessanta” 

di Antonio Troiano
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Quella sera Jack si addormentò ubriaco, il mattino dopo si svegliò famoso. Joyce Johnson amica e compagna di Ti-Jean Kerouac racconterà così, con poche ma significative parole, la notte che cambiò la vita dell’autore più amato della Beat Generation.

Kerouac era riuscito a pubblicare da poche settimane il suo secondo romanzo On the Road, e il New York Times decise di pubblicare una importante recensione. Era il 1957. Da quella indimenticabile e straordinaria stagione sono passati ormai quarant’anni.

Quaranta lunghi anni durante i quali molti compagni di strada ci hanno lasciato. Abbiamo scelto questo anniversario per inaugurare il primo numero della nuova serie della nostra rivista, “Sudcritica”, e di queste pagine che saranno dedicate a chi ama la letteratura americana, a chi la studia a scuola e all’università, ma anche a chi invece ama soltanto curiosare tra romanzi e poesie.

E lo abbiamo scelto, questo anniversario, per tanti motivi. Per l’importanza storica di Sulla Strada, per la straordinaria popolarità di Kerouac, ma anche e soprattutto per una ragione: perché a distanza di quarant’anni dalla prima edizione di On the Road, i giovani di tutto il mondo continuano a leggere il libro più importante di Jack Kerouac e attraverso queste pagine a provare le stesse emozioni di chi lo aveva letto prima di loro.

Non è un caso quindi che le avventure di Sal Paradiso e Dean Moriarty (gli eroi del romanzo), il loro peregrinare disordinato lungo le strade d’America, dagli anni Sessanta in poi abbiano accompagnato i vent’anni di milioni di persone. No, non è un caso.

KEROUAC Allen Ginsberg

 Jack Kerouac e i compagni di strada della Beat Generation, da Allen Ginsberg a Gregory Corso, da Neal Cassady a Lawrence Ferlinghetti, da William Burroughs a Peter Orlowsky, entrarono nel mondo della letteratura americana in punta di piedi, silenziosi. Con le loro poesie di pace, non-violenza, amicizia. Ma così come fu silenzioso il loro ingresso, tanto fu esplosivo e fragoroso il loro successo.

Nulla potè l’indifferenza del mondo accademico, della elite letteraria snob e aristocratica. Sulla strada di Kerouac, Urlo di Ginsberg, Bomba di Corso, Il pasto nudo di Burroughs squarciarono la letteratura americana in maniera devastante. Un fenomeno senza precedenti e mai più ripetutosi. Così, un gruppo di ragazzi avviò una rivoluzione sparando proiettili di carta: poesie, racconti romanzi.

Ma la loro rivoluzione non fu soltanto osteggiata; è doveroso ammettere che non fu del tutto capita neanche da chi quei libri diceva di leggerli e amarli.

Il sogno, il vero sogno di Keroauc e compagni si fondava su un concetto fondamentale, una “società all’interno della società”, si fondava sul rifiuto non violento delle regole assurde cui un americano doveva sottostare. In questi sogni c’era forse una buona dose di utopia, di inconfessata rassegnazione e di altrettanto inconfessata ammissione che soltanto un miracolo avrebbe potuto cambiare quella società da cui loro stessi cercavano di fuggire.

Fu questo, probabilmente, l’ultimo grido contro le società disumane e spietate. Un grido fortissimo.

Questi ragazzi - ha detto Fernanda Pivano - facevano paura, volevano cambiare il mondo. Sognavano la pace e l’amicizia su tutta la terra. Allora li hanno umiliati. Insultati e offesi. Questi ragazzi sognavano di fermare le guerre mentre sui prati del mondo i corpi di giovani innocenti venivano abbandonati a morire”.

Sono stati offesi e umiliati perché hanno osato. Osato mettere in discussione le leggi internazionali, i grandi interessi economici, le ipocrisie della cultura occidentale.

Quella Beat fu anche una denuncia non partitica, una denuncia indipendente, vera, contro il neofascismo di McCarthy.

Dopo anni di silenzio soffocati dalla violenza e dal rumore delle bombe, questi autori, in particolare in Europa, stanno vivendo una nuova primavera.

Per molti versi questa “riscoperta” ci piacerebbe chiamarla ancora una “scoperta”.

I ragazzi cercano finalmente di capire quali sono state le vere origini del movimento Beat. Cosa c’era dietro la loro protesta pacifica, la difficile scelta della “povertà volontaria” come risposta al consumismo sfrenato. E’ una operazione difficile, impegnativa. Possibile soltanto con una grande dose di umiltà e con la lettura delle opere di questi autori. I giovani ammettono di essere affascinati dal linguaggio diretto, sincero degli scrittori Beat, vanno a caccia dei loro testi, cercano di capire il periodo storico in cui vivevano.

Succede allora che una edizione tascabile di On the Road pubblicata pochi mesi fa nei Miti Mondadori esaurisca le 200 mila copie previste in pochissimo tempo. Che lo storico libro di Fernanda Pivano C’era una volta un Beat (Arcana editrice) debba essere ristampato più volte e sia sempre, comunque, difficile da reperire.

E ancora che, due anni fa, Arcana abbia deciso di riproporre la monumentale antologia della Pivano, L’altra America degli anni Sessanta, una sorta di Bibbia della Beat Generation.

PIVANO Fernanda Pivano

Oggi, è come se Kerouac e i vecchi Beat parlassero con una voce nuova. I giovani sembrano finalmente capire, “molti ragazzi sono tornati a leggere le loro poesie”, ha scritto sempre la Pivano nella premessa alla nuova edizione di Poesia degli ultimi americani (Feltrinelli), la “mitica” antologia beat, “anche se sanno che quei tempi non torneranno più, che quei sogni sono finiti per sempre: le leggono perché cercano qualche traccia di quella meravigliosa speranza, inafferrabile dea, immortale bellezza che è sempre stata e sarà sempre la libertà”.

 

Hrabal

E nell’Europa di Stalin

altre solitudini rumorose

di Clara Zagaria
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La libertà è una faccenda riservata solo ai santi", diceva Bohumil Hrabal, scrittore ceco morto il 3 febbraio 1997, a 82 anni, precipitando dalla finestra del quinto piano dell’ospedale di Praga nel quale era ricoverato; secondo un medico, Hrabal non aveva intenti suicidi ma cercava di dar da mangiare ai piccioni. Una morte, la sua, troppo simile a quella che di sé avrebbe potuto raccontare in qualcuno dei suoi romanzi.

 

Hrabal vive a Praga negli anni Cinquanta. Mentre negli Stati Uniti la Beat generation sperimenta rivoluzioni attraverso l'arte, Hrabal e i suoi amici - nella Praga degli anni dello stalinismo - vivono da bohémiens surrealisti, sperimentando rivoluzioni artistiche attraverso la loro vita, al ritorno dalla fabbrica e in una birreria, e vivendo da "teneri barbari" a Liben, quartiere povero della città, in via Na hrazi Vecnosti, "Sull'argine dell'Eternità, n.24".

Nessuno come Hrabal può forse vantare tante esperienze di lavoro, che si ritrovano tutte nei personaggi dei suoi libri: impiegato presso un notaio, operaio delle ferrovie, capo movimento in una stazioncina, agente di assicurazione, commesso viaggiatore, operaio nelle acciaierie, imballatore di carta in un macero di libri proibiti dal regime, cameriere, comparsa. Per molti anni, negli anni cinquanta e sessanta, Hrabal ha scritto solo per sé, a causa della censura.

In Italia, le edizioni e/o hanno pubblicato Treni strettamente sorvegliati - dal quale il regista Jiri Menzel ha tratto un film vincitore di un Oscar - Ho servito il re d'Inghilterra, Un tenero barbaro, Tendenza alle sbornie e al comunismo ovvero paure totali, L'uragano di novembre, La tonsura. Sono di Einaudi il volume di racconti Inserzione per una casa in cui non voglio più abitare, Una solitudine troppo rumorosa e Le nozze in casa. Da Sapiens sono stati pubblicati le raccolte di versi Bambino di Praga e La stradina perduta e il romanzo Dribbling stretti.

Bohumil_Hrabal_by_Kubik_1994_02 Boumil Hrabal

 

 

 

 

Ultimo aggiornamento Sabato 02 Aprile 2011 17:10
 
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