L'ERESIA VEGETARIANA DI CERONETTI. Altre notti al mattino Stampa
Scritto da Redazione   
Sabato 23 Aprile 2011 21:33

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di Franco Taldone
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“Vedo tante piume di struzzo insanguinate e fanoni di balene arpionate e tori trafitti e cani con la trachea sforacchiata, ballare su questo Scolio dell'Ethica”

 

Guido Ceronetti è uno scrittore italiano vegetariano da più di cinquant'anni. Nei suoi scritti i riferimenti alla scelta vegetariana come scelta eretica sono diversi. Risaltiamone qualcuno.

Attento alla manette linguistiche del luogo comune (celebre la sua invettiva contro il riflesso linguistico “Come stai?”: «La domanda più indiscreta, più insolente, più insoffribile, e la più comune anche, la più poliglotta, la più persecutoria al telefono e faccia a faccia, la domanda che mette alla tortura chi ama la verità perché la si formula per avere in risposta una miserabilissima bugia è: "come stai?"») osserva che la scelta vegetariana è eterodossica  dal punto di vista del logos come linguaggio e come logica. 

«Bistecca è sempre accompagnata dall'aggettivo bella. L'italiano automatico dice “una bella bistecca”. Non so a quale grado di bellezza assegnarla, mi pare lontana dalla Beatrice di Guido Reni e dalla cattedrale di trani una bistecca», così scriveva  in un suo articolo pubblicato su LA STAMPA circa quindici anni orsono. La stereotipia linguistica non risparmia gli insetti: «Insetti senza frontiere – scrive Ceronetti nell'introduzione ad una raccolta di suoi aforismi firmati con lo pseudonimo di Filosofo Ignoto - considera Le metamorfosi di Franz Kafka di Praga non un testo di abbassamento dell'uomo, ma di commovente esaltazione dell'insetto. E denuncia come ingiuriose e lesive per la dignità e della condizione di insetto locuzioni correnti come “noioso peggio di un insetto”, “ti schiaccierò come un insetto”, “spiaccicato sull'asfalto che pareva un insetto”, e simili, mentre ci domandiamo se dire di “valere meno di un insetto” o “quanto un insetto” significhi realmente valere pochissimo. In verità noi dubitiamo fortemente che gli Dei abbiano deposto nell'uomo, fin dal principio, la misura di tutte le cose».

 

Naturalmente praticare il vegetarianesimo è eresia innanzitutto stricto sensu, religiosa: la scelta di non mangiar carne costituì uno dei contassegni più propri del cristiananesimo eretico manicheo rispetto a quello canonico, onnivorista alle origini del suo affermarsi come istituzione per differenziarsi e dalle restrizioni dell'ebraismo e come antipagano. «Quanndo si parla degli agnelli che insanguinano stupidamente i pranzi consumistici della Pasqua cristiana – scrive in quello stesso articolo Ceronetti - i vescovi insorgono: è ancora il perduto serpente dell'eresia dualista a morderli. Perché l'eresia catarina è l'ombra di Banquo della Chiesa d'Occidente: sempre ritorna... ». La stessa luce non è sempre portatrice di letizia. Del mattino che inaugura il giorno, per esempio, lo scrittore torinese, in una nota  alla sua traduzione del Libro di Isaia, nel capitolo ventunesimo dov'è riportata la risposta della guardia (“Il mattino che sta venendo è altra notte”), osserva «... Per delle pecore condotte all'alba al macello, è il mattino che viene?». Infine, il vegetarianesimo è eretico anche rispetto a certo diffuso disincanto filosofico illuministico. L'autore dei Pensieri del tè dà, come già fece Elsa Morante, grande responsabilità per lo scatenarsi della violenza antianimalista al razionalismo spinoziano, alla sua degradazione filosofica dell'animale. Scrive di Spinoza in La musa ulcerosa: «... Nec tamen nego bruta sentire. Non gli nega la sensibilità ma, essendo inferiori nella gerarchia della realtà, meno virtuosi di qualsiasi canaglia d'uomo, dei sensibili bruta si può fare quello che si vuole... “La legge che proibisce di immolare le bestie è fondata più su una vuota superstizione e una compassione da femmine, che sulla sana Ragione (Prop. XXXVII, Schol. I, Eth. IV). C'è bisogno di elogiare così la violenza, il sopruso umano? Jack lo Sperimentatore, Claude Bernard, ride contento: ride il principe che corre a massacrare i cervi e l'uomo del mattatoio che trascina l'agnello nella foto di André Abegg; l'allevatore russo di visoni, il distruttore giapponese di balene, il bastonatore canadese di foche appena nate, i professori del “Mario Negri” ridono con Spinoza della vana superstitio... Anche qui ha ragione Schopenhauer: certo Spinoza non sapeva che cos'è l'amore di un cane... Vedo tante piume di struzzo insanguinate e fanoni di balene arpionate e tori trafitti e cani con la trachea sforacchiata, ballare su questo Scolio dell'Ethica».   

Ultimo aggiornamento Lunedì 25 Aprile 2011 21:15
 
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