=L'INDUSTRIALISMO METAFISICO= di Mino Magrone Stampa
Scritto da Redazione   
Mercoledì 08 Giugno 2011 17:51

 

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__________“La razionalizzazione e tecnologizzazione massima comporterà che soltanto alcuni “guardiani dell’automazione” potranno essere considerati lavoratori soltanto perché pagati con un salario. Il lavoro sarà il privilegio di una  èlite per cui ciò che fino a cinquant’anni fa si è creduto vero, nel senso che il maggior tempo libero equivalesse a maggiore libertà, sarà del tutto falso”__________

  E’ diventata una cosa talmente evidente (l’evidenza massima) che persino nei comizietti delle elezioni amministrative ma anche nei talk show televisivi come “annozero” e “ballarò” viene affermata la relazione non conflittuale (non contraddittoria) tra razionalizzazione e aumento della occupazione. E invece dovrebbe essere sotto gli occhi di tutti che non è possibile programmare la più alta razionalizzazione di una società e nello stesso tempo la piena occupazione o la riduzione della disoccupazione. L’Europa ed il Nordamerica sono in crisi ed in allarmante e dilagante disoccupazione non congiunturale. Il postulato della piena occupazione non è più perseguibile e si allontana tanto di più quanto  più alto è lo status tecnologico europeo e nordamericano.

Per il mondo politico italiano ma anche europeo ed occidentale la tecnologizzazione della società non è in contraddizione con la maggior occupazione  e la piena occupazione dei lavoratori. Il sempre più crescente e complesso tecnologicizzarsi della società ci ha da qualche tempo introdotti nella “terza rivoluzione industriale” . Essa ha generato una situazione nella quale il lavoro diventa sempre più raro, sporadico ed occasionale. E’ possibile con il pieno dispiegarsi della terza rivoluzione industriale aspettarsi una esistenza senza lavoro. Ed è altrettanto possibile e plausibile che ciò non comporti un arretramento del tenore di vita. Già è evidente oggi che il 30% dei giovani non lavora. Eppure è altrettanto constatabile che se su cento lavoratori soltanto 70 sono occupati e producono, la loro enorme produttività è tale da far fronte non solo ai bisogni di chi lavora (70 occupati) ma sostiene anche chi è disoccupato (gli altri 30). La razionalizzazione e tecnologizzazione massima comporterà che soltanto alcuni “guardiani dell’automazione” potranno essere considerati lavoratori soltanto perché pagati con un salario. Il lavoro sarà il privilegio di una  èlite per cui ciò che fino a cinquant’anni fa si è creduto vero, nel senso che il maggior tempo libero equivalesse a maggiore libertà, sarà del tutto falso. Tutto ciò si prospetta come un processo inevitabile, dall’andamento irresistibile. Soltanto piccoli politicanti demagoghi promettono ancora e insieme razionalizzazione e piena occupazione. Durante la prima rivoluzione industriale i lavoratori minacciati di espulsione dagli opifici a causa dell’introduzione delle macchine si inventarono un movimento (il “luddismo”) che aveva come suo scopo essenziale quello di distruggere le macchine a colpi di martello. Oggi la letteratura storica, economica e sindacale sorride divertita di fronte a tanta commovente ingenuità. Quasi due secoli dopo riaffiora  dal sottosuolo carsico la problematica alla quale dettero comunque la risposta Ludd e il luddismo. La preoccupazione e la paura del movimento luddista erano logicamente e teoricamente fondate.  Il lavoro, col passare delle generazioni, ha smarrito l’essenziale valore ontologico di  “essente degno dell’esistenza” per diventare “essente indegno dell’esistenza”.

Si è indegni di esistere se non si è materia prima produttiva. Il lavoro ha perso la forza che lo teneva in vita: la sua produttività. Essere è essere materia prima. Questo è il tema metafisico di fondo dell’industrialismo.

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Ultimo aggiornamento Lunedì 13 Giugno 2011 17:46
 
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