=ADDII FUGACI SULLA STATALE 231= Stampa
Scritto da Redazione   
Mercoledì 10 Agosto 2011 11:43

street-prostitute-nest-300x97    Appunti d'estate

di Michele Silvestri

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 La strada provinciale 231 significa il lavoro per me. Quella strada, che nasce da Modugno e sostituisce la statale 98 soltanto in toponomastica, mi offre il suo percorso ogni mattina feriale fino all’uscita per la zona industriale di Corato, distante non molto dal mio ufficio. L’ultimo venerdì prima delle ferie, assolato come un inizio di agosto meridionale comanda, era più vuota: meno auto in coda ai semafori fino allo svincolo per Mariotto e Palombaio, pochi camion in processione verso il nord barese, o in pericolosi rallentamenti per guadagnare uno fra la batteria d’ingressi di aziende senza né distanza dalla provinciale né complanare.

 

 

Prima di lasciare il territorio di Modugno, la solita nauseabonda puzza ti bussa al finestrino e ti entra in abitacolo a mo’ di segnaletica olfattiva; lì non puoi sbagliarti: ecco, l’insegna dell’azienda dei miasmi fa capolino proprio alla tua sinistra.

La zona delle prostitute inizia più avanti, quando la mano dell’uomo ha finalmente riconosciuto l’importanza dell’attuale provinciale 231, donandole doppie corsie in entrambi i sensi di marcia più complanari adiacenti. Proprio al solito posto, su di un tratto di complanare a destra, puntuale come ogni giorno, c’è la professionista più mattiniera: bianca, età non giovanissima e silhouette affatto da copertina, gambe accavallate appoggiate sul muretto della stradina di campagna che si perde fra gli ulivi, e occhi - protetti dall’ombrellone - che sfogliano una rivista. Camionisti e automobilisti possono attendere. E aspetteranno ancor più l’altra, colei che - qualche chilometro più avanti - sta ancora percorrendo la complanare a sinistra in direzione opposta alla mia, tirandosi dietro una roulotte anni ’80, tanto sgangherata in estetica quanto preziosa nella sua funzione quotidiana.

Il nero asfalto viene interrotto dall’oro dei filamenti ormai secchi di quell’erbaccia riuscita a trovare forza vitale negli interstizi liberi dal cemento degli spartitraffico componibili. La stessa forza vitale che guida gli istinti animali non è riuscita, però, a salvare dall’uomo e dal suo progresso ora quel cane, ora quel gatto: stanno sull’asfalto immobili come sacchi abbandonati, apparentemente integri in balia della decomposizione del tempo (quando giacciono per sorte o per mano pietosa a bordo strada), oppure ammazzati ancora una volta ed un’altra ancora fino a disintegrazione completa dall’ennesimo pneumatico che non vuole o non può scansarli. Penso alle mie due gatte di casa, incontrate piccolissime e randagie: pure loro, diventate grandi, sono capaci di balzi predatori e di fughe feline di fronte al pericolo naturale ed umano avvertito; ma anche per loro l’istinto di sopravvivenza sarebbe impotente nei confronti dell’umano artificiale di un’automobile in corsa. Venerdì il corpo del grande gatto grigio tigrato era sempre lì, a bordo strada, con la parte superiore del busto rivolta verso il mio fugace sguardo, zampa sinistra anteriore alzata e arcuata dal rigor mortis, quasi a salutarmi.

Addio amico mio (o amica mia), è pomeriggio inoltrato ed è tempo di tornare a casa per le ferie. Sulla mia destra è tutto un pullulare multicolore di professioniste della strada, spesso accessoriate da casetta di campagna (multicolore anch’essa) con annesso cortile in pietrisco per l’accoglienza delle auto dei clienti, numerosi e familiarizzanti nell’attesa. Più avanti sterpaglie arse dal sole e dalle fiamme, parti di pneumatici slabbrati e abbandonati dove l’asfalto incontra la terra.

Panta rei.

Ultimo aggiornamento Giovedì 29 Dicembre 2011 21:01
 
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