=VENGO DAL MONDO DELLA NON VITA E DEL NON TEMPO. NON TORNO IN ALBANIA MA QUI DOVE VIVO NON SONO IN ITALIA= Stampa
Scritto da Redazione   
Giovedì 25 Agosto 2011 21:26

La seconda parte della conversazione con Besnik Sopoti

[la prima parte - Besnik Sopoti, e tu, chi sei? - è stata pubblicata l'8 agosto 2011.V. anche Modugno, un paese che divora se stesso]

sopoti_pace  

Besnik Sopoti per Sudcritica
______________________

Il cielo deve essere celeste ma può essere che il cielo sia verde e che gli alberi siano rossi. Perché il disegno è pensiero e il colore, invece, è sentimento.

a cura di Nicola Sacco

_________________

La vita di Besnik Sopoti, snodatasi tra colori e dolori, tra intellettuali vittime di persecuzioni, tra Albania e Italia, nello strazio tra nostalgia dell’arte e ostinata negazione della stessa – aspetto che per certi versi e con modalità differenti, si è manifestato e ha dovuto subire anche qui in Italia, a Modugno – è stata anche attraversata da figure verso le quali egli deve sentire grande riconoscenza. Del padre Mazar s’è già detto, e forse qualcuno ancora avrà da riflettere sulle circostanze che lo hanno portato alla morte. Ma c’è Petro Zheji, filosofo e linguista, oltre che mio intimo amicoSopoti lo considera un monumento della cultura e l’ultimo patriota del rinascimento albanese – il quale diceva sempre che il suo desiderio più grande era andare in occidente. Bene, lo ha fatto e, dopo aver vissuto tanti anni negli Stati Uniti, diversamente da me, è riuscito ad avere la cittadinanza americana.

sopoti__1   Besnik sembra tenere molto, in questo nostro dialogo, ad incrociare la parabola del suo grande amico, costringendomi a indagare le ragioni più recondite del suo indugiare su Zheji. Certo, quello che è molto interessante in Petro Zheji è che a un certo punto della sua vita ha deciso di lasciare gli Usa per amore dell’Albania e quindi per tornarvi a sostenere la tesi dell’antichità della lingua albanese. Il suo lavoro è stato sempre in questa direzione: prima della civiltà greca viene quella dei Pelasgi, dai quali gli albanesi discendono e da cui i greci hanno molto attinto (basti pensare che i loro anfiteatri erano addirittura più grandi di quelli greci che noi siamo abituati a conoscere). Dicevo dell’antichità della lingua albanese, Zheji vuole dimostrarne l’antecedenza persino rispetto al sanscrito.

Però continua ad interessarmi di più l’aspetto burocratico che ha reso i percorsi dei due amici così diversi. Per questo pongo a Besnik una domanda retorica: “Tu, invece, qui ti senti straniero?”. No, mi sento italiano in una città che non è italiana. Io sto a Modugno, non sto in Italia perché l’Italia è altrove. Ma, capisci, può essere italiana una città senza un teatro, senza un museo, senza una libreria, senza un cinema? E la biblioteca …, soprassediamo pure su un catalogo sconfortante e dimmi: si è mai vista una biblioteca senza neanche una targa sull’entrata? Tu sei lì, nel palazzo della cultura, sali al piano superiore e ti ritrovi in questa vaga idea di biblioteca senza neanche un cartello, una dicitura che te la indichi. Questa non è solo indifferenza ma anche mancanza di rispetto verso la cultura.Potrebbe darsi il caso che non si tratti né di indifferenza né di mancanza di rispetto ma, più semplicemente, di umiltà e consapevolezza di biblioteca inesistente. Questa è solo una mia spiritosaggine, tuttavia, come è evidente, Sopoti continua, e di proposito, a intrecciare i piani: lo storico, il geopolitico, il biografico e il culturale.

sopoti_2   Soprattutto l’ultimo è il cardine su cui fa ruotare tutte le altre questioni. Come dire che il genere di riguardi che si hanno verso la cultura determina la storia, la provoca e la indirizza. Lo stesso quindi accade in relazione alla politica e ai destini individuali. Dunque la mia impressione, riportata all’inizio di questa conversazione, che non si poteva parlare d’arte senza scivolare in territori non propriamente artistici, adesso prende una forma compiuta. Ho davanti un uomo non banalmente convinto che la cultura sia importante bensì un intellettuale realmente capace di usare la cultura per spiegare le grandi tematiche della vita. A questo punto non resta che immergersi decisamente nell’universo creativo di Sopoti, senza più trattenere anche stolte curiosità. Gli ho chiesto prima se si sentiva più italiano o albanese ed ora invece gli domando se lui è più scrittore o pittore. Questo lo devono dire gli altri. Ad ogni modo, nell’antica Grecia non c’era distinzione tra filosofia e poesia. “I tuoi lavori che sorte hanno. Insomma, vendi?” No, io non vendo. Io compro. Compro l’arte dei grandi maestri ma non faccio commercio. Io vivo per scrivere e dipingere e non il contrario. Non dico questo come pretesto ma come principio di vita. Se tu mi dici «bello quel dipinto, te lo compro per mille euro!», bene, io ti dico di no, tieniti pure i tuoi mille euro. Perché quello che mi interessa davvero non è l’incasso. Preferirei invece un critico qui vicino a me, col quale parlare d’arte e magari svolgere delle riflessioni sul mio lavoro. Dopodiché potrei fare una mostra dove si dice che nessun quadro è in vendita. Questo mi interessa.E i tuoi scritti? Non desideri vedere pubblicate le tue poesie?” Sì, questo sì. Per gli scritti è diverso, perché se io pubblico una raccolta di poesie, con una tiratura di mille copie per esempio, avrò mille lettori. Mentre la pittura è unica: un quadro o è mio o è tuo.

sopoti_4   Frattanto, descrivere quello che gli occhi vedono, quello che ci circonda nello stambugio, nella ‘botte’ dell’artista, sarebbe alquanto impervio. Basterà ripetere che ci sono intere pareti sulle quali sono appesi o semplicemente addossati quadri e ancora quadri, dipinti di varia dimensione in quantità non precisabile, un tripudio di colori. Quanto ai generi attraversati da Sopoti, ai suoi soggetti e alla sua ‘’visione’ pittorica, non resta che lasciar parlare lui stesso. Non sono per la fotopittura ma per una rappresentazione creativa. Per figurazione, in pittura, si intende un tipo di rappresentazione che rimane fedele al modello naturale. Per dissociazione, invece, si ha un tipo di rappresentazione autonoma che si allontana dal modello e che non è imitativa. Io sono per questa concezione della pittura, la quale si manifestò solo dopo l’Impressionismo. Tutta l’arte moderna inizia dall’Impressionismo, percorrendo tra l’altro l’Espressionismo, e se un significato essa veicola è questo: l’arte non è mimetica, non fotografa un modello dato dalla natura. Il colore, per esempio. Il colore è sentimento e non ha niente a che fare, per esempio, col cielo. Il cielo deve essere celeste ma può essere che il cielo sia verde e che gli alberi siano rossi. Come in questa pittura che hai davanti. Perché il disegno è pensiero e il colore, invece, è sentimento.

sopoti_3   “È il mondo interiore dell’artista.” Esatto. Col XX secolo abbiamo una rivoluzione in psicologia con Freud, nella fisica con Einstein, nella musica con Schönberg e con gli artisti espressionisti che ci restituiscono, appunto, il mondo interiore. L’opera smette di essere il frutto dell’impressione del mondo esteriore per diventare il bisogno di esternare ciò che l’artista sente. Il contrario di quanto voleva fare Courbet (la pittura oggettiva). Gli espressionisti vanno dritti alla soggettività. Schopenhauer con Il mondo come volontà e rappresentazione mostra come la filosofia, sin dai primi dell’800, anticipi le tendenze artistiche del ‘900. Il bello, già secondo Kant, non è una qualità dell’oggetto ma consiste in una particolare relazione sentimentale che un soggetto intrattiene con quell’oggetto. Kant, Schopenhauer e Hegel hanno aperto le strade alla pittura moderna. Hegel ha rigorosamente separato, nell’introduzione alle Lezioni di estetica, il valore artistico di un’opera dalla destrezza tecnica, quest’ultima implicata nell’imitazione. Van Gogh è grande non perché sapeva disegnare ma perché lui, con i suoi colori, dava il suo sentire del mondo che aveva attorno. Posso dire che la pura imitazione dell’arte figurativa non si può chiamare arte. Kandinskij dice che nella musica il suono è il suono e così, nella pittura, il colore è colore, e non ha bisogno di alcuna figura. Ascoltiamo Beethoven, Mahler, Rachmaninov, e non abbiamo bisogno di alcuna spiegazione. L’arte mostra, non spiega. La critica poi penserà a dare il giusto valore alle cose. L’opera d’arte non è rispecchio della realtà ma è la realtà di quel rispecchio. Perché la realtà non è il fine bensì il mezzo dell’arte. L’arte comincia dove la realtà finisce. Nei casi eccezionali di Kafka e Munch (rispettivamente con Il Processo e L’urlo) c’è stato il presentimento; essi, nella loro grandezza, hanno cioè presentito che l’umanità andava verso la catastrofe. Infatti, secondo Freud, gli artisti sono i primi ad andare a bere in quelle sorgenti che poi spetta agli scienziati di scoprire. Altro esempio che ha a che vedere con Freud: Edipo di Sofocle – conosci la sua storia, l’assassinio del padre, eccetera – si acceca per tornare nella notte dell’inconscio. Ebbene, Sofocle, duemilaquattrocento anni fa, scopre la psicanalisi. Il figlio che ama la madre e odia il padre per istinto. Freud lo descrive scientificamente con il complesso di Edipo, Sofocle lo fa come drammaturgo. Di Giulio Cesare noi sappiamo tutto, abbiamo saputo tutto dalle innumerevoli biografie che lo riguardano. Ma quando vediamo Giulio Cesare in scena da Shakespeare, abbiamo un moto ed esclamiamo: lui è Giulio Cesare! Questo succede anche perché se sei mosso dalla volontà di comprendere lo spirito del tempo c’è una sola cosa che puoi fare: andare a vedere l’opera d’arte. Da qui, l’importanza dell’Impressionismo, il quale ruppe con la tradizione e con l’accademismo che consideravano le opere d’arte del passato come modelli insuperabili. Le cose non stanno così. Einstein, fisico matematico ma anche violinista, dice che la natura non è creata dalla scienza ma con l’arte. Non è un caso che aggiungesse poi, pressappoco così: « Quando scopro una formula, la scrivo sulla lavagna e se vedo che esteticamente non mi piace la cancello». Allora, possiamo dire con Dostoevskij: “la bellezza salverà il mondo”. E la bellezza è nell’arte, non nella guerra, non in larga parte della politica. I dittatori sono necrofili, gli artisti sono biofili. La creatività è amore per la donna, amore per la vita, amore per il bello. Ecco, infine io vengo dalla necrofilia alla biofilia, dal mondo della non vita e del non tempo al mondo della vita e del tempo. Non torno in Albania.

sopoti_1   “Allora l’Albania è morta?” No, non è morta. Ma per quello che riguarda me, si può tornare indietro nello spazio ma non indietro nel tempo. Non sono un fanatico che in nome della sua patria può uccidere. E nessuna ideologia mi convince.

Parola di Besnik Sopoti, cittadino fantasma di un paese mancato in una patria vagheggiata. Salpato dal buco nero della Storia, la medesima Storia gli ha tenuto in serbo uno scherzo di pessimo gusto: questa bolla asfittica che chiamiamo Modugno.

 

foto Buttiglione/Sudcritica

Ultimo aggiornamento Lunedì 10 Ottobre 2011 17:28
 
Condividi