=POLEMICA LETTERARIA, E NON SOLO, SU DANTE= Stampa
Scritto da Redazione   
Lunedì 19 Marzo 2012 16:34

DANTE

Un tentativo di maxiprocesso alla cultura?

 

di Tony Tundo

____________

 

 

Mancava solo l’indice dei libri proibiti: il neo oscurantismo alla rovescia è compiuto!  Fino al paradosso che il processo, oggi, si fa al padreDante. ''La Divina Commedia - denuncia Valentina Sereni, presidente di Gherush92, comitato di ricercatori consulente speciale dell’ONU - pilastro della letteratura italiana e pietra miliare della formazione degli studenti italiani presenta contenuti offensivi e discriminatori sia nel lessico che nella sostanza e viene proposta senza che via sia alcun filtro o che vengano fornite considerazioni critiche rispetto all'antisemitismo  e al razzismo''.


Ritengo che l’invito a questa sorta di damnatio memoriae della lezione del Poeta equivalga a un invito a compiere un parricidio culturale, ovvero – immaginando l’introduzione dei giovani alla conoscenza della cultura poetica italiana come un corpo organico - significhi voler illustrare le funzioni vitali degli arti e delle propaggini del corpo umano saltando a piè pari la testa. Lo studente avvertito deve riconoscere l’eredità  del Padre Dante nei tempi e nei modi della civiltà letteraria nel mondo da Petrarca a Montale, a Pasolini, a Eliot, a Keats, a Coleridge,  e ricordare che la conoscenza non potrà mai istigare all’odio, che è figlio - al contrario - dell’ignoranza. Ma nella boutade (come la vogliamo chiamare questo bizzarro imperativo categorico?) di Gherush92 c’è dell’altro, perché in un sol colpo vengono spazzate via le ragioni della filologia: Sereni sa che uno dei traguardi dell’Umanesimo fu la lettura scientifica del testo scritto, tale da rendere necessaria e indispensabile la sua collocazione nel contesto storico, geografico, culturale del periodo d’appartenenza per una corretta interpretazione? Curioso dibattere ancora sulla necessità di riaffermare la centralità della figura di Dante, massima espressione della civiltà occidentale, per la vastità e la profondità dei temi affrontati ma anche per il ruolo fondamentale che la sua opera ha avuto per l’esistenza prima e la diffusione poi della lingua italiana. Dante plasma il volgare adattandolo al comico, al grottesco, al lirico, al drammatico, il primo a farlo. Ma forse questo non è messo in discussione, quello che si sottovaluta è che Dante è poeta medioevale e, in quanto tale, cristiano.
Continua la nota dell’associazione ebraica (può un’associazione a base religiosa avere un ruolo di consulente di un organismo sovranazionale come l’ONU?) “Chiediamo, quindi, di espungere la Divina Commedia dai programmi scolastici ministeriali o, almeno, di inserire i necessari commenti e chiarimenti''. Sott’accusa  i canti XXXIV, XXIII, XXVIII, XIV. Sott’accusa l’insegnante che non sarebbe in grado di fare da filtro. Questo è, oltre che intollerabile, sbagliato. Non è vero che il materiale di lavoro a uso scolastico e/o universitario sulla Divina Commedia non sia corredato da opportuni e ricchissimi armamentari critici e documentali. Ce n’è una mole infinita; vadano a rintracciarla e leggano. Non è vero che l’insegnante affidi a una lettura fatta in solitudine versi che senza la sua mediazione sarebbero difficili anche soltanto da parafrasare. Un’accusa gratuita (si legga con quanta sicumera Sereni fa riferimento agli insegnanti).

Leggiamo, noi, i versi incriminati su Maometto (vv.25-27, Inferno, XXVIII):

Tra le gambe pendevan le minugia;

la corata pareva e ‘l tristo sacco

che merda fa di quel che vi trangugia.

Jacomuzzi commenta rintracciando una probabile eco del Vangelo:

Tutto ciò che entra nella bocca, passa nel ventre e di qui nella fogna” Matteo, 15, 17.

Fin qui il lavoro del critico e commentatore, poi quello dell’insegnante che approfondisce e discute con scolaresche oggi multietniche, particolare non irrilevante ma che credo sfugga a Sereni nella sua foga iconoclasta.

Andiamo avanti. Nel canto XXXIV Dante riserva la pena più orribile a Giuda Scariotto,

che ‘l capo ha dentro (una fauce di Lucifero)

e fuor le gambe mena.vv.62-63.

Giuda ha tradito Cristo, ne ha fatto mercato e Dante lo condanna a una pena simile a quella dei simoniaci, Inf. XIX, vv.22-24:

Fuor de la bocca a ciascun soperchiava

d’un peccator li piedi e de le gambe

infino al grosso, e l’altro dentro stava.

Sembra, però, che il XIX canto non scandalizzi la Sereni, la quale appare, se non ignorante, superficiale certamente se non considera il clima religioso che influenza il pensiero dal ‘200 al ‘300.

Senza questo criterio imprescindibile di analisi è verosimilmente facile accusare anche di omofobia Dante. Facile se non si possiede la delicatezza  e l’attenzione di cogliere l’affetto profondo e accorato nell’incontro con Brunetto Latini tra i sodomiti. A me pare un’assurdità, una banale assurdità e, tuttavia, la coscienza di vivere nell’amalgama vischioso e caotico di questi tempi bui permeati da una sottocultura senza più memoria (Bauman lo definisce mondo liquido)  impone una riflessione seria anche su quanto ci può apparire banale: è un segnale che non va trascurato.

Ebbene, Dante deve porre Brunetto Latini nel deserto di fuoco perché il sistema morale glielo impone né c’è alcuna relazione tra la pena e lo status interiore del condannato. Era il ‘300 e difendere suicidi e omosessuali sarebbe stato eretico e dunque qual è l’operazione che fa Dante per riscattare lo spessore morale del suo maestro? Lo scrittore del Trésor sarà perdente dinanzi al tribunale di Dio ma vincente nell’amore del discepolo, Inf. XV- vv.82-85:

e or m’accora

la cara e buona immagine paterna

di voi quando nel mondo ad ora ad ora

m’insegnavate come l’uom s’etterna.

C’è uno studio dell’opera di Dante, in particolare dell’incontro di Dante e Brunetto Latini, che è davvero straordinario.  E’ “Scrivere come Dio” di Olof Lagerkrantz,   ed. Marietti-1983. Il critico svedese si accosta alla poesia dantesca con spregiudicatezza ed estrema libertà di analisi, sottraendo l’opera alla calcificazione di un giudizio che ne fa un “museo” dei vizi e delle virtù. Dubito che il comitato dei diritti umani che ha condannato Dante si sia preoccupato di sentire più voci critiche, troppo occupato a stigmatizzare acriticamente. Mettiamo nell’Inferno Dante, ma seguendo i criteri di giudizio dell’organizzazione Gherush92, il Sommo Poeta sarà in buona compagnia. Qualche nome? Cicerone, Tacito, Seneca, Sant’Agostino, Orazio e ancora ancora. Dei pogrom nell’antica Roma e ad Alessandria contro la razza ebraica, barbara superstitio, ha notizia Valentina Sereni? E’ la Storia. Niente si deve espungere. Niente si può cancellare. Applicare criteri morali nostri,  moderni e politicamente corretti, nella valutazione dell’arte in particolare significa fare un maxiprocesso alla cultura, alla sbarra poeti omosessuali e poeti omofobi; i pittori poi: una genia di depravati e pederasti! Talenti!

Un processo politico. Perciò già prescritto!?

Ultimo aggiornamento Lunedì 19 Marzo 2012 16:59
 
Condividi