Nelle scuole "non hanno tempo da perdere".
Il nercato le osserva. Le professoresse pon pon
di Adele Dentice
Per il Bene Comune - Puglia
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Non me ne vogliano i signori colleghi uomini,
ma mi sembrava più calzante utilizzare il genere femminile per titolare questo mio ennesimo sfogo declinato sull’effimero ruolo che oggi svolge il settore della formazione e dell’Istruzione(!); nel reale nulla ci differenzia, soprattutto siamo così simili nella nostra vocazione corale alla servile sudditanza ideologica dell’accettazione della imperante scuola-progettificio con la giungla di bandi e Fondi strutturali europei, meglio noti come PON.
Le poche menti libere provano a opporre una tenue resistenza ma sono oscurate, come ormai è consuetudine nel nostro civile mondo, mentre la stragrande parte di noi si assoggetta alla liturgia dei PON e alla loro moltiplicazione non certo per rispondere ai bisogni formativi, sociali e culturali degli studenti ma per obbedire solo ad una logica affaristica, sperpero di denaro per offrire il gioco pomeridiano del piccolo danzatore di balli rituali di antiche comunità svizzere, o per emulare le imprese archeo - fantasiose di Indiana Jones, oppure preparare allo studio del latino in 30 ore. Siamo noi docenti il vero flagello della scuola italiana privati della professionalità, stretti dallo stato di insoddisfazione, demotivazione e avvilimento, una categoria di lavoratori abbandonata a se stessa che recita una commedia priva di spettatori. Siamo stati, negli anni passati, responsabili dell’opinione superficiale e mutevole della grande massa dei cittadini sulle complesse funzioni di governo e della politica, siamo stati strumenti di condizionamento mentale di quella antica pratica che assegna il ruolo politico a chi meglio sa cogliere e mitigare gli umori della gente, ruoli dai quali siamo stati estromessi poichè molto meglio e con maggiore minuziosità lo svolgono i media e i più accreditati detentori dell’alta formazione universitaria fritta, ospiti fissi del circo mediatico. Attualmente al corpo docente svuotato della propria funzione educativa e formativa non resta, nel prossimo immediato futuro, che fungere da manovalanza, tramutare le proprie componenti in operatori e assistenti di una scuola informatizzata che diffonde “saperi” strutturati e incanalati in percorsi funzionali al sistema, puniti perchè gli insegnanti hanno mostrato «un'insufficiente comprensione della realtà economica, degli affari e della nozione di profitto», in particolare i professori di scienze cosi dette umane concentrati com’ erano a perdersi tra gli inutili sproloqui dei vari Dante, Leopardi o Montale o peggio ancora nei labirintici circuiti del pensiero filosofico, carta straccia, perdita di tempo, l a conclusione che si impone è quella che industrie e istituti scolastici e universitari devono lavorare «congiuntamente per lo sviluppo di programmi di insegnamento», in particolare con il ricorso al «teleapprendimento», al «teleinsegnamento» e alla messa a punto di «Software didattici» (per l'apprendimento attraverso il computer). ). "L'insegnamento a distanza (...), è particolarmente utile (...) per assicurare un insegnamento e una formazione redditizi (...). Un insegnamento di elevata qualità può essere così concepito e prodotto in una sede centrale, per essere quindi diffuso ai livelli locali, con la possibilità di fruire di economie di scala” (indicazioni della Commissione Europea Il 7 marzo 1990) La scuola del futuro, dopo aver eliminato o ridotto al minimo ogni forma di umanità ormai inessenziale, sarà uno schermo e tante postazioni e qualcuno che sorvegli che le giovani menti vengano insaccate di contenuti virtuali prestabiliti e preconfezionati, bloccando ogni minimo accenno di pensiero critico e creativo; gli insegnanti residuali si occuperanno della popolazione "non redditizia", per intenderci le scuole di periferia nei sobborghi delle grandi città e nel sud, mentre ai migliori servi, trasformati in collaborazionisti, verrà concessa la direzione di una mega scuola pollaio che elargirà ai propri vassalli la soddisfazione del ruoletto di tutor o esperto esterno per racimolare (se gli va bene) qualche soldino, immediatamente prosciugato dalle trattenute e dalla crisi imperante. Questa è l’evoluzione della scuola dell’autonomia preconizzata dal ex-ministro Berlinguer , il distruttore, la cosiddetta scuola democratica che mescola l’autoritarismo dei presidi alle tessere sindacali più rappresentative, che svia il concetto di serietà e merito, contrabbandandolo come derivazione fascio-destrorsa, sostituendolo con il facilismo buonista di sinistra deleterio e distruttivo , legittimando di fatto la classificazione di scuole d’elite o diplomifici , di solito scuole di periferia e scuole private, distorcendo il messaggio di Don Milani che per gli ultimi sognava una scuola seria e per tutti, facendolo diventare l’emblema del cattocomunismo italiano e del suo populismo irrefrenabile. Senza che ce ne accorgessimo siamo giunti tramite il processo di democratizzazione e di smantellamento della Riforma Gentile, altamente meritocratica, ad una scuola ridicolarmente classista che ci propinano come seria e meritocratica attraverso il “controllo” dell’ente non meglio identificato OCSE e delle prove INVALSI, che oltre ad essere pericolosamente invasive sono grottesche e poco scientificamente credibili , a cosa servono quindi? Semplicemente sono il “giusto” strumento di ristrutturazione della scuola, messa definitivamente sotto ricatto poiché legherà alla valutazione il sistema di finanziamento alle scuole pubbliche, statali e private, nel senso che per poter accedere e non venire soppresse i saperi diffusi nei vari istituti attraverso le farse dei curricula dovranno rispondere ai criteri dell'apprendimento aperto e a distanza per rimanere competitivi sul mercato global. “L'istruzione deve essere considerata come un servizio reso (...) al mondo economico. (...) I governi nazionali dovrebbero vedere l'istruzione come un processo esteso dalla culla fino alla tomba (...). Istruzione significa apprendere, non ricevere un insegnamento (...) Non abbiamo tempo da perdere". (Bruxelles 26 maggio 1994 , in occasione del G7 da una relazione della ERT). Purtroppo le mie non sono proiezioni, i modelli americani in cui pochi godono di un sistema scolastico e sanitario eccellente, mentre i ceti popolari sono costretti a mandare i figli nelle scuole pubbliche rottamate, a curarsi negli ospedali pubblici depauperati, sono già sono una realtà. Prepariamoci, quindi, a godere sicuramente di una scuola di massa, composta da individui trasformati in clientes, buoni ad essere forza lavoro e consumatori secondo il modello dell’efficienza della scuola ai fini del mercato, una scuola sempre più povera di risorse e di contenuti, la scuola del fare ancora più americaneggiante di come impostata dai vari governi degli ultimi venti anni, buona a sfornare tecnici e operai in cui prevalgono test e tasti,che restringono la complessità del sapere a veri e propri quiz, con meno cultura e con sempre più strumenti informatici , LIM, che vanno a sostituire libri, gessetti e lavagne che, col latino e il greco,vanno lasciate solo alle scuole d’elite, meglio se private, dove fanno ressa i figli della classe dirigente. Riappare, violentemente e nel settore che più di ogni altro dovrebbe garantire pari opportunità e uguaglianza, la vecchia storia del genere umano diviso in oppressi e oppressori che non si è dileguata con la modernità e la globalizzazione ; lo schiavismo, la colonizzazione, le guerre ancora caratterizzano il nostro tempo anche in forme diverse e mistificatrici, ma non per questo meno atroci; ma ora siamo arrivati al punto più basso con la vergognosa negazione dei diritti dei più deboli, i diversamente abili sia con l’aumento del numero massimo di bambini nelle classi frequentate da alunni con disabilità che con la riduzione di ore degli insegnati di sostegno annullando per una miseria il processo di integrazione scolastica. La pseudo-riforma Gelmini, approvata e sostenuta dall’attuale ministro Profumo, con il suo retroterra di norme e accordi che hanno accomunato i vari governi, nella sua legalità induce a delinquere se consideriamo il principio secondo cui far retrocedere dei cittadini dalla priorità acquisita alla sua negazione significa cancellare i diritti acquisit, significa negare il diritto sancito dalla Costituzione e uno Stato che contraddice se stesso è un crimine. |