=FINE DEL MONDO. SOLIDARIETA' CON I SOPRAVVISSUTI= Stampa
Scritto da Redazione   
Giovedì 20 Dicembre 2012 20:17

di Rossana Gismondi

 ______________________

 


l43-maya-121218153943_mediumSi fa presto a dire fine del mondo: perchè, a Taranto che cosa accade ogni giorno da più di 40 anni?  Svegliarsi e addormentarsi con la polvere rossa in bocca, nei polmoni, sui panni stesi, sulle piante e sugli animali: non è forse il mondo che finisce ogni giorno e chissà come sarà domani? Nel senso che domani potrebbe toccare a te, o al tuo bimbo, di beccarsi un tumore. E  sentirsi ripetere da quelli al comando che ” è tutto nella norma”

 

Come se ci fosse bisogno davvero di un kit per la sopravvivenza, se il mondo finisse. Un controsenso in termini: a che serve il kit, se sei morto?  E se non sei morto, davvero puoi pensare di cavartela (presumibilmente) con una bottiglietta d’acqua pulita, la bussola e due cerotti? Bah!

Piuttosto, se proprio la fine del mondo non arriva pure per te,  augurati che non muoiano coloro i quali motivano la tua vita attuale:  saranno ancora più necessari a motivare quella nuova. E augurati di non ritrovarti tra i piedi quelli che non sopportavi nella precedente.  Schifo era e schifo sarebbe con un nulla di nuovo sotto al sole: fosse pure quello offuscato dalla polvere di qualche centrale nucleare della vicina Francia dissolta come neve al sole.  Si fa presto a dire fine del mondo: perchè, a Taranto che cosa accade ogni giorno da più di 40 anni?  Svegliarsi e addormentarsi con la polvere rossa in bocca, nei polmoni, sui panni stesi, sulle piante e sugli animali: non è forse il mondo che finisce ogni giorno e chissà come sarà domani? Nel senso che domani potrebbe toccare a te, o al tuo bimbo, di beccarsi un tumore. E  sentirsi ripetere da quelli al comando che ” è tutto nella norma”. Fino a che, invece, sempre uno di quelli che comandano, non viene a dirti che sì, è meglio sgomberare il rione Tamburi: lasciare  le case, abbandonare tutto e spostarsi da un’altra parte. Magari una tendopoli perché c’è bisogno di tempo per costruire. Una fine del mondo, tutti i giorni, senza scomodare i Maya.

E chi se ne frega di sopravvivere se non ci sarà nulla per cui valga la pena farlo: ci perderemmo la moltitudine di quelli che, dall’altra parte, ci aspettano da anni o da un minuto . Dio, che voglia di riabbracciarli.  Che cosa saremmo poi, noi sopravvissuti alla fine del mondo? Zombie, guerrieri, eroi come ci insegna la cinematografia di questi anni? Ma per carità, sfigati, ecco cosa saremmo: quanto pesa un fucile mitragliatore?  Quanto sarebbe penoso dormire al freddo, non potersi fare una doccia, non poter accendere un pc?  Specie per chi ha già un’età.

Meglio, molto meglio – se proprio si  deve- tirare le cuoia.  Magari, ecco,  senza farsi troppo male. Una botta in testa, e via. Altro che Kit.

A pensarci bene , un rimpianto ci sarebbe.  Quello di non poterla raccontare, essendo morti.  Il massimo della sfiga, per chi fa questo mestiere: lo scoop degli scoop. Una notizia come la fine del mondo, averla vissuta e non poterla raccontare a nessuno, in quanto morta pure tu.  E se dovessero aver bisogno,  i sopravvissuti, di un giornalista?

Ultimo aggiornamento Giovedì 20 Dicembre 2012 20:47
 
Condividi