=L'ARROGANZA DELLA RAI= Stampa
Scritto da Redazione   
Mercoledì 22 Gennaio 2014 19:17

rai

In nessun altro Paese europeo si assiste al pagamento di un canone obbligatorio a fronte di una pubblicità, esosa, invadente e accentratrice

 

 

di  Pippo De Liso

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La Rai, Radio Televisione Italiana, coi suoi 14.000 dipendenti e i circa 40.000 collaboratori, contende all’Aci, Automobile Club d’Italia, coi suoi oltre tremila dipendenti e oltre cento società finanziarie controllate, il triste primato dell’arroganza. Entrambe sono aziende che, pur nei rispettivi campi di pertinenza (l’emittenza televisiva e il settore automobilistico), si sono radicate così bene nel territorio italiano, si sono così bene parastatalizzate, si sono così ben tutelate sotto un ombrello di orpelli giuridici, da trarre in inganno anche il più smaliziato degli osservatori.

 

Entrambe giocano sporco, specialmente sul piano comunicativo, e lo fanno con un’autorità che intimorisce. Hanno tutto in comune, i rai2due mastodonti italiani, residuati dell’era giurassica, tranne il modo di far pagare le tasse. L’Aci si muove con cautela, mantenendo in piedi una tassa occulta per un Pra (Pubblico Registro Automobilistico) che è l’esatto doppione degli elenchi della Motorizzazione Civile. La Rai, invece, regina dello spettacolo e dell’intrattenimento, della fiction e dell’informazione pilotata, preferisce agire allo scoperto e presentando una tassa, il canone Rai, che, se fosse perfettamente legittima, non avrebbe certo bisogno di un pressing pubblicitario sempre più minaccioso.

Si sente venir meno il terreno sotto i piedi, la Rai, giorno per giorno, specie dopo la caduta, quasi naturale e ormai lontanissima nel tempo, dei canoni radiofonici e dell’autoradio e dopo la circolazione onnivora e globale di Internet e dei social network, anche attraverso aggeggi tecnologici miniaturizzati; pertanto, reagisce con un’aggressività fuori di misura.

E vero che gli italiani non hanno mai amato alla follia il pagamento di un canone perfido come quello della Rai, ma è altrettanto vero che legare una tassa al semplice possesso di un elettrodomestico come l’apparecchio televisivo, è banale e arbitrario. Non solo è venuto meno l’oggetto materialmente inteso (che spesso si rompe e viene buttato via), ma pure il contesto che non è certo più basato sulla fruizione familiare degli anni Sessanta-Settanta. Inoltre, la Rai cammina sul terreno del settore pubblico e di quello privato con tanta disinvoltura che è difficile non accorgersene. In nessun altro Paese europeo si assiste al pagamento di un canone obbligatorio a fronte di una pubblicità, esosa, invadente e accentratrice; altrove, le emittenti, o hanno il canone o hanno la pubblicità. In Italia, caso unico, la Rai è pubblica e privata al tempo stesso e altera sapientemente il mercato perché, fra l’altro, mette i nuovi concorrenti (non quellirai4 già esistenti che si sono adeguati e cautelati) in condizioni di inferiorità e di svantaggio.

Insomma, il monopolio statale della televisione è finito da tanto tempo e gabellare per ‘servizio pubblico’ tutta una serie di azioni interessate e politicizzate significa prendere in giro gli italiani e volerli sottomettere a tutti i costi. Fra l’altro, i programmi sottotitolati per i non vedenti e i non udenti si possono contare sulle punte delle dita e i palinsesti Rai sono sfociati nella subcultura. Il presidente della Commissione Vigilanza della Rai, Fico (M5Stelle) dovrà rendere conto, il 19 marzo prossimo, al Parlamento europeo, della singolarità della televisione in Italia, specialmente dopo che i leghisti (Mara Bizzotto) hanno agitato un po’ le acque contro ‘Roma ladrona’, considerando iniqua la tassa Rai. Succede sempre così: da anni e anni si sa che il carrozzone del cavallo che nitrisce in viale Mazzini è sfasciato e fatiscente; da anni e anni è notorio che molti dirigenti Rai, anziché stare dietro la scrivania e lavorare in silenzio, come in alcuni network americani, o twittano spensieratamente oppure criticano decisioni Rai senza mai dimettersi; poi, all’improvviso, salta su il primo capo-popolo di turno e mette una bandierina sul letame.

Vogliamo parlare di incostituzionalità, di illegittimità della Rai e dei suoi balzelli? L’articolo 9 della Costituzione italiana dice che “la rai3Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica”. Bene, queste parole sono troppo grosse se vengono pronunciate impunemente dal dirigente Rai Gubitosi o dalla presidentessa Tarantola.

Possiamo prendere lezione pure dalla Chiesa che, in quanto a logistica e a modalità di trasmissione dei messaggi, non è seconda a nessuno. In questi giorni, papa Bergoglio, alter ego di papa Ratzinger, nella foga di mettere una parola definitiva sulla burrascosa evoluzione sociale, ha dichiarato: “Bisogna trasmettere conoscenza, trasmettere modi di fare, trasmettere valori”. Bene, non ci sembra che i ‘tutorial’ di Caterina Balivo su Rai 2, per dirne una, siano improntati a questa direttiva.

Chiudiamo con la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea. L’articolo 11 recita: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera”. Bene, il tanto ventilato oscuramento di tutti i canali di un apparecchio “atto od adattabile alla ricezione dei programmi televisivi”, a fronte di un mancato versamento del canone Rai, è una palese violazione delle norme più elementari della ‘modernità’ che includono l’informazione e la comunicazione.

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Ultimo aggiornamento Mercoledì 22 Gennaio 2014 22:58
 
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