"UN UOMO MORIRA' DOMANI, VERO?" Stampa
Scritto da Redazione   
Sabato 19 Marzo 2011 16:21

 

WIESEL_PER_DI_CIAULA

 

foto Wikipedia]

 

 

 di Francesca Di Ciaula
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 “Un uomo morirà domani vero?” interrogò.

Gli confermai che effettivamente un un uomo sarebbe morto all'alba.

“Lo giustizierai tu, no?” proseguì.

 

“Sì, è vero. Mi hanno incaricato dell'esecuzione.”

“E non capisci?” si meravigliò il ragazzino.

No. Non capivo.

“Eppure è semplice”, esclamò. “Siamo venuti  a assistere all'esecuzione. Vogliamo vederti all'opera. Vogliamo vederti trasformato in un assassino. È naturale, non credi?”

“Perchè è naturale? Come può riguardarvi l'esecuzione di John Dawson?”

“Tu sei la somma di ciò che eravamo”, mi spiegò il ragazzino che assomigliava a quello che ero stato un tempo.

“Allora in un certo qual modo giustizieremo noi John Dawson domani all'alba. Tu non puoi farlo senza di noi. Capisci ora?”

Incominciavo a capire. Un atto assoluto, come quello di uccidere impegna non soltanto l'essere stesso ma anche tutti coloro che hanno partecipato alla sua formazione. Ammazzando un uomo, io facevo di loro degli assassini.

“Allora”, ripetè il ragazzino, “capisci?”

“Capisco”, gli risposi.

 

                                                                                 

L'ebreo trasformato in assassino è Elisha, diciottenne da poco reduce dal campo di concentramento di Buchenwald, la famiglia distrutta in Polonia dai nazisti, reclutato a Parigi dai rivoluzionari sionisti ed incaricato di uccidere l'ostaggio, il capitano inglese John Dawson. Tutto il mondo ha parlato di Gerusalemme. Dimostrazioni e petizioni, la serrata trattativa dei sionisti con gli inglesi per la liberazione del prigioniero, l'ebreo David ben Moshe, non hanno condotto a nulla.

Nel serrato spazio narrativo del romanzo, la vittima si trasforma in carnefice. Dietro di lui si muove, ad insaputa dei compagni rivoluzionari, la folla dei dispersi, che fanno la storia personale di Elisha, che a lui appartengono, disperso egli stesso, stesso destino. Alla vigilia della fine del protettorato britannico, la  rivendicazione del nazionalismo sionista, stretta identificazione del popolo ebraico con la Terra d'Israele, continua ad alimentare una spirale di violenza, in cui gli ebrei ora sono vittime, ora spietati attori.

Se sostituirsi a dio per decidere della vita e della morte di un uomo non è facile, non è facile nemmeno uscire da un passato fatto di vite e storie spezzate. Un “passato che non passa”, per dirla col filosofo Remo Bodei, che trascinerà per altri decenni lo Stato di Israele in una guerra per la rivendicazione della propria terra, della legittimità di nuovi confini, fino a disconoscere i limiti della propria dimensione fisica nell'altro, in un altro popolo, quello dei palestinesi, a disconoscerne la sua storia e i suoi diritti, fin nei luoghi più bui della Nakba e poi di altre stragi.

Dolorosa e lucida analisi dell'animo umano e della condizione ebraica, L'alba, scritto nel 1960 e oggi ripubblicato da Guanda, si svolge nella notte che precede l'esecuzione del capitano inglese. Lo Stato di Israele non è ancora nato e la Palestina è la Terra promessa d'Israele. Qui  il movimento sionista organizza la sua lotta contro gli inglesi che mantengono il loro protettorato. Mentre la notte sta per dileguarsi, nella stanza sopra la prigione in cui è rinchiuso il capitano, i ribelli sionisti aspettano di eseguire l'ordine. All'alba l'inglese sarà giustiziato. Ma saranno i fantasmi di morte e dolore, attori e vittime di una tragedia che non riesce ad essere confinata in un passato concluso, le presenze più vere che in quella notte faranno compagnia a Elisha. Sarà lui ora a rivestire i panni del dio della giustizia e della guerra,  toccherà a lui a dare la morte,  lui che ha ancora negli occhi l'orrore di Buchenwald.

 

No, non era facile diventare Dio; soprattutto quando era necessario rivestirlo di uniforme grigio scuro, in uniforme SS.

Ma comunque più facile che giustiziare un ostaggio.

… … …

“Non ti tormentare Elisha”, disse Gad che mi osservava già da un po', dopo aver spento l'apparecchio radiofonico. “È la guerra.”

Avrei voluto chiedergli se Dio, il dio della guerra, portasse l'uniforme. Ma preferii tacere. Pensai: Dio non porta uniformi. Dio è un combattente della Resistenza. Dio è un terrorista.

 

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L'alba di Elie Wiesel, Guanda editore, 2010

Ultimo aggiornamento Sabato 19 Marzo 2011 17:04
 
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