=LA CGIL A CONGRESSO. CHE COSA E' OGGI UN GRANDE SINDACATO?= Stampa
Scritto da Redazione   
Giovedì 26 Dicembre 2013 18:31

Il documento alternativo

“Il sindacato è un’altra cosa”

per il XVII Congresso Cgil

 

di  Pippo De Liso

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Chissà se i bambini, i discoli, i monelli ribelli, ma quelli con tanti capelli, scrivono ancora sui muri: “W la Cgil”. Sicuramente no, se un ex dirigente nazionale come Giorgio Cremaschi, che nella Cgil ha fatto tutto e ha visto tutto, è arrivato a dire: “La Cgil è il sindacato più inutile d’Italia”. Ma come si conciliano queste due opposte anime nell’uomo e come si armonizza la storia gloriosa del sindacato dei lavoratori con il suo presente? Alla domanda ha provato a rispondere lui stesso, a Bari e a Modugno, nella sede regionale della Cgil di via Calace e nel Palazzetto della Cultura, e presentando il documento “Il sindacato è un’altra cosa”, un testo alternativo, in vista del XVII Congresso Cgil, di cui egli è il primo firmatario.

H a provato Cremaschi a spiegare che, malgrado la Cgil sia diventata “una grossa azienda nella quale lavorano 15 mila persone”, un’azienda che bada solo alla sussistenza, all’incremento del suo status, un barlume di speranza c’è, si può sempre trovare uno spazio per dar voce ai lavoratori, dell’industria e non.

E’ un fatto che nello scorso congresso, non solo la mozione “La Cgil che vogliamo” non ha trionfato, ma è stata assorbita dalla mozione egemone; è un fatto che Susanna Camusso (Cgil) e Maurizio Landini (Fiom) venivano percepiti dalla base come due precisi modelli sindacali contrapposti, almeno fino a quando entrambi non si sono messi d’accordo per la spartizione dei posti, degli incarichi (è stato Cremaschi stesso a raccontare che questa pratica, nel gergo sindacale stretto, è definita “rispetto delle sensibilità”); è un fatto, infine, che la percentuale minoritaria dello scorso congresso farebbe arrossire di compiacimento l’attuale gruppetto alternativo. Allora cosa fa credere che il documento “Il sindacato è un’altra cosa” possa attestarsi su una percentuale dignitosa, che possa essere considerato programmaticamente e non invece come una semplice variazione sul tema? Infine, come è possibile sovvertire le regole del gioco imposte dalla classe dirigenziale egemone, giocando con quelle medesime regole? Cremaschi, rispondendo ad alcune obiezioni particolari e anticipandone altre, ha dichiarato, nella sede di via Calace: “Non si può fare sindacato di base prescindendo dai 6 milioni di tesserati Cgil. Il sindacato si fa sui grandi numeri, sui grandi processi”.

Una controrisposta a Cremaschi, puntuta, percutente, di una lucidità impressionante, è venuta da Francesco Maresca, operaio Ilva (Taranto), che ha citato Antonio Gramsci: “Si può anche rompere con i grandi sindacati quando è in gioco l’unità dei lavoratori”. Poi Maresca si è perso un po’ in rivendicazioni discriminanti fra la pesantezza del lavoro nelle cokerie e la leggerezza lavorativa nel settore laminatoi (riduzione dell’acciaio in lamine, fogli, barre, profilati). Pronta la risposta di Cremaschi: il lavoro più pesante di tutti è quello del minatore, al secondo posto c’è quello del lavoratore siderurgico. Al terzo posto, aggiungiamo noi, c’è il lavoratore metallurgico: ma troviamo un po’ assurda questa graduatoria perché le principali imputate di una fatica immane sono proprio le turnazioni che sfalsano i cicli biologici nonché i metabolismi e usurano il fisico irreversibilmente. Comunque, a Maresca, idealmente, ha fatto eco Vincenzo Pecorella, lavoratore grumese della Skf (Zona Industriale), nella sede del Palazzetto della Cultura di Modugno. Egli ha detto che incontra enormi difficoltà nel far capire ai suoi colleghi di lavoro un punto di vista alternativo e tutte le beghe che avvengono nel sindacato più grande d’Italia. Come dargli torto?

Ad ogni modo, ecco i punti programmatici salienti di un documento che va salutato come un neonato in fasce, nell’esposizione di Cremaschi. “Il primo punto alla nostra attenzione è una revisione della riforma pensionistica. Un’analisi dell’Ocse (organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico) dei 30 Paesi più industrializzati, ha rilevato che, col sistema contributivo, è pressoché impossibile andare in pensione, specie nel precariato di oggi. Noi siamo quindi per un ritorno del sistema retributivo, sistema che stabilisce un rapporto, nella vita del pensionato, fra la pensione mensile e lo stipendio ch’egli percepiva quando era in servizio. Ci battiamo anche per l’idea che si possono mettere in discussione le regole nazionali dell’austerità solo tagliando con i trattati dell’Unione Europea. Ci battiamo contro le privatizzazioni. Non possono venirci a dire, con salti di parole, per esempio, che l’acqua è pubblica e il rubinetto è privato. Bisogna ripristinare la gestione pubblica, nazionalizzare le aziende. Com’è possibile che i contadini facciano la battaglia contro la globalizzazione e il sindacato non faccia alcuna manifestazione contro le delocalizzazioni industriali, contro le multinazionali”.

Poi Cremaschi ha riesumato un vecchio cavallo di Troia delle passate lotte, all’insegna dello slogan ‘lavorare meno, lavorare tutti’: “Noi siamo per una riduzione dell’orario di lavoro, non una riduzione emergenziale, ma una riduzione generalizzata. E’ la prima volta che, in tempo di crisi, non si mette mano ad una riforma del lavoro, riducendo l’orario”. Ed ancora, sul sindacato: “Il sindacato deve potersi finanziare solo con le tessere dei lavoratori, non con i fondi pensionistici o con i fondi degli Enti bilaterali: questi ultimi fanno diventare il sindacato un ente parastatale. Siamo per una legge che imponga alla classe imprenditoriale di accettare i sindacati scelti ed eletti dai lavoratori e non quelli che firmano gli accordi”.

Abbiamo trovato parecchio disinvolta l’esposizione di Cremaschi, considerato che i punti illustrati non vertono su aree specifiche, bensì su interi magisteri, politici, sociali, economici del territorio nazionale e sovranazionale. Contraddittorie, infine, le ultime dichiarazioni rese da Cremaschi nel Palazzetto della Cultura di Modugno. Da una parte ha detto e ribadito che "il sindacalista deve fare sempre il suo dovere, un dovere di parte”, dall’altra, l’ha buttata pesantemente sul piano politico: “Noi siamo per la costruzione di un soggetto politico anticapitalistico. C’è una critica al capitalismo che oggi non ha rappresentanza”. Ciò non toglie che la ‘minoranza minoritaria’ di Cremaschi può diventare un’occasione storica di sblocco o attenuazione dei disagi.

Nel convegno di Modugno, una parte importante ha avuto anche la nostra carta costituzionale. Il sindaco di Modugno, Nicola Magrone, invitato a parlare, ha prima delineato “la gestione orribile della Zona Industriale a livello di concessioni” e poi si è soffermato sulla Costituzione: “Non c’è uno strumento più efficace per frenare l’avanzamento di un’Europa deteriore che la nostra carta costituzionale, la quale contiene in sé il diritto di resistere. Ci sono anche molti trattati sovranazionali che, in alcuni punti, possono legittimamente essere contestati dalla Costituzione italiana”. Infine, Magrone, in merito al lavoro, ha lanciato un auspicio su cui non si può non essere d’accordo: “Vorrei che fosse più ricca di fatti questa capacità di resistenza nel mondo del lavoro”. Parole sante.

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Ultimo aggiornamento Venerdì 27 Dicembre 2013 15:29
 
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