=AMIANTO A MODUGNO. IL COMUNE ASSERRAGLIATO NEL SILENZIO= Stampa
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Scritto da Redazione   
Lunedì 18 Giugno 2012 14:40

L'assemblea pubblica di Italia Giusta secondo la Costituzione

Legalità costituzionale e qualità della vita

L’ex cementeria di Modugno come la Fibronit di Bari      

             riprese e postproduzione di Alberto Covella  

La vicenda della ex cementeria di Modugno è come quella della Fibronit di Bari, un luogo pericoloso per il quale da una parte ci sono i cittadini che chiedono tutele e dall'altra amministrazioni, di qualunque colore siano, che latitano”. Lo ha detto il presidente del comitato Fibronit di Bari, Nicola Brescia, comitato che in 13 anni di lotte, al fianco di altri gruppi e associazioni, contro la Fibronit è riuscito ad ottenere la messa in sicurezza d'urgenza e un piano di bonifica definitiva (approvato pochi mesi fa) della fabbrica di eternit che si trova in un’area centrale del capoluogo pugliese. Brescia ha parlato del pericolo della ex cementeria di Modugno il 25 maggio scorso, nella piazzetta dell'ex convento dei Cappuccini, in un incontro promosso dal Movimento Italia Giusta secondo la Costituzione e dalla rivista online Sudcritica che da mesi hanno avviato una campagna a causa delle tonnellate di amianto dell’ex stabilimento, per le quali non è noto il piano di bonifica e smaltimento, e contro lavori di demolizione dei fabbricati che sono in corso senza che - secondo Italia Giusta - siano state adottate cautele per la ricaduta delle polveri e la loro diffusione attorno per chilometri.

 

IMG00338-20111109-1451Amianto nella ex cementeria di Modugno, 2011-2012, foto Buttiglione/Sudcritica

 

 

Pubblichiamo qui, grazie alla nostra pecora nera, un breve storia delle vicende Fibronit e Cementeria. Gli amministratori di Modugno accusano quelli di Italia Giusta secondo la Costituzione di "procurare allarmismo" (testuale, naturalmente). Quelli del comitato Fibronit venivano accusati di "terrorismo psicologico". Fa sempre così, il potere, per quanto sgangherato e impresentabile: fanno le vittime: loro.

 

 

Sono ormai anni che le chiediamo di dire una parola, una.

Ma l'amministrazione comunale finge di non sentire, di non sapere e di non capire.

 

 

di pecora nera

__________________

Nicola Brescia all'assemblea di Italia Giusta

Cara Sudcritica,

 l intervento di Nicola Brescia, presidente del comitato Fibronit di Bari, al convegno promosso da Italia Giusta secondo la Costituzione e da Sudcritica il 25 maggio scorso su “legalità costituzionale e qualità della vita”, conferma - se ve ne fosse bisogno - la gravità estrema della situazione dell’area della ex cementeria di Modugno.

Nelle pagine di questa rivista è documentato in misura sovrabbondante quanto questa situazione sia allarmante e quanto sia intollerabile il silenzio arrogante e insultante dell’amministrazione comunale.

Le iniziative insistite e gli appelli del Movimento Italia Giusta e dei Verdi vengono ignorati dagli amministratori di Modugno i quali, senza alcun titolo, si atteggiano a ‘competentoni’ e dichiarano di essere impegnati in approfonditi studi dei quali nessuno sa una parola in più di queste: stanno studiando.

Quanto siano competenti molti degli amministratori di Modugno è ben noto, e non si tratta propriamente di competenze per acquisire le quali si studia. Quanto siano carenti gli studi di alcuni altri amministratori, anche quelli che si dicono laureati, è altrettanto ben noto: basta aprano bocca per capirlo. In più, e più in generale, si può dire che una buona parte di amministratori e consiglieri di Modugno, da qualche tempo a questa parte, più che studiare viene studiata da guardia di finanza e magistratura.

E questo fior fiore di amministratori, studiosi chini sulle sudate carte, si prendono anche la briga di cercare di tacitare le preoccupazioni e le denunce di Italia Giusta e dei Verdi sulla situazione ambientale (nell’italiano claudicante degli amministratori, le iniziative di Italia Giusta sarebbero censurabili “per procurato allarmismo”; come dire: meglio che vi stiate zitti pure voi e che ci lasciate lavorare nel silenzio, nell’ombra; insomma, fatti nostri).

Ci sarebbe da innervosirsi, cara Sudcritica, non fosse che - come si sa - la vita sempre si ripete e una pecora nera come me, scampata a molti banchetti pasquali al punto da diventare non commestibile, ricorda perfettamente, e in questo caso voglio infliggerle a te e ai tuoi lettori, le vicende che hanno portato alla luce la Fibronit di Bari: ricorda, la pecora nera, che sono passati venti anni dall’inizio delle battaglie per la bonifica della fabbrica barese e per sventare il progetto che al suo posto si costruissero centinaia di migliaia di metri cubi di appartamenti (a Modugno il progetto riguarda case per i poveri per arricchire chi è già ricco - case di edilizia popolare - e a Bari era uguale, sempre con la scusa della riqualificazione urbana…). Pecora nera ricorda che, mentre gli amministratori di Modugno per le denunce di Italia Giusta parlano di “procurato allarmismo”, l’allora sindaco di Bari, Simeone di Cagno Abbrescia, ancora nel 2003, incontrando i giornalisti, criticava le “disinformazioni, che creano allarmismo” (parlava un po’ meglio degli amministratori di Modugno, Simeone, ma il concetto era simile…).

Una pecora nera non commestibile ricorda soprattutto che Italia Giusta è stata protagonista in queste battaglie cominciate quando ancora ilFibronit-Diffida_Italia_Giusta2 Comitato cittadino Fibronit non era nato (il Comitato si costituì nel giugno ’97). Pecora nera ricorda infine che il direttore di Sudcritica, Nicola Magrone, con un’interrogazione parlamentare il 2 febbraio 1995 ebbe il merito di far approdare la vicenda Fibronit di Bari sulla scena nazionale e di ottenere che un ministro della sanità, Elio Guzzanti, in un’aula parlamentare, rispondendo alla sua interrogazione, fornisse per la prima volta i dati e le ammissioni che sancivano la pericolosità mortale della Fibronit di Bari, innescando un processo virtuoso che, benché in vent’anni non sia approdato all’esito della realizzazione di un parco cittadino con la bonifica integrale dell’area, tuttavia ha sventato i progetti edificatori e ha prodotto il riconoscimento giudiziario del disastro ambientale provocato, appunto, dalla Fibronit.

Gli amministratori di Modugno studiano e non sanno neppure raccogliere la monnezza (ecco che significa a Modugno “rifiuti zero”: raccolta differenziata zero, rifiuti indistinti per strada) e dimenticano che le malattie da inquinamento non fanno distinzione tra ricchi e poveri…Intanto affidano, senza “bando di gara” per la modica cifra di 35.000 euro iva inclusa (forse) un incarico per “l’attività connessa alla predisposizione degli atti finalizzati alla procedura di gara pubblica per il servizio di raccolta e smaltimento dei RR.SS.UU. (capitolato, progetto tecnico etc)”: cioè solo per preparare gli atti per la gara per la raccolta dei rifiuti il Comune di Modugno ha già speso 35.000 euro. Non è finita qui: i 35.000 euro saranno dati a questa sorta di consulente per un lavoro che dura un mese e mezzo! 

Per tornare alla Fibronit, certo 20 anni sono tanti. Non è consolante sapere che a Modugno bisognerà aspettare altrettanto tempo per avere garanzie a proposito della fabbrica di Italcementi-Italgen. E altrettanti morti.


La Fibronit di Bari come la cementeria di Modugno 

 

Cara Sudcritica, mi sono già depressa: te la faccio sintetica questa storia della partecipazione di Italia Giusta alle battaglie per affermare la pericolosità della Fibronit di Bari.

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‘Il mostro è sempre lì e la strage continua'
16 di
 cembre 2003 —   pagina 3   sezione: L' ambiente violato

« La verità è che ormai abbiamo soltanto quella specie di coraggio ridicolo chiamato rassegnazione» racconta con un filo di voce, Damiano Scardicchio, 77 anni, «operaio di prima categoria alla Fibronit dal 20 maggio 1947 al 13 febbraio 1980» e costretto a fare i conti con «una grave insufficienza respiratoria. Uno dei tanti, purtroppo...». Sono rassegnati, Scardicchio e tutti quelli che vivono tra i quartieri Japigia, Madonnella e San Pasquale, asopportare la "fabbrica della morte". Come se mai niente e soprattutto nessuno, trovasse il modo di esorcizzarla. Eppure quest' uomo con il volto segnato dai cattivi ricordi e i polmoni che dopo trentatré anni nell' ex stabilimento di cemento-amianto, hanno il colore della pece, non ha il coraggio di uno sciocco disposto a lasciarsi pigliare senza dire parola. «Ho fatto, abbiamo fatto, manifestazioni di protesta, fiaccolate, sono state celebrate messe... Il guaio è che non sappiamo più quali pesci prendere, questa è l' amara realtà». No, non è tranquillizzante quello che accade. Da vent' anni, almeno, di riffa o di raffa un po' tutti in Italia conoscono lo stabilimento-boia di Bari dove già negli anni Settanta, annotava in un' interrogazione parlamentare del 1995 Nicola Magrone, all' epoca deputato dei Progressisti e oggi procuratore della Repubblica a Larino, era stato accertato che più del cinquanta per cento dei dipendenti aveva contratto l' asbestosi, malattia provocata dall'amianto. Roba di un altro secolo. […] «E la gente continua a morire, mentre il "mostro" è ancora là, tanto immobile quanto spietato. Ma tutti rimangono con le mani in mano. Hanno bonificato tanto per citarne una, l' area di Bagnoli. A Bari, invece, non si muove foglia. Ditemi voi in quali atti, in quali gesti dei pubblici amministratori riusciamo a trovare la forza per avere fiducia». Correva l' anno 1994 quando l' operaio di prima categoria spiegò ai carabinieri che quell' azienda con i battenti chiusi dal 1985, sprigionava tossine e seminava cadaveri. Il processo fu istruito un lustro più tardi dopo la denuncia di Scardicchio, che da allora veste i panni del testimone d' accusa: era il 1999, non è finito. Alla sbarra ci sono due ex dirigenti della Fibronit, devono rispondere d' omicidio colposo. Poi, nel 2002, un' altra inchiesta giudiziaria: il pm Roberto Rossi punta il dito nei confronti di cinque fra ex rappresentanti e liquidatori della Fibronit cui contesta di avere realizzato e gestito all' interno del complesso industriale «una discarica non autorizzata destinata allo smaltimento di rifiuti pericolosi»; Rossi stabilisce anche di sequestrare la stessa Fibronit, ma soltanto ad aprile 2003 la Cassazione conferma il provvedimento disposto dal gip Liuni un anno e tre mesi prima. «La giustizia è lenta, forse troppo lenta» confessa Damiano Scardicchio. «Se poi, così come faccio io tutte le mattine, passo a spiare quel vero e proprio vampiro che è la Fibronit e che non smette di succhiarci il sangue, mi accorgo di essere abbandonato perché, ripeto, non fanno nulla per garantire la sicurezza di chi abita da queste parti. Non sappiamo più che cosa fare: siamo avviliti e insieme, impotenti » - [Lello Parise]

2 febbrio 2005. Linterrogazione al Governo di Nicola Magrone 

E' il 2 febbraio 1995, subito dopo la denuncia di Scardicchio alla magistratura, quando Nicola Magrone presenta una interrogazione sulla situazione alla Fibronit.

(ANSA) - ROMA, 2 FEB - Un' interrogazione parlamentare sulla lavorazione di fibre tossiche e sul loro stoccaggio in un'area a cielo aperto dello stabilimento ''Fibronit'', nel quartiere Japigia di Bari, e' stata rivolta ai ministri dell' ambiente e della sanita' dall'on. Nicola Magrone (Progressisti). Nell'interrogazione si ricorda che lo stabilimento fu oggetto di polemiche gia' negli anni '70, quando venne accertato che oltre il 50 per cento dei suoi dipendenti era affetto da asbestosi, e che il materiale adoperato nel ciclo produttivo e' ''notoriamente nocivo''.  Ai ministri si chiede l' adozione di provvedimenti affinche' vengano accertate eventuali responsabilita' ''nello stato di incosciente abbandono'' di questo materiale e se il valore delle fibre tossiche disperse nell' ambiente circostante superi i limiti consentiti. Magrone chiede inoltre se la ''Fibronit'' abbia violato ''le norme relative alla cessazione dell'amianto'' e se, in generale, il governo non ritenga ''indispensabile e urgentissimo disporre che i lavorati in amianto siano tenuti in luoghi che garantiscano la salute pubblica''. (ANSA).

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Alcuni gruppi, partiti e cittadini cominciano a mobilitarsi, anche con picchetti e manifestazioni, e Italia Giusta e Magrone sono con loro, per sollecitare l’avvio di “controlli e di verifiche sull' esatta natura dei materiali depositati nell' area dell' ex fabbrica e sulla loro nocivita' ambientale”.

All’interrogazione risponde finalmente il ministero della sanità, nell’aula della commissione ambiente della Camera dei deputati, il 29 settembre 1995.

Ecco il verbale della seduta, nella quale vengono anche enunciati quelli che erano sino ad allora i punti rilevanti della vicenda:

"La seduta comincia alle 14,30.

5-01476 Interrogazione Magrone: Stabilimento FIBRONIT (BA)
Il sottosegretario Mario CONDORELLI rileva che nell'attuale riparto istituzionale delle attribuzioni in materia sanitaria la risposta del Ministero della Sanità sui problemi igienico-ambientali connessi alla dismissione dello stabilimento «Fibronit » di Bari deve necessariamente fondarsi sugli elementi in materia acquisiti dalla competente Regione Puglia, purtroppo a tutt'oggi non ancora aggiornati.
Attivato da un esposto, in data 24 agosto 1994 il Servizio igiene pubblica dell'allora Unità sanitaria locale Bari/11 effettuava un sopralluogo presso l'area dell'ex stabilimento « Fibronit», in Bari Via Caldarola n. 13.
Vi si trovavano depositate, in cumuli ordinati ivi accantonati dal 1986, circa 170 tonnellate di manufatti in cementoamianto, consistenti in tubi, manicotti e lastre di varie dimensioni, per lo più in buono stato di conservazione.
Gli ispettori operanti prendevano contatto con il Geometra Giuseppe Barile, dipendente della società « Fibronit» e da essa a suo tempo nominato custode dell'ex stabilimento e della relativa area, apprendendone che erano già state avviate le procedure preliminari per la rimozione e per lo smaltimento di tale materiale accantonato, tenendo conto delle risultanze di un referto inerente agli accertamenti analitici effettuati dal Laboratorio «Analysis S.r.l.» su un campione dello stesso materiale in cemento-amianto, attestante che esso, in base alla valutazione delle fibre libere di amianto, deve classificarsi fra i «rifiuti speciali», non «tossico-nocivi». Dell'esito di tale sopralluogo venivano informati la Ripartizione sanità igiene e tutela dell'Ambiente del comune di Bari, la Prefettura e l'Assessorato all'ambiente della regione Puglia.
Un nuovo sopralluogo effettuato il 16 novembre 1994 permetteva di accertare che nella stessa area erano state iniziate le operazioni di rimozione dei materiali senza adottare alcuna precauzione a salvaguardia della salute dei lavoratori e senza darne, come prescritto, preventiva comunicazione al Servizio Igiene Pubblica dell’Unità sanitaria.
Tali gravi inadempienze inducevano il sindaco di Bari, tempestivamente informato al riguardo, ad emettere apposita ordinanza in data 18 novembre 1994, con cui la società « Fibronit » veniva diffidata dal proseguire le stesse operazioni; il 29 novembre successivo essa veniva invitata ad esibire al medesimo Servizio igiene pubblica il relativo «piano di lavoro».
Contemporaneamente si sono svolte analoghe operazioni di controllo del «Nucleo Operativo di tutela ambientale » - «N.O.T.A.» della Provincia di Bari, dal Fibronit_2cui verbale di sopralluogo - trasmesso alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari al pari di quello del Servizio igiene pubblica della locale unità sanitaria - è emersa una effettiva situazione di rischio ambientale.
Sebbene gli elementi così pervenuti al Ministero della Sanità siano incompleti e, soprattutto, non risultino aggiornati allo stato attuale della vicenda, rileva che il Ministero è in grado di precisare che, in data 27 aprile 1995, la società «Fibronit», dopo varie precedenti intese, presentava alla stessa Unità sanitaria - ritenutala competente in materia ai sensi dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 1994 - il definitivo «Piano di lavoro» per la bonifica del proprio ex stabilimento di Bari, con la specifica indicazione delle varie fasi di attuazione, dandone comunicazione alla Ripartizione igiene, sanità e ambiente del comune di Bari, all'Assessorato regionale all'ambiente ed al Settore ecologia della provincia di Bari.
Tale «Piano» veniva così sottoposto al vaglio dell'Unità sanitaria locale - ma, come già premesso, manca ogni conferma degli ulteriori sviluppi - dalla quale avrebbe dovuto, nel frattempo, essere approvato, così autorizzandosi la soc. «Fibronit» a dar corso definitivamente ai relativi lavori.
In base a tale «Piano» la bonifica dell'ex stabilimento «Fibronit» di Bari è mirata alla completa rimozione delle residue presenze di amianto, già individuate nelle coperture in amianto-cemento dei capannoni e nelle residue polveri depositate sulle strutture dello stabilimento, suscettibili di contenere fibre di amianto, ed alla bonifica superficiale dei terreni, che possono risultare inquinati per presenza di amianto. Alla bonifica superficiale del terreno dovrebbe seguire un'indagine di «carotaggio» di esso per individuare eventuali materiali di amianto interrati in passato.
Tale bonifica dovrebbe venire attuata in quattro fasi:
- la prima, relativa alla bonifica delle s t r u t t u r e edilizie e dei pavimenti eventualmente inquinati;
- la seconda, relativa alla rimozione delle coperture in amianto-cemento;
- la terza, alla ulteriore pulizia con idrogetti dei pavimenti, per rimuovere eventuali residui di amianto-cemento dovuti alla rimozione delle lastre di copertura dei tetti;
- la quarta, alla rimozione dei terreni periferici.
Le varie fasi dovrebbero essere attuate, in pratica, senza soluzione di continuità tra di loro, ma in tempi successivi per contenere al massimo il rischio di dispersione ambientale di fibre di amianto.
Fa quindi presente che, con riferimento, in particolare, al rilevamento ed alla corretta valutazione dell'inquinamento interno ed esterno all'area interessata, prima, durante e dopo l'intervento di bonifica, la società aveva da tempo preso contatto con l'Istituto di medicina del lavoro dell'Università di Bari, - anche se ne manca la conferma - con il quale ormai dovrebbe avere già stipulato idonea convenzione.
Per quanto già detto, non si conoscono, a tutt'oggi, neppure le eventuali determinazioni dell'autorità giudiziaria, conseguenti ai ricordati rapporti inviati alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari; tuttavia, l'attuazione del «Piano di lavoro» ora illustrato e della relativa «bonifica» dovrebbero, almeno, assicurare il ripristino dell'igiene ambientale nell'area interessata.
Assicura quindi che si farà carico di seguire da vicino, anche attraverso i responsabili, le fasi di attuazione della bonifica”.

Ed ecco la replica di Magrone:

Fibronit“Intervenendo per la replicaMagrone (gruppo prog.-fed.) rileva che già negli anni '70 si accertò, attraverso apposita indagine, che il 50 per cento dei dipendenti della «Fibronit» erano affetti da asbestosi: a seguito di quella indagine, la fabbrica è stata dismessa dal punto di vista della produzione ma si è proceduto alla frantumazione sul posto di ingenti quantitativi di prodotti, i quali sono poi stati trasportati senza alcuna cautela, con ciò provocando danni anche nell'ambiente circostante la fabbrica. È quindi evidente che si tratta di un problema che si trascina da anni e che ha generato un disagio collettivo. Confida conseguentemente nella assicurazione fornita dal sottosegretario in ordine alle fasi di attuazione della bonifica.

Resta il dato sconvolgente - dichiara poi Magrone ai giornalisti - che la situazione di rischio per la salute di migliaia di cittadini e' da tutti ormai conosciuta senza che nessuno muova un dito”. “Tutta questa vicenda - ha insistito il parlamentare barese - non è tollerabile un minuto di più.

 

Ha ragione Brescia

Ha proprio ragione Brescia: dunque; identica situazione tra Bari e Modugno, identico pericolo, 20 anni dopo: un’area profondamente e assai pericolosamente inquinata, un’amministrazione che finge di interessarsi e non controlla, un’azienda interessata a una bonifica “veloce” e “autoprodotta”, senza avere tecnici altrui in giro tra i piedi e soprattutto a prezzi ridotti, nessuna indagine per l’inquinamento dell’aria e del suolo, progetti di edificazione su un’area sterminata con prospettive di affari lucrosi che verrebbero vanificati se lì fossero piantati pini e cedri del Libano e lecci per farne un parco pubblico… Prescrizioni indefettibili per smaltimento, postsmaltimento, piani da approvare, etc, tutte prescrizioni che a Modugno sono state spazzate via in un batter di concessione edilizia e in un subappalto di un subappalto a una impresa di demolizioni emiliana…

 

Il Comitato cittadino Fibronit nasce il 3 giugno 1997, ma per la bonifica non accade sostanzialmente nulla. A novembre dello stesso anno, dopo un incendio nell’ex stabilimento, i Verdi denunciano che la vicenda della fabbrica è “resa complessa da forti interessi economici per una mega lottizzazione, da disattenzioni e dimenticanze da parte delle autorità sanitarie e amministrative preposte ai controlli e da sospette omissioni e complicità” e chiedono la nomina di un commissario straordinario per le opere di bonifica.

I due anni successivi passano tra manifestazioni e visite allo stabilimento, ma senza sostanziali novità. Nel giugno 2000 approda dinanzi a un giudice il processo scaturito dall’esposto del ’94 di famigliari di un ex operaio Fibronit morto di asbestosi: il processo si è concluso in via definitiva il 20 aprile 2012. Ecco la decisione: la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza emessa dalla Corte di appello barese per l’ex dirigente della fabbrica Fibronit di Bari, l’87enne Dino Stringa di Ozzano Monferrato (in provincia di Alessandria), che è stato condannato a cinque mesi e 15 giorni di carcere per l’omicidio colposo di un ex operaio morto nel febbraio del 2006, Francesco Maggio.

Il meglio comunque viene proprio nell'anno 2000 con l’approvazione da parte di Comune, Regione Puglia e ministero (all’epoca retto da un esponente di Rifondazione comunista, Nerio Nesi) dei piani di riqualificazione urbana (Prusst) che prevedono nell’area Fibronit “due sottopassaggi ed edifici ad uso pubblico e privato per circa 90.000 metri cubi”.

Seguono proteste e incontri sinché è lo stesso Nesi, dopo una visita a Bari in cui gli spiegano che cos’è la Fibronit e in che condizioni sta, a bloccare l’operatività del Prusst, che verrà poi, parecchio dopo, annullato per l’area Fibronit.

Il 4 maggio 2001 si svolge una manifestazione per la messa in sicurezza permanente, l'inedificabilita' e la riconversione in Parco urbano dell'area, organizzata dal comitato cittadino Fibronit in memoria delle 179 vittime dell’asbesto della fabbrica: si chiama “179 fiaccole in memoria dei morti della Fibronit”. Italia Giusta secondo la Costituzione c’e’ anche in questo caso e diffonde questo comunicato:

 

"AMIANTO:FIBRONIT; ITALIA GIUSTA, RESPONSABILITA'AMMINISTRATORI

(ANSA) - BARI, 4 MAG - Il movimento 'Italia Giusta secondo la Costituzione' aderisce alla 'Fiaccolata in memoria dei 179 morti della Fibronit' e sottolinea che la 'questione Fibronit' ''coinvolge responsabilita' ben precise degli amministratori locali, della Regione Puglia in particolare”. […] Italia Giusta si chiede, oggi, a chi va imputata la responsabilita' di tanta noncuranza e brutale indifferenza per il destino di migliaia di cittadini”.

Al riguardo, il movimento ricorda le dichiarazioni sulla pericolosità dell’area che gia' nel '95 il ministero della Sanità aveva fatto in risposta all’interrogazione di Magrone, sottolineando che il ministro aveva riferito inoltre che nel novembre '94 era stato accertato che, “nella stessa area, erano state avviate le operazioni di rimozione di materiali senza alcuna precauzione a salvaguardia del la salute dei lavoratori e senza darne preventiva comunicazione al Servizio di Igiene Pubblica della Usl”.

Alla fiaccolata promossa dal Comitato cittadino “aderiscono Aca, Associazione cittadini e territorio, Acli presidenza provinciale, Associazione Esposti Amianto, Anarres, Anmil, Associazione per la Qualita' della Vita, Arca, Cgil, Citta' plurale, Comitato san Marco, Consiglio pastorale parrocchiale San Francesco d'Assisi, Coordinamento circoli Acli Bari, Coordinamento Lavoratori Firestone, Cumi, Ds, Democrazia europea, Federazione dei Verdi, Italia dei Valori, Italia Giusta secondo la Costituzione, Italia Nostra-Puglia, Laboratorio culturale parrocchia Resurrezione, Laboratorio Urbano, Legambiente, Osservatorio Metropolitano, Comunisti italiani, Ppi - coordinamento di bari, Prc, Rete di Lilliputh, Societa' italiana di geologia ambientale, Uisp, Verdi ambiente e societa'.

 

Prusst_Fibronit-Italia_giustaNel 2002 la magistratura sequestra l’area nell’ambito di indagini avviate per un altro esposto. Intanto il Comitato cittadino e alcuni gruppi (Italia Giusta è ancora con loro) continuano a sollecitare interventi fattivi per la bonifica.

 

"AMBIENTE: SEQUESTRO FIBRONIT BARI; GLI INDAGATI E I REATI 

(ANSA) - BARI, 23 GEN – [Le cinque persone indagate nell'inchiesta che stamane ha portato al sequestro dell'ex fabbrica di cemento-a mianto Fibronit di Bari sono i legali rappresentanti della Fibronit srl, i liquidatori, il direttore tecnico di cantiere nei lavori di ''messa in sicurezza e bonifica del suolo contaminato da amianto'' commissionati dalla Finanziaria Fibronit].  I cinque indagati sono accusati di aver realizzato e gestito, all'interno della Fibronit ''una discarica non autorizzata destinata allo smaltimento di rifiuti pericolosi''. In particolare, secondo l'accusa, essi, in un primo momento avrebbero raccolto nell'area dello stabilimento ''un enorme quantitativo di rifiuti pericolosi (consistenti in scarti della lavorazione d i cemento-amianto, materiali di risulta, fanghi, fibre e polveri di amianto) accumulandoli negli avvallamenti del suolo esistenti nell'area dello stabilimento'' e, successivamente, li avrebbero ricoperti con ''cemento e terra in modo da colmare i dislivelli''.

Sempre secondo il pm inquirente, Roberto Rossi, gli imputati avrebbero inoltre destinato quattro capannoni e una vasta area della ex fabbrica ''alla raccolta di rifiuti pericolosi'' derivanti essenzialmente dagli interventi di messa in sicurezza dell'area. Si tratta di sacchi contenenti 70 metri cubi di scarti della lavorazione di amianto e frammenti di lastre ondulate di amianto, frammenti di lastre ondulate in cemento-amianto di dimensioni variabili, frantumate e comunque in pessimo stato di conservazione, parti terminali di lastre ondulate in cemento-amianto originariamente inserite in

un massetto cementizio costituente il tetto del capannone, in pessimo stato di conservazione, in quanto segate o spezzate in modo da lasciare materiale friabile allo scoperto. Ai cinque indagati viene poi contestato il reato di getto di cose pericolose per aver provocato ''l'emissione e la dispersione nell'aria di polveri derivanti dalla lavorazionedell'amianto, idonee a cagionare danni alla salute dei cittadini''. I reati contestati fanno riferimento al periodo compreso tra il 1985, epoca di chiusura dello stabilimento, e il 23 settembre del '99.


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" RIPRENDIAMOCI LA VERA DIGNITA'

24 gennaio 2002 -   pagina 7   sezione: BARI

 

Gli abitanti del quartiere Japigia sapevano ufficialmente dal 1995 di convivere con la bomba ecologica dell' ex Fibronit: ad annunciarlo non fu un esagitato ambientalista, ma il ministro della Sanità dell' epoca, Elio Guzzanti che nel settembre di quell' anno rispondendo a un' interrogazione dell' allora deputato Nicola Magrone parlò del rischio amianto. Anzi, dell' elevato rischio amianto in un' area densamente popolata. Era la prima volta che un rappresentante del governo osasse confermare i sospetti di chi guardava ogni giorno quei capannoni e ne respirava le esalazioni sin dal 1986, anno di chiusura dello stabilimento che produceva eternit. Solo ieri quegli stessi abitanti di Japigia hanno ottenuto una risposta agli interrogativi e alle paure e solo ieri anche i parenti dei 179 morti di amianto ufficialmente accertati hanno ricevuto uno spicchio di giustizia: quella fabbrica infame è stata chiusa dai sigilli della Procura della Repubblica. Un magistrato s' è sostituito, ancora una volta, all' amministrazione comunale che invece di disporre una ridicola messa in sicurezza con teli di cellophane avrebbe potuto, anzi dovuto vigilare sulla bonifica ordinata a marzo 2001 e non eseguita entro i 60 giorni previsti. Il silenzio ha coperto anche la polvere d' amianto. […] La vicenda dell' ex Fibronit nasconde anche altro. Circa un anno fa il ministero dei Lavori pubblici approvò il Piano di riqualificazione urbana del Comune di Bari (Prusst) che prevede interventi urbanistici nell' area. L' allora ministro Nerio Nesi il 12 aprile 2001 sospese il procedimento di realizzazione del Prusst e decise l' istituzione di una commissione di esperti. Il Prusst prevede interventi di edificazione. In ballo ci sono cantieri e appalti e non solo opere di bene per fiaccolate e cortei. Il dato di fatto è che sia per Punta Perotti che per l' ex Fibronit sono dovuti intervenire i magistrati. E in entrambi i casi il pm è stato chiamato da comitati cittadini spontanei, animati da persone perbene che non hanno tentennato nel firmare un esposto alla Procura per riaffermare il sacrosanto diritto alla salute. Non costituirebbe una grande sorpresa se adesso la Procura intervenisse anche per bloccare il traffico, considerati i livelli preoccupanti di biossido di azoto che un giorno sì e l' altro pure rendono così ridicola l' amministrazione comunale che si affida alle previsioni del tempo invece che a un esperto vero per realizzare un piano traffico europeo. E come tutte le società che hanno bisogno di eroi sono destinate a morire, anche Bari, che necessita dell' intervento dei pm, sta inesorabilmente retrocendo. Se da un lato la maggioranza di governo si dimostra solo di cartapesta, tenuta insieme da patti di sottobosco, dall' altro, l' opposizione viene spazzata via dal vento dei comitati cittadini che si costituiscono quasi giorno dopo giorno. E lo fanno non per fornire al segretario diessino Beppe Vacca sondaggi sui personaggi da candidare per non perdere le prossime elezioni amministrative, ma per non far dimenticare a questa città proprio i motivi per i quali sinora il centrosinistra ha miseramente fallito: ambiente, lavoro, giustizia sociale, solidarietà, difesa del ceto debole. Quelli che una volta chiamavano temi di sinistra. Così il tempo scorre. E in prescrizione rischia di andare non solo un processo, ma anche la dignità. " [Domenico Castellaneta]

Fibronit-Diffida2small

 

Nel 2003 Italia Giusta secondo la Costituzione e associazioni ambientaliste diffidano (per l’ennesima volta) il Sindaco di Bari. Questo, il comunicato che ne dava notizia:

 

PER SCONGIURARE UNA CATASTROFE

Le associazioni Italia Giusta secondo la Costituzione, Lipu, Ruotalibera, Wwf, Adirt hanno fatto notificare dall'ufficiale giudiziario al Sindaco di Bari una diffida perché intervenga, usando i propri poteri sostitutivi, per la eliminazione in emergenza delle situazioni di pericolo all'interno della Fibronit, la "bomba ambientale" che - situata com'è al centro di Bari, con le sue centinaia di tonnellate di amianto - minaccia di provocare, da un momento all'altro, una vera e propria catastrofe ecologica e il rischio della vita di decine di persone. Una catastrofe che, come in molti altri casi in Italia, sarebbe una catastrofe ampiamente annunciata e determinata solo dall'inerzia.

L'iniziativa delle associazioni parte dalla considerazione che "tutti gli accertamenti tecnici finora eseguiti denunciano l'insostenibile situazione di gravissimo pericolo per l'ambiente e per la salute pubblica. Nessuno ormai contesta l'assunto". In particolare si rileva che, anche da una più recente consulenza tecnica fatta compiere dal pubblico ministero che indaga sulla vicenda:

  1. a) è accertata l'assoluta precarietà di alcuni manufatti all'interno della Fibronit il cui possibile ed anzi probabile crollo provocherebbe la diffusione nell'ambiente di polveri di amianto;
    b) e' stato accertato che la falda acquifera è ormai contaminata dall'amianto a dispetto di un'imprudente, inutile e dannosa copertura del terreno con brecciolina ("stabilizzato")".


    Nella diffida si afferma che il Sindaco di Bari deve "intervenire direttamente, in sostituzione e in danno della Fibronit, quanto2paesenuovo_20030115 meno ad:
  1. a) assicurare la inertizzazione dei manufatti pericolanti;
  1. b) impedire l'ulteriore contaminazione della falda acquifera nell'area Fibronit.

Le associazioni aggiungono che, "in mancanza di concreti provvedimenti in termini tecnici già indicati nella consulenza compiuta dal Pm, entro 30 giorni" dalla notifica della diffida "saranno interessate le competenti autorità giudiziarie".

Nel documento fatto notificare al Sindaco si sottolinea che "la drammatica questione Fibronit si tras cina - in modo visibile - almeno dal 1994. Nel 1993, dopo la denuncia-segnalazione di alcuni cittadini, la questione fu posta all'attenzione del governo. Il ministro Guzzanti, rispondendo ad un'interrogazione del deputato Nicola Magrone, riconobbe che da apposite indagini del ministero della sanità il quartiere Japigia di Bari era risultato "ad alto rischio ambientale" a causa di residui di materiale in cemento-amianto nella fabbrica Fibronit dove erano ancora depositate 170 tonnellate di manufatti in cemento-amianto".

Da quell'epoca - rilevano le associazioni - "un impressionante carteggio Comune di Bari/Fibronit ha sostanzialmente avvolto in una formale disputa giuridico-amministrativa il problema sostanziale: il quartiere Japigia di Bari  (e non  solo quello) ha subíto e ancora subisce la devastante presenza di amianto nell'area della ormai ex Fibronit". "La situaz ione - proprio a causa del trascorrere del tempo - diventa sempre piú aggressiva e capace di provocare una catastrofe".
In questa situazione, soprattutto per la messa in sicurezza di emergenza, "tutto è stato detto - si sottolinea nella diffida - ma nulla è stato fatto". "Anche l'ultima ordinanza del Sindaco di Bari (26.10.02) - si rileva - oscilla tra sollecitazioni e minacce alla Fibronit".

Perciò, proprio sulla messa in sicurezza di emergenza le associazioni Italia Giusta secondo la Costituzione, Lipu, Ruotalibera, Wwf, Adirt "rivendicano il dovere (oltre che il diritto) di pretendere che si adottino misure in concreto e non piú solo sulla carta; e che si adottino attivando i poteri sostitutivi del Comune finora sistematicamente minacciati ma mai esercitati ".


Fibronit-esito_diffida_Italia_GiustaLa diffida di Italia Giusta secondo la Costituzione, Lipu, Ruotalibera, Wwf, Adirt sortisce i suoi effetti e il Comune decide di esercitare i propri poteri sostitutivi per la bonifica d’urgenza, visto che la Fibronit non si decide a bonificare. I lavori di bonifica urgente, pero’, cominceranno solo un anno dopo, nel febbraio 2004, disposti dal commissario straordinario per l’emergenza ambientale, Raffaele Fitto (allora presidente della Regione). Frattanto, sempre nel 2004, arriva una condanna per la situazione di inquinamento del suolo e dell’acqua nell’area Fibronit, che aveva prodotto nel 2002 il sequestro, confermato dalla Cassazione, dell’area dello stabilimento:

(ANSA) - BARI, 16 FEB - Una condanna alla pena di due anni di reclusione, un' assoluzione e la confisca dell' area dell' ex stabilimento di cemento-amianto Fibronit di Bari, operativo fino al 1985, sono stati disposti dal giudice monocratico del Tribunale di Bari Francesca Romana Pirrelli al termine del processo a carico di un liquidatore e di un responsabile della societa' Fibronit. Il giudice ha anche liquidato al ministero dell'Ambiente, costituitosi parte civile nel processo, una  provvisionale per risarcimento danni di 5 milioni di euro, 20.000 euro ciascuno alla Regione Puglia e alla Provincia di Bari, 10.000 euromciascuno a Wwf e Codacons; per il Comune di Bari, che non aveva chiesto una provvisionale ma un risarcimento danni di 100 milioni di lire, il danno sara' quantificato in sede civile.  I due imputati erano accusati di danneggiamento per aver distrutto o deteriorato le falde acquifere che scorrono sotto l'area dello stabilimento, inquinandole di fibre di amianto; e di getto di cose pericolose per aver provocato 'l' emissione e la dispersione nell' aria di polveri derivanti dalla lavorazione dell' amianto, idonee a cagionare danni alla salute dei cittadini'. I reati contestati fanno riferimento al periodo compreso tra il 1985, epoca di chiusura dello stabilimento, e il 23 settembre del '99 .

 

Segue nell’ottobre 2005, inaugurato dal sindaco Michele Emiliano, l’avvio dei lavori di messa in sicurezza: 3,3 mln di euro per “la rimozione di 45mila metri quadrati di tettoie in cemento-amianto di copertura dei capannoni; la chiusura di tutti i tombini per impedire l'accesso al sottosuolo dove si trovano fanghi di natura sospetta; l'eliminazione, l'incapsulamento e lo smaltimento dell'amianto che si trova sulle pareti e sul pavimento dei capannoni; la copertura del suolo esterno dei capannoni (impregnato di amianto fino a sette metri di profondita') con materiale stabilizzato”.

Nel gennaio 2007 si conclude la parte più urgente di questi lavori: hanno riguardato complessivamente 80.000 metri quadrati dell'ex stabilimento (torrino e una parte di capannoni), con lo smaltimento di 1.000 tonnellate di rifiuti, di cui 700.000 contenenti amianto e 300.000 contaminati; il materiale compatto e' stato smaltito in Austria e quello friabile in Germania.

Sempre nel gennaio 2007 la giunta regionale pugliese approva ''la variante al piano regolatore generale del Comune di Bari relativa al cambio di destinazione della zona del sito Fibronit''. Il suolo è cosi' destinato ''a verde di quartiere e non piu' a terziario direzionale, cosi' come gia' deciso dal Comune''. Ma due mesi dopo la Corte di Cassazione revoca la confisca dell’area, consentendone quindi la riappropriazione da parte dei privati, motivo che oggi ancora blocca (per una recente sentenza del Tar) la realizzazione del parco pubblico.

Il 24 luglio 2008 la conferenza di servizi a Roma al ministero dell'Ambiente dà parere favorevole al progetto presentato dal Comune di Bari per la messa in sicurezza definitiva del sito ex Fibronit di Bari, inquinato da amianto nel sottosuolo. Il progetto è finanziato per 10 milioni di euro dalla Regione. Bisogna però ancora aspettare tre anni perché il progetto definitivo di messa in sicurezza sia approvato e ancora un anno perché parta. Per essere poi stoppato da una sentenza del Tar  favorevole ai privati proprietari dell’area che si oppongono alla realizzazione del parco…

Di questa estenuante e più che decennale “battaglia” contro l’amianto della Fibronit è amplissima traccia nella stampa.E ancora non si sa come finirà.

 

Ma Le cose vanno peggio per l'area dell'ex cementeria di Modugno 

 

da Barisudovest.it

 

" Ex cementeria: incontro promosso da 'Italia Giusta secondo la Costituzione'

La vicenda della ex cementeria di Modugno è come quella della Fibronit di Bari, un luogo pericoloso per il quale da una parte ci sono i cittadini che chiedono tutele e dall'altra amministrazioni, di qualunque colore siano, che latitano”. Lo ha detto il presidente del comitato Fibronit di Bari, Nicola Brescia, comitato che in 13 anni di lotte contro la Fibronit, fabbrica di eternit che si trova in un’area centrale del capoluogo pugliese, è riuscito ad ottenere la messa in sicurezza d'urgenza e un piano di bonifica definitiva (approvato pochi mesi fa). Brescia ha parlato del pericolo della ex cementeria di Modugno in un incontro promosso dal movimento ‘Italia Giusta secondo la Costituzione’ e dalla rivista online ‘Sudcritica’, che da mesi hanno avviato una campagna a causa delle tonnellate di amianto dell’ex stabilimento, per le quali non è noto il piano di bonifica e smaltimento, e contro lavori di demolizione dei fabbricati che sono in corso senza che - secondo Italia Giusta - siano state adottate cautele per la ricaduta delle polveri e la loro diffusione attorno per chilometri.  

A Modugno, la sera del 25 maggio scorso, Brescia ha sottolineato il gravissimo danno alla salute dei cittadini prodotto dall'amianto, ax_dc maggior ragione se accumulato in quantità rilevanti e in condizioni di deperibilità. “Dati ormai consolidati - ha sottolineato - ma che non hanno peso rispetto alle esigenze delle proprietà di evitare bonifiche costose e smaltimenti quasi impossibili per grandissime quantità di amianto”. D'altro canto, l'amministrazione comunale di Modugno - ha detto tra l'altro Nicola Magrone, presidente del movimento Italia Giusta - per un verso, nega che l'amianto nell'ex cementeria costituisca un pericolo e, per un altro verso, nel “Documento di rigenerazione urbana” col quale ha ottenuto finanziamenti europei per circa tre milioni di euro dalla Regione Puglia definisce l'area una “polveriera ecologica”.
Un'altra analogia tra la vicenda Fibronit e quella della ex cementeria di Modugno Brescia l'ha rilevata nel desiderio “delle proprietà” di edificare in quelle aree, a maggior ragione se cospicue come è la Fibronit (100.000 metri quadrati) e come l'impianto di cemento-amianto di Modugno (65.000 metri quadrati). “Scavare in quelle aree - ha detto Brescia - diventa pericolosissimo, sempre per la diffusione delle polveri, al punto che a Bari si è finalmente deciso di 'tombare’ tutto l'amianto e realizzare nell'area un parco”.
E la realizzazione di un parco pubblico è quanto chiede “Italia Giusta secondo la Costituzione” nell'area della ex cementeria per la quale, invece, esiste un progetto per la realizzazione di oltre 2.000 appartamenti di edilizia popolare, nonostante uno studio del Politecnico di Milano, che ipotizza nell'area l'inquinamento della falda acquifera, e una sentenza del Consiglio di Stato, secondo la quale non può essere modificato il piano regolatore che destina l'area a verde pubblico.

Per “Italia Giusta” anche a Modugno l'amianto ha già prodotto vittime: esiste - secondo il Movimento - un “legame epidemiologicamente verificato da esperti” tra l'inquinamento da amianto “e le numerose manifestazioni tra i cittadini modugnesi delle patologie e delle morti ad esso correlabili”.
indagati

Italia Giusta ha presentato sulla vicenda anche una denuncia alla procura della Repubblica, confluita, pare, in una megaindagine in corso a Bari sull'amministrazione comunale modugnese per appalti in edilizia: vi sono indagati per associazione per delinquere il sindaco Pd, Domenico Gatti, e numerosi consiglieri comunali del suo partito, compreso il presidente del consiglio comunale ed esponenti ex Udc. A quest'ultimo riguardo, Magrone ha ricordato che il 23 maggio Gatti - che è già imputato in un'altra vicenda giudiziaria - ha commemorato Falcone in una scuola: “Noi non siamo giustizialisti - ha detto Magrone - ma pretendiamo, come cittadini, che il sindaco spieghi alla cittadinanza le sue vicissitudini giudiziarie, eviti di porsi come portabandiera della lotta per la legalità ed abbia almeno il pudore di stare lontano da Falcone”. All’assemblea ha partecipato anche Ivano Siciliani, esperto coltivatore di prodotti biologici. Numerosi gli interventi degli aderenti al movimento (tra gli altri, Pasquale De Santis, che ha coordinato l’incontro, Nicola Catucci, Giovanna Crispo, Giorgio Tarquini) e che hanno toccato vari aspetti della “mala amministrazione” a Modugno: dalla raccolta differenziata ferma a poco più del 10% (“una cifra irrilevante”) alla mancata tutela del paesaggio al nessun rimedio contro l’inquinamento da traffico e polveri sottili, al degrado di interi quartieri (“non solo le periferie ma anche il centro storico, tenuto in uno stato di abbandono e a rischio di crolli”), ai servizi sociali (“inesistenti, nonostante uno stanziamento di due milioni di euro di qualche anno fa” e un progetto “finanziato e unico nel Sud Europa di assistenza per i tossicodipendenti”)."

Qualche buona notizia ma non a Modugno

Alla fine di questa promemoria per l’amministrazione comunale di Modugno, va segnalata una buona notizia: buona per i cittadini e non certo per avvelenatori e complici:

26-MAG-2012

[Il Fatto quotidiano]

Fu l’amianto della Fibronit a uccidere gli operai e i residenti nelle prossimità dello stabilimento”. Con una nuova sentenza, la Corte di Cassazione ha confermato quanto sostenuto dalla procura di Bari e quanto recepito nella decisione dei giudici di Appello: Dino Stringa, amministratore delegato e legale rappresentante della Fibronit del capoluogo pugliese dal 1969 al 1981, è responsabile della morte per “mesotelioma pleurico” di un ex operaio morto nel febbraio del 2006, Francesco Maggio. Una nuova vittoria per i parenti delle tante vittime dell’eternit, dopo quella ottenuta a febbraio a Casale Monferrato, dove però la condanna è stata ben più pesante di quella subita dall’ex dirigente dello stabilimento barese che, a 87 anni, viene punito per un solo caso di decesso rispetto agli almeno 13 registrati nel capoluogo barese.

Cinque mesi e quindici giorni la pena inflitta all’ex amministratore di quella che a Bari è stata ribattezzata la “fabbrica della morte”. Lo aveva deciso la Corte di Appello di Bari a marzo del 2011, riducendo la pena di 8 mesi stabilita due anni prima dal Tribunale in primo grado, in quanto per due degli omicidi colposi contestati a Stringa era intervenuta la prescrizione. la Cassazione ha scritto l’epilogo della vicenda, rigettando totalmente il ricorso della difesa.

“L’imputato aveva - scrivevano i giudici di secondo grado - una posizione normativa e funzionale di garanzia dell’incolumità degli abitanti della zona circostante la fabbrica”. La sentenza, quindi, ha riconosciuto la pericolosità dello stabilimento non solo per gli operai ma anche per i residenti nel quartiere Japigia che, non molto distante dal centro della città, ospita circa 80 mila cittadini.

Lo stabilimento era sorto a Bari nel 1933 ed ha chiuso i battenti nel 1985. Nell’area dovrebbe sorgere a breve un parco, non prima che vengano superati una serie di ostacoli amministrativi. Proprio sulla sentenza di primo grado, si legge che già dal 1967 l’azienda dichiarava di aver iniziato opere di miglioria del ciclo di produzione, al fine di salvaguardare l’incolumità degli operai, ma che al tempo stesso “esse furono di lenta applicazione e spesso più apparenti che reali”. Da una delle diverse perizie citate dai giudici, infatti, è emerso come “ancora nel 1984 vi erano situazioni di dispersione di amianto che confermano come sicuramente le opere di bonifica che si davano per acclarate nel 1967 non erano state affatto risolutive”.

Il caso di Bari, passato quindi in giudicato, rappresenta una buona notizia e apre nuove speranze anche per i cittadini di Broni, dove l’Eternit, secondo stime a ribasso avrebbe ucciso 700 persone e le famiglie delle vittime attendono giustizia dal processo aperto a Voghera. 

 

Potrebbe essere una buona notizia anche per i cittadini di Modugno se riescissero, essi per primi, a togliersi di dosso la cappa di omertà, di indifferenza e di rassegnazione imposta al paese da amministrazioni d'affari che da undici anni almeno a questa parte occupano il paese.

pecora_nera 

Ultimo aggiornamento Mercoledì 20 Giugno 2012 16:42
 
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