=SE LE VITTIME NON HANNO GIUSTIZIA= Stampa
Valutazione attuale: / 0
ScarsoOttimo 
Scritto da Redazione   
Venerdì 02 Novembre 2012 19:55

 

" Difendere vittime innocenti

è un’impresa difficile

parla Nicola Magrone

di Michele Mignogna

"

[da ilgiornaledel molise.it]

 

I Molisani lo conoscono bene, Nicola Magrone, già Procuratore capo della Repubblica di Larino in Molise; si è occupato di diversi processi, uno su tutti, quello sul crollo della scuola di San Giuliano di Puglia, in cui dimostrò, anche in totale solitudine come dice lui stesso, che non fu il terremoto a far crollare la scuola, schiacciando e uccidendo i 27 bimbi e la loro maestra, ma fu la superficialità con cui si costruì quella scuola. A dieci anni da quel terribile giorno.

Dottor Nicola Magrone Pubblico Ministero nel processo sul crollo della scuola Jovine di San Giuliano di Puglia, 27 bimbi e una maestra morti sotto le macerie, un crollo che come dimostrato, è dipeso non solo dal terremoto ma anche da un’errata costruzione della sopraelevazione. Senza voler fare retorica, ma quel processo per lei cosa ha significato?

La sua prudenza nello scongiurare l’abuso della retorica in vicende di quel genere io la condivido: di retorica non se ne può più. Per me, la vicenda del crollo della scuola di San Giuliano fu uno dei casi di straordinaria drammaticità umana e sociale che con estrema difficoltà si riuscì a portare nelle aule di giustizia. Ne ho attraversate parecchie di situazioni di quel genere nel corso della mia attività di magistrato. Lei non ricorderà, forse, la vicenda del “pastorello di Altamura”, negli anni settanta. Fu venduto dai genitori al “massaro” e lui, il pastorello Michele, si uccise sulla Murgia. Una fatica nei tribunali: si voleva che si dicesse che era stato ucciso da ladri di passaggio; era il modo per rintanarsi nella categoria della fatalità e non di precise responsabilità umane. Ricorderà la terribile vicenda di Palmina, la ragazzina di Fasano bruciata viva perché non volle prostituirsi; denunciò in fin di vita i suoi assassini ma i giudici non le credettero e la inchiodarono nel ruolo di calunniatrice. Ecco: difendere le vittime di soprusi e di violenze inaudite è sempre un’impresa difficilissima quando si portano le singole storie al cospetto della giustizia. Le vittime, dopo l’attimo della commozione, diventano un fardello insopportabile, le si vedono come postulanti noiosi di giustizia, un fardello insopportabile, la prova di un rimorso che si vuole rimuovere. I bambini di San Giuliano e la loro maestra non sono sfuggiti a questo destino: dietro di loro, come dietro il pastorello e dietro Palmina, si rischia di scoprire scenari terrificanti che nessuno si azzarda ad esplorare. Non a caso, del crollo della scuola, come degli altri casi, mi occupai in totale solitudine. Che cosa ha significato, dunque, per me il ”processo di San Giuliano”? esattamente questo: la solitudine

C’è qualcosa che avrebbe voluto fare meglio, approfondire di più qualche aspetto, oppure il risultato è quello che sperava?

Tutto avrei potuto far meglio. Avrei potuto, per esempio, denunciare, appunto, la solitudine nella quale fui lasciato in un piccolo ufficio di periferia. Non lo feci: preferii ancorarmi al diritto di giustizia che mi veniva richiesto dai genitori delle vittime. Mille volte, schiacciato da un’impotenza istituzionale stordente. Le ricordo che accadde anche che un procuratore generale si abbandonò, in una delle sue inutili e rituali relazioni per inaugurare l’anno giudiziario, ad osservare che, in fondo, il mio compito era quello di attendere le conclusioni dei periti per farle mie; insomma, non avevo da lamentarmi, bastava attendere. Preferii lasciarlo perdere, lui e la sua “scuola di pensiero” sul ruolo dei giudici, burocratico, muto, appartato; inutile.

Lei ha definito il terremoto molisano come un “terremotino”, eppure sono 10 anni che sentiamo parlare di ricostruzione, contributi e via dicendo. Questo terremoto c’è stato o no?

Certo che ci fu. Il problema fu che si tentò di far passare quel terremoto come devastante. Più grande il terremoto, più grande la ricostruzione. Lei ricorderà che mi permisi, allora, di segnalare che sul processo incombeva un “partito della ricostruzione”, scatenando così le ire e le suscettibilità di quanti dalla ricostruzione dilatata e senza regole si attendevano un futuro luminoso; per loro. Il terremoto non fu quello che si voleva rappresentare; colpì un cratere ben definito in  un grappolo di paesi attorno a San Giuliano. Anche le parole, però, si dilatarono e il “cratere” divenne area quasi coincidente con tutto il Molise ed oltre. C’è voluta una vera e propria battaglia giudiziaria per approdare alla verità storica degli accadimenti: la scuola non crollo “a causa del terremoto” ma “in occasione del terremoto”; crollò per cause sue strutturali al primo insulto delle scosse. Oggi è questa anche la verità giudiziaria.

Lo sa che in quasi tutti i Comuni del cratere, i 14 centri più colpiti dal sisma, le scuole non sono ancora ricostruite? Lo sa che a Larino, Rotello, Colletorto, Santa Croce di Magliano e Bonefro, i ragazzi vanno a scuola nei prefabbricati, mentre in alcuni comuni in cui il terremoto l’hanno visto solo in televisione sono state ricostruite?

Le calamità naturali comportano l’affinamento dell’acume speculativo. La politica (per usare un’espressione oggi di moda perché tutto nasconde in una generica responsabilità) rincorre il consenso, comunque, a tutti i costi. E quale miglior modo di ottenerlo, questo benedetto consenso, se non distribuendo denaro pubblico alla cieca e non tanto?; calibrando, invece, aree, clientele, ceti sociali. Vi sono ormai anche su questo precise verifiche giudiziarie. Contrastare questo andazzo, tuttavia, è compito indiretto della giustizia; combatterlo frontalmente è compito della società e della “politica”. Ma la politica, si commuove un attimo ad ogni strage e passa subito ad altro, anche grazie alle stragi. Un circolo vizioso che non si riesce a spezzare. Lei, da bravo giornalista, lo sa meglio di me.

Perché, non solo il Molise, ma l’Italia intera, ha ancora difficoltà a costruire scuole degne di questo nome e in totale sicurezza?

Io credo perché la sola parola “pubblico” ha ormai, non da oggi, il significato di “negativo”; dalle scuole agli ospedali: luoghi di baratti clientelari e speculativi. Ma non solo: la schizofrenica china “liberista” porta a favorire, a privilegiare la “mano privata” invocata come strumento giusto ed equilibrato  di “redenzione sociale”; un inganno insistito dal momento che la “mano privata” è sostenuta da quella “pubblica”. Insomma, un sistema “misto” di pubblico e privato, nel quale il privato vive del pubblico e il pubblico è al servizio della politica peggiore (il Molise, ma non solo il Molise, insegna; la stessa “lezione” la danno il Lazio, la Lombardia, la Puglia e così via).

Lei si chiederà e mi chiederà che cosa c’entrano i bambini di San Giuliano con tutto questo. Io credo che essi c’entrano più di noi stessi; essi dicono questo gli attimi nei quali si riesce a sottrarli alla commozione dell’occasione. A sentirli bene, piegandosi su di loro, si sente che essi dicono questo. Non crede?

 

Ultimo aggiornamento Venerdì 02 Novembre 2012 20:30
 
Condividi