=LA CEMENTERIA DEI RIMORSI E DEI MORTI seconda parte= di Nicola Magrone= Stampa
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Scritto da Redazione   
Giovedì 22 Settembre 2011 17:43

di Nicola Magrone

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La "bonifica" che tiene tranquilli (gli amministratori di un paese mancato)

(riprese e foto amatoriali di Giovanni Buttiglione/Sudcritica - montaggio di Nicola Sacco e Alberto Covella/Sudcritica)

 


Preg.mo Procuratore, conscio della preziosità del Suo tempo

vorrei umilmente sottolineare che lo è anche il nostro, ancorché precario.

 

 

  

Preg.mo Sostituto Procuratore della Repubblica di Bari

Via Nazariant 1

70100 BARI

 

Si è soliti dire in genere che il tempo è galantuomo, ma a volte è tiranno!

La prego di voler leggere d’un fiato questo appello.

Sono Giuseppe Loiacono e faccio riferimento all’esposto denuncia di inadempienza ai sensi della L. 241/90 da noi presentata e depositata come da Lei suggerito, presso la Sua segreteria, firmato sig.ra Giustino il 22 febbraio 2005.

Sono quello della “ITALCEMENTI – Modugno” a ricordarLe che ancora esisto e che è stato Lei a gratificarmi di credibilità e attendibilità della documentazione da me prodotta, sono sue parole, sul “mostro obsoleto di amianto” a ridosso del centro abitato di Modugno, sulla provinciale che conduce a Bitetto.

Da decenni quel manufatto va disgregandosi in polveri sottilissime contenenti anche fibre di asbesto che trasportate dal vento vengono quotidianamente inalate dagli abitanti del territorio con conseguenze già da noi descritte in suo possesso.

Caro Sostituto Procuratore,

Le affido un messaggio di speranza, mio ufficiale, ma anche di altre circa cinquecento persone, le cui firme Lei conserva, a protezione del bene primario, la salute propria e dei figli: non so per quanto tempo ancora potrò sollecitarLa.

Mi sono immedesimato a tal punto e credo tanto in questa iniziativa da poterLe fornire una ulteriore prova della veridicità di quanto da noi sostenuto.

Per diretta connessione, o contiguità, con la fonte di rischio (è difficile stabilirlo senza adeguate indagini che Lei potrebbe promuovere) da oltre quindici anni la gente del territorio continua ad ammalarsi, in crescita esponenziale, di patologie tumorali, specie polmonari ed ematologiche.

Da circa un mese, dopo breve periodo (qualche settimana) di stato di malessere, mi è stata diagnosticata una grave patologia tumorale del midollo osseo e mentre scrivo sto praticando il primo ciclo di chemioterapia e cortisone.

Non voglio coinvolgerLa emotivamente ma mi piacerebbe veder realizzata e condotta a termine l’iniziativa finalizzata alla soluzione della problematica a Lei nota.

Le allego copia del mio cartellino clinico rilasciato dall’Istituto di Ematologia dell’Università di Bari (ne faccia l’uso che riterrà opportuno) e quello di un altro cittadino del territorio comunale operato (anch’egli in questi ultimi due mesi), pare con successo, di una forma ibrida di mesotelioma pleurico.

Conscio della preziosità del Suo tempo vorrei umilmente sottolineare che lo è anche il nostro, ancorché precario.

Se avrà letto quanto sopra La ringrazio, se darà seguito ai precedenti solleciti e a quest’ultima mia, Le saranno grati i cittadini di Modugno.

La saluto cordialmente. Giuseppe Loiacono

 

[Questa lettera mi è stata consegnata dal dr. Nicola Loiacono, figlio del dr. Pinuccio Loiacono, con l’autorizzazione a pubblicarla su Sudcritica.it Lo ringrazio con la stessa amicizia che mi legava a suo padre. n.m.]


LE ORDINANZE SUICIDE DEL SINDACO DI MODUGNO

E LA DOMANDA ALLA QUALE EGLI NON DA’ UNA RISPOSTA



La situazione drammatica descritta nella prima parte [pubblicata in Sudcritica.it il 15 giugno 2011] di questa inchiesta documentaria vide il Comune di Modugno e le sue amministrazioni [quelle che hanno accompagnato il paese fino a maggio 2011 per essere strutturalmente riversate - per qualità politiche e morali - nella “nuova” che ha cominciato a balbettare qualche sillaba sconclusionata a giugno] impegnati in una serie di iniziative, intorno all’area della cementeria di Modugno, destinate ad essere fatte a pezzi dalla giustizia amministrativa.

Bisogna, prima di dar conto dell’esito di tali iniziative del Comune di Modugno, ricordare e sottolineare che l’adozione di provvedimenti manifestamente destinati ad essere travolti anche dal più superficiale dei controlli di legalità fu una vera e propria strategia amministrativa delle amministrazioni degli ultimi dieci anni (il caso Turbogas ne fu l’esempio più drammaticamente vistoso). Insomma, il Comune, al cospetto di qualsiasi problema, provvedeva e lasciava che i provvedimenti si perdessero davanti ai giudici amministrativi essenziale essendo - agli occhi degli amministratori - far vedere che si faceva qualcosa, inutile e tuttavia adeguatamente propagandata da cronisti di regime e da gruppi organizzati di sedicenti ecologisti rumorosamente turbolenti e ossequiosamente ubbidienti ai voleri del potere locale.

Esattamente dentro a questa scuola di pensiero e di azione politica si andarono ad iscrivere le ordinanze del sindaco di Modugno, tutte travolte dal giudizio del Tar, intorno alla questione cementeria, con i risultati dei quali qui, per quello che è possibile, si dà conto.

1.

GLI STRAMPALATI PROVVEDIMENTI DEL SINDACO

e I RICORSI FORTUNATI DI ITALCEMENTI

 

Ricorso della Italcementi spa al TAR Puglia per l’annullamento dell’ordinanza 25 gennaio 2003 [v. la prima parte di questa inchiesta, par. 2 lett. B] del Sindaco di Modugno con la quale, “in considerazione di quanto segnalato nell’informativa 29 novembre 2002 del Servizio controllo ambiente della Provincia di Bari indirizzata alla Procura della Repubblica di Bari [v. la prima parte di questa inchiesta, par. 2 lett. A] si ordinavano


alla Italcementi spa le operazioni di messa in sicurezza di emergenza e l’adozione di adeguate misure di sicurezza e sorveglianza entro e non oltre quindici giorni dalla notifica dell’ordinanza stessa nonché di provvedere entro trenta giorni dalla stessa notifica alle operazioni di bonifica e ripristino ambientale dell’intera area secondo le modalità previste dall’art. 17 del D.Lgs n. 22 del 3.2.1997 e dall’art. 4 del D.M. n. 471 del 25.10.1999”;

con l’avvertimento che,  in caso di inadempimento, si sarebbe provveduto d’ufficio

con maggiori spese da imputarsi al committente; fatte salve le sanzioni amministrative e penali”.

Naturalmente, l’Italcementi spa chiedeva al Tar Puglia l’

annullamento di ogni altro atto consequenziale, presupposto e/comunque connesso, e segnatamente, ove occorrer possa, della relazione n. 1873/11/CA del 20 dicembre 2002 redatta dal Nucleo Operativo di Tutela Ambientale Servizio ‘Controllo ambiente’ della Provincia di Bari [v. la prima parte di questa inchiesta, par. 2 lett. A] di cui allo stato si ignorano i contenuti”.

Si ricorderà [v. la prima parte di questa inchiesta, par. 2 lett. A] che la indigesta relazione evocata dalla Italcementi aveva concluso descrivendo una situazione apocalittica che qui vale la pena ricordare per capire di che cosa si sta parlando:

All’interno dell’opificio industriale esiste una cava inattiva per l’estrazione del materiale calcare. Al limite della cava in direzione del cancello d’ingresso, è situato un impianto di frantumazione in muratura il cui perimetro esterno si sviluppa a forma di grigliato per consentire l’aerazione dei locali. Le lastre sistemate orizzontalmente sono di materiale cemento-amianto”; “Nello stesso impianto, è alloggiato un nastro trasportatore che parte dall’impianto di frantumazione e arriva in cementeria. Il nastro trasportatore è ricoperto e tamponato anche lateralmente da lastre ondulate in cemento-amianto. In sito esistono anche condotte pluviali dello stesso materiale (cemento-amianto)”; “Reparto di macinazione: si compone di ventole di aspirazione sistemate sul suolo con quattro grosse condotte collegate alla base che in elevazione raggiungono all’incirca 16 mt sino ad arrivare al piano superiore, dove sono alloggiati i filtri di depolverazione tutti rivestiti di amianto isolante del tipo floccato, ovvero usurato friabile nel tempo che, peraltro, si sgretola con la sola pressione delle mani”; “Il rivestimento che contiene amianto ha uno spessore medio di cm 5 circa ed è degradato nella maggior parte della sua lunghezza; in molti punti risulta sbriciolato, comunque debolmente legato, quindi potenzialmente in grado di rilasciare fibre libere a causa del cattivo stato di conservazione. Attraverso i percorsi di accesso ai capannoni possono altresì verificarsi altresì flussi d’aria dall’esterno verso l’interno che possono provocare la fuoriuscita di fibre”; “Nel reparto forni è concentrata la maggior parte di amianto coibentato, ovvero rivestimenti isolanti di tubi, condotti e cicloni di abbattimento, tutti rivestiti di amianto. Il reparto è in cattivo stato di conservazione generale; alcune tubazioni sono smontate ed adagiate sul suolo e sono fortemente sfibrate. Le tubazioni, che sono di diverso diametro, in media hanno uno spessore di 5 cm di amianto circa. Inoltre, parte del perimetro esterno del capannone è realizzato con lastre sagomate di cemento-amianto. Da verificare se il terrazzo è rivestito con guaina impermeabile del tipo catrame-amianto; attraverso i percorsi di accesso ai capannoni possono altresì verificarsi altresì flussi d’aria dall’esterno verso l’interno che possono provocare la fuoriuscita di fibre; “Reparto di macinazione di materie prime: si compone di piano terra, primo e secondo piano. Nel reparto esistono molini per la macinazione e ventole di aspirazione con collegamento di grosse tubazioni che in elevazione raggiungono 20 mt circa. Le stesse si collegano ad un elettrofiltro in metallo sistemato secondo il piano. Il rivestimento è del tipo isolante floccato in cattivo stato di conservazione, in molti tratti resa friabile. All’interno del predetto reparto sono sistemate al piano terra 10 vasche in cemento amianto in discreto stato di conservazione. Attraverso i percorsi di accesso ai capannoni possono altresì verificarsi altresì flussi d’aria dall’esterno verso l’interno che possono provocare la fuoriuscita di fibre”; “Sala caldaie: si compone di tubazioni e serbatoio di contenimento tutti rivestiti con materiale in amianto. Il rivestimento è friabile nelle parti degradabili; “E’ da verificare se alle pareti interne dei vari capannoni visitati sono stati applicati nel tempo intonaci con impasti spruzzati a base di amianto”; “Tutti i capannoni visitati sono igienicamente inaccessibili. A parte le macerie esistenti all’interno e le tubazioni smontate, che sono rivestite di amianto sgretolato, altro rischio rilevato è quello delle polveri diffuse e i pavimenti che sono saturi di polveri di cemento (e forse non solo cemento). Considerato che l’amianto floccato esistente nello stabilimento non è uniforme né tantomeno intatto, elevato appare il rischio di rilascio di fibre anche negli ambienti esterni (all’esterno lavorano al momento una decina di operai) a causa di correnti d’aria o flussi d’aria in grado di sollevare la polvere di cemento dal suolo”; “La localizzazione dei rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato nella realtà delle cose appare ben più grave di quanto si presenta a prima vista; “l’amianto sotto forma di floccato-friabile e/o debolmente legato e/o compatto-usurato a rischio di usura è proprio tanto e che in generale è pari a svariate e svariate tonnellate”; “ai sensi del DM 5 settembre 1994 l’azienda è inserita nell’elenco delle industrie insalubri di cui all’art. 216 del TU delle leggi sanitarie - Amianto: industria insalubre di 1° classe di cui al punto 9 dell’elenco B come prodotti e materiale che lo contengono sia nella produzione che nell’impiego.

Le ragioni poste da Italcementi a sostegno del suo ricorso al Tar Puglia contro l’ordinanza del Sindaco di Modugno furono essenzialmente queste, tutte raccogliendosi in un concetto semplice: abbiamo fatto e stiamo facendo tutto quello che dovevamo e dobbiamo fare per bonificare l’area della cementeria.Tu ci ordini di fare tutto e immediatamente e questo, come sai, è impossibile.

Eccole, queste ragioni più analiticamente e comunque in sintesi:

a) Nel giugno 2002, l’area che qui interessa è stata ceduta da Italcementi spa a Italgen spa la quale ha in seguito concesso in uso alla prima alcuni terreni e immobili facenti parte del suddetto complesso industriale, al fine di permettere la prosecuzione dell’attività di Centro di Consegna utilizzando parzialmente i fabbricati già costituenti la cementeria”;

b) L’esigenza di risanamento del sito è emersa in relazione alla presenza, nello stabilimento, di materiali contenenti amianto-MCA, evidenziata a seguito della redazione di schede informative per la valutazione del rischio, il controllo, la manutenzione e la bonifica dell’amianto di cui al D.Lgs 6 settembre 1994”;

c) Il programma di bonifica è stato di conseguenza elaborato alla luce dell’effettivo stato di conservazione dei manufatti interessati (…) con la previsione di tempi e modalità adeguate alle diverse priorità in tal modo individuate”;

d) Il primo intervento, riguardante un capannone in metallo ed una passerella di alloggiamento di un nastro trasportatore, è stato sottoposto (…) all’esame della Ausl BA4 la quale ha espresso, con nota 2973 dell’11 maggio 1999, parere favorevole. Le operazioni sono state ultimate nel luglio 2000 come dimostrano i relativi formulari di identificazione rifiuti”;

e) Successivamente è stata altresì effettuata la bonifica e la rimozione dei materiali contenenti amianto presenti in diverse aree e segnatamente in quelle relative all’ex parco forni, all’ex bacino di deposito dell’olio combustibile, all’ex sala di condizionamento dell’olio combustibile nonché del materiale presente nella tettoia di copertura dell’ex parcheggio auto dipendenti. Anche in questa occasione, i piani di lavoro sono stati approvati dallo Spesal e dall’Ausl Ba4 (…) ed i lavori sono stati regolarmente ultimati nel dicembre 2002.

Tutto questo impegno profuso (dal quale veniva comunque certificata la presenza diffusa e ingombrante di amianto nell’area della cementeria), la Italcementi osservava e protestava dinanzi al Tar Puglia:

a) Nonostante gli interventi sopra descritti - certamente indicativi dell’attenzione riservata dalla società ai profili di carattere ambientale - e pur essendo l’Amministrazione da tempo a conoscenza della situazione dell’impianto, il Sindaco del Comune di Modugno ha emanato in data 25 gennaio 2003 l’ordinanza n. 4401 [vedila nella prima parte di questa inchiesta, par. 2 lett. B] con la quale ha imposto a Italcementi, in qualità di proprietaria dello stabilimento”, una serie di interventi “da eseguire entro e non oltre 15 giorni dall’ordinanza” e “30 giorni dalla medesima data” per quanto riguarda l’esecuzione di bonifica e ripristino ambientale dell’intera area (…)”;

b) La società, pur ritenendo illegittime le prescrizioni impartite dall’Amministrazione comunale, ha valutato comunque opportuno - nell’ambito del più complesso programma di risanamento già previsto per l’insediamento industriale - dare corso all’attività di bonifica di alcune delle aree interessate”; non solo, insisteva Italcementi: “a tale scopo (“attività di bonifica di alcune delle aree interessate”) la società “ha dato incarico alla ditta Serveco srl di Momtemesola (Ta) di raccogliere e successivamente conferire ad impianto autorizzato i rifiuti stoccati presso il deposito temporaneo ubicato nello stabilimento; il tutto, senza ovviamente rinuncia alcuna alla contestazione giudiziale del provvedimento” [del Sindaco di Modugno].

Insomma, per quali motivi, a parere della Italcementi spa il provvedimento del Sindaco di Modugno non era legittimo e andava annullato? E’ presto detto (e si vedrà che sul punto Italcementi finirà con l’avere ragione e il Comune di Modugno finirà col vedersi annullata l’ordinanza del Sindaco del 25 gennaio 2003 e non solo quella e col vedersi condannato a pagare le spese del procedimento dinanzi alla giustizia amministrativa):

a) Nell’affrontare l’asserita situazione di degrado ambientale riscontrata sull’area, il Comune ha fatto ricorso allo strumento eccezionale dell’ordinanza extra ordinem. Tuttavia, l’utilizzo del menzionato strumento straordinario appare censurabile sotto il profilo della violazione di legge e dell’eccesso di potere in quanto esso è giustificato solo in presenza di presupposti che, nel caso di specie, non esistevano nel modo più assoluto. Non era invero riscontrabile al momento dell’adozione dell’ordinanza una situazione di fatto di indole eccezionale e straordinaria non fronteggiabile con gli strumenti ordinari già a disposizione dell’Amministrazione”;

b) “Anche a non voler considerare che la presenza di manufatti contenenti amianto nello stabilimento e le condizioni di manutenzione degli stessi erano da tempo noti alla Pubblica Amministrazione [si noti la pesante insinuazione, come a dire: sai tutto e da tempo, conosci la situazione da tempo e ti decidi ora a ordinare interventi approssimativi di bonifica con un provvedimento di urgenza che fissa termini ridottissimi – 15 e 30 giorni a seconda degli interventi -] deve comunque evidenziarsi che la situazione dell’area interessata non solo non presentava aggravamenti improvvisi e vistosi ma al contrario era stata recentemente oggetto di diverse operazioni di bonifica eseguite da società specializzate a partire dal 1999;

c) Non era quindi [al momento dell’adozione dell’ordinanza da parte del Sindaco di Modugno] rinvenibile quella situazione di grave pericolo di danno imminente che (…) costituisce il presupposto imprescindibile per l’adozione di tali strumenti”; questo perché “presupposto indispensabile del potere di adozione delle ordinanze sindacali con tingibili e urgenti è l’esistenza di una situazione di necessità grave e urgente, sorta in modo accidentale e imprevedibile, non fronteggiabile con i mezzi ordinari apprestati dall’ordinamento giuridico[insomma, una sostanziale e severa censura da parte dei giudici amministrativi al Comune di Modugno per aver conosciuto da sempre la drammatica situazione e per non aver mosso un dito se non avventurosamente con un’ordinanza paradossalmente di urgenza del 2003];

d) La presunta necessità di intervenire prontamente risulta inoltre contraddetta dalle stesse modalità di adozione del provvedimento, emanato ad oltre un mese dalla segnalazione effettuata dal Nucleo Operativo di Tutela Ambientale Servizio ‘Controllo Ambientale’ della Provincia di Bari con la relazione 1873/11,1/CA, e quindi con una dilatazione temporale incompatibile con le (supposte ma inesistenti) esigenze di bonifica immediata dell’area[la censura, come si vede, è ribadita senza mezzi termini];

e) La sussistenta dell’asserito pericolo imminente di danno grave per l’incolumità pubblica non è in alcun modo dimostrata in sede di motivazione dell’ordinanza [del Sindaco di Modugno], nella quale viene affermata, in modo apodittico, la necessità ed urgenza di emettere apposita ordinanza di messa in sicurezza d’emergenza, bonifica del sito e ripristino ambientale dello stesso ‘al fine di tutelare la salute pubblica e l’igiene ambientale”;

f) E’ evidente la violazione dell’art. 3 della Legge 241/1990 che impone all’Amministrazione procedente l’obbligo, giuridicamente sanzionato, di motivare i propri atti con l’indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione, in relazione alle risultanze istruttorie. […] L’aver disposto l’immediata bonifica totale dell’area senza motivare su eventuali soluzioni tecniche alternative che avrebbero comunque consentito il risanamento del sito costituisce violazione del generale principio di proporzione tra l’interesse pubblico che si intende tutelare e l’interesse privato sacrificato […]”;

g) Il Sindaco, inoltre, ingiungendo alla Società di bonificare l’intera area ha imposto misure sicuramente eccedenti la finalità del momento poiché i prescritti interventi erano, e sono, destinati a produrre effetti continuativi e stabili. Anche sotto questo ulteriore profilo, i provvedimenti qui censurati appaiono illegittimi in quanto il loro contenuto risulta incompatibile con le finalità tipiche dell’ordinanza contingibile ed urgente […]”;

h) L’ordinanza impugnata appare comunque censurabile anche ove fosse considerata, contrariamente a quanto emerge dal dato normativo richiamato nella stessa, alla stregua di un provvedimento ordinario. In tal caso infatti risulterebbe palese la violazione delle garanzie procedimentali di cui agli artt. 7 e 8 della Legge 241/1990 non essendo stato comunicato l’avvio del procedimento amministrativo al destinatario del provvedimento finale. Ed invero, l’instaurazione del contraddittorio deve ritenersi imprescindibile in caso di procedimenti, quale quello che qui interessa, volti all’emanazione di provvedimenti riguardanti il completo risanamento ambientale di un sito; ciò, non solo alla luce dei principi generali secondo i quali ‘l’obbligo di dare all’interessato comunicazione dell’avvio del procedimento che lo riguarda costituisce fondamentale garanzia procedimentale ed elemento cardine del giusto procedimento […] ma soprattutto in considerazione della natura e della funzione dello specifico procedimento in parola, connotato dalla varietà degli interessi coinvolti e dall’obiettiva difficoltà di individuare le concrete misure tecniche da adottare […]”;

i) La mancata tempestiva partecipazione della società ricorrente ha di fatto impedito l’acquisizione di elementi che, ove valutati dall’Amministrazione, avrebbero permesso di concordare le opportune operazioni di risanamento del sito attraverso l’individuazione di modalità procedimentali soddisfacenti per tutti i soggetti coinvolti. In particolare, sarebbe in primis risultata possibile un’analisi articolata della situazione fattuale dello stabilimento, caratterizzata dalla presenza sia di materiale in matrice friabile che di materiale in matrice compatta, con un differenziato stato di manutenzione tale da suggerire una soluzione modulata sulle peculiari caratteristiche dei manufatti interessati. Sarebbe poi emersa l’esistenza di un complesso piano dei bonifica dell’amianto, già avviato con gli interventi realizzati tra il 1999 e il 2002, volto al risanamento dell’intera area secondo tempi e modalità adeguati alle priorità concretamente individuate”;

l) ancora: “non è stata neppure valutata l’attuale assenza di qualsivoglia attività produttiva all’interno dello stabilimento, che risulta allo stato in gran parte in disuso e nel quale l’accesso alle aree non utilizzate è inibito da idonee misure interdittive. Lo stato dei luoghi evidenzia la scarsa pericolosità dei manufatti in parola [qui la difesa di Italcementi si avventura in affermazioni francamente paradossali alla stregua delle risultanze già acquisite, ndr] sotto un duplice profilo: per un verso, gli stessi non risultano più utilizzati dagli addetti, che non sono pertanto esposti ad alcun rischio di inalazione di agenti nocivi, per altro verso non sussiste il pericolo di accidentale rilascio di fibre aerodisperse a seguito di sollecitazioni meccaniche o di contatti di qualsiasi natura. Non appare pertanto supportato da giustificazione alcuna l’ordine sindacale di imporre l’immediata totale bonifica del sito, in assenza di un approfondito ed inequivoco accertamento tecnico”.

Non solo: l’Italcementi spa contestava alle ordinanze del sindaco di Modugno ulteriori  motivi di illegittimità per eccesso di potere. E cioè:  

a)  normativa concernente la cessazione dell’impiego dell’amianto bonifica e con quest’ultimo non compatibile”;

b) “quanto invece alle ulteriori norme richiamateeccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell’ambiente che rendano opportuno il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti, e non è evidentemente applicabile al caso di specie”;

c)  [abbandono o immissione di rifiuti/superamento dei limiti di accettabilità della contaminazione del suolo e delle acque] dolo o colpa graveannullamento della determinazione amministrativa [del sindaco di Modugno]”;

d) ancor più eclatante appare poi la violazione dell’art.17 del D.Lgs 22/1997 e dell’art.10 del D.m. 471/1999, espressamente richiamati dall’ordinanza [del sindaco di Modugno]. La previsione del termine di 15 giorni per l’esecuzione delle operazioni di messa in sicurezza e dell’ulteriore termine di 30 giorni per l’esecuzione delle operazioni di bonifica e di ripristino ambientale dell’intera area si pone infatti in aperto contrasto con l’iter procedimentale disciplinato dalle norme citate. Il D.m. 471/1999 articola invero la procedura di bonifica in tre distinti livelli di approfondimento tecnico: piano di caratterizzazione, progetto preliminare e progetto definitivo. Per ciascuna di queste fasi la norma fissa alcuni termini perentori. In particolare, l’art.10 del D.m. 471/1999 impone la presentazione del progetto di caratterizzazione entro 30 giorni dall’evento che ha determinato la contaminazione dell’area mentre per il progetto definitivo è concesso un anno. Ognuno dei citati livelli progettuali deve poi concludersi con la presentazione all’autorità competente di una relazione tecnica descrittiva corredata dai relativi elaborati tecnici. Data la complessità degli interventi da adottare e l’importanza della valutazione del rischio da effettuare nel corso della redazione del progetto, l’istruttoria per l’impostazione e lo svolgimento dei diversi livelli progettuali richiede la costante concertazione tra i responsabili della progettazione e i tecnici delle autorità competenti. Appare pertanto illegittimo, nonché del tutto incongruo, il termine assegnato nel caso di specie dall’amministrazione sia alla luce dell’assoluta impossibilità tecnica di procedere in tempi così brevi all’esecuzione dell’attività imposta sia con riferimento alla necessaria concertazione di tale attività con le competenti amministrazioni pubbliche”;

e) [conclusivamente] rimettendo l’intera procedura di bonifica al privato [il sindaco] ha eluso i propri compiti istituzionali di partecipazione e di controllo nella fase di progettazione, trasferendone interamente l’onere sulla società ricorrente [Italcementi spa]”.

Le osservazioni della Italcementi alle ordinanze del sindaco si concludono con alcune annotazioni che qui vanno evocate anche e soprattutto perché cominciano a far capolino nel complesso dibattito procedimentale dinanzi al Tar precisi riferimenti al problema della destinazione d’uso del sito da bonificare; problema che verrà affrontato a conclusione di questa inchiesta documentaria.

Osservò, dunque, l’Italcementi spa:

Le procedure di cui al D.m. 471/1999 sono applicabili esclusivamente nell’ipotesi di superamento o di pericolo concreto e attuale dei valori di concentrazione limite accettabili. Tali valori sono specificamente determinati sulla base della destinazione d’uso del sito da bonificare (siti ad uso verde pubblico, privato e residenziale - siti ad uso commerciale ed industriale). In particolare, il suolo e il sottosuolo si definiscono contaminati da amianto quando in essi è presente una concentrazione di fibre libere superiore a 1000 Mg/Kg. Il provvedimento in esame si limita tuttavia a riportare la generica affermazione di una situazione di ‘pericolosità riscontrata, connotata dalla presenza di amianto in rilevanti quantità sotto forma di floccato-friabile e/o debolmente legato e/o compatto-misurato a rischio di usura’, senza che risulti se sia stato appurato il superamento dei descritti limiti di legge. Viene altresì prospettato ‘uno stato di avanzato degrado e friabilizzazione del materiale con conseguenti rischi di aerodispersione di fibre di amianto nelle strutture dello stabilimento; anche sotto questo profilo non si riscontra alcun riferimento al pericolo concreto ed attuale di superamento dei valori di concentrazione limite accettabili previsto dal D.m 471/1999 [da determinarsi in relazione alla destinazione d’uso del sito da bonificare; ndr]”.

Il rilievo della difesa di Italcementi intorno alla destinazione d’uso dell’area cementeria venne letteralmente ingnorato, potrebbe dirsi ostentatamente ignorato, dagli amministratori comunali; e si spiega: le intenzioni sulla destinazione di quell’area sono il tema del dibattito - si fa per dire - clandestino tra amministratori vecchi e nuovi, vecchi travestiti da nuovi, tutti o quasi tutti portatori di precisi interessi su quell’area sterminata.

Tornando all’esposizione delle “ragioni” dell’Italcementi, va segnalato che quest’ultima produsse ed ostentò dinanzi al Tar una “verifica effettuata dall’Università degli Studi di Bari – Dipartimento di medicina interna e medicina pubblica – sezione di Medicina del lavoro in data 6 febbraio 2003 su incarico di Italcementi”; la relazione

evidenziò che in tutti i campionamenti non sono state riscontrate fibre di amianto. Pertanto, alla luce dei risultati ottenuti, si può escludere la presenza di fibre di amianto nell’area circostante il capannone interessato

[dove, non può non segnalarsi il linguaggio criptico e volutamente equivoco della relazione dell’Università in evidente contrasto con quanto rilevato poco più di un mese prima dal Nucleo operativo di tutela ambientale, servizio controllo ambiente della Provincia di Bari e prudentemente limitato all’”area circostante il capannone interessato”, come a dire: del resto non sappiamo nulla]. 

Per tutte le indicate ragioni l’Italcementi spa chiese al Tar:

a) in sede istruttoria, ordinare all’amministrazione la produzione della relazione 1873/11.7.1/CA del 20 dicembre 2002 redatta dal Nucleo operativo di tutela ambientale, servizio controllo ambiente della Provincia di Bari”;

b) in via cautelare […] sospendere l’ordinanza 4401 del 25 gennaio 2003” [del sindaco di Modugno];

c) nel merito, annullare [l’ordinanza del sindaco di Modugno] con ogni conseguente statuizione anche in tema di spese e onorari”.

2.

IL TAR: LE ORDINANZE DEL SINDACO

VANNO ANNULLATE PER QUESTI MOTIVI

 

Il 12 maggio 2011, il Tar della Puglia decideva [procedimento N. 00718/2011 REG.PROV.COLL. N. 00687/2003 REG.RIC.]

sul ricorso numero di registro generale 687 del 2003, proposto da Italcementi S.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati Vincenzo Caputi Jambrenghi e Riccardo Villata, con domicilio eletto presso il primo, in Bari – Marina S. Giorgio, via Abate Eustasio, 5;  

contro

il Comune di Modugno

e l’Azienda U.S.L. Ba/4;

per l'annullamento

- dell'ordinanza n. 7901 del 12 febbraio 2003, notificata in data 18 febbraio 2003, con la quale il Sindaco ha imposto alla società ricorrente di provvedere con urgenza alla bonifica dei materiali contenenti amianto presenti nell'insediamento industriale di sua proprietà;

- di ogni altro atto conseguenziale, presupposto e/o comunque connesso, e segnatamente, ove occorrer possa, della nota n. 294 del 10 febbraio 2003, redatta dal P.M.P. A.U.S.L. BA/4”.

Il fatto, secondo il Tar, fu questo:

La società per azioni Italcementi ha utilizzato un complesso industriale ubicato nel territorio di Modugno di sua proprietà. L’area è stata ceduta nel 2002 alla Italgen s.p.a., che l’ha concessa in uso alla dante causa per lo svolgimento dell’attività di un centro di consegna.

Già dal 1994 era risultata la necessità di un piano di bonifica del sito, poiché le lavorazioni nel tempo avevano interessato anche materiali contenenti amianto – EMCA.

I lavori, suddivisi in due lotti, sono stati effettuati nel 1999-2000 e nel 2002.

Il Sindaco ha poi emesso l'ordinanza n. 7901 del 12 febbraio 2003, con la quale ha imposto alla società di provvedere con urgenza alla bonifica dei materiali contenenti amianto presenti nell'insediamento; ciò sulla base del parere espresso nella nota n. 294 del 10 febbraio 2003, redatta dal P.M.P. A.U.S.L. BA/4.

La Italcementi impugna i suddetti atti: in primo luogo, sostiene che non sussistono nella fattispecie i presupposti dell’ordinanza contingibile e urgente e che il termine fissato (sessanta giorni) sia incongruo; in secondo luogo, denuncia la violazione degli articoli 3, 7 e 8 della legge 7 agosto 1990 n. 241 e del principio di proporzionalità; infine lamenta la carenza d’istruttoria e l’insufficiente accertamento dei fatti, nonché il mancato rispetto del decreto legislativo n. 277/1991, della legge n. 257/1992 e del decreto ministeriale 6 settembre 1994.

 [Su queste osservazioni ci si è analiticamente soffermati al paragrafo 1. di questa seconda parte dell’inchiesta]

Prima dell’udienza del 23 febbraio 2011, fissata per la discussione della causa, la ricorrente ha segnalato, con apposita memoria del 21 gennaio 2011, che, successivamente al provvedimento sindacale impugnato, il Comune in data 31 marzo 2004 ha approvato il piano d’intervento presentato dalla società, e, nell’occasione ha preso atto che dai monitoraggi ambientali risulta “l’assenza di problemi di dispersioni di fibre di amianto nell’ambiente”, attestando la “congruenza tra la tipologia di materiale contenente amianto presente e il censimento effettuato dall’azienda ai fini dell’approvazione di precedenti piani di bonifica.
[
Si noti il sistematico procedere dell’Amministrazione di Modugno: ordina, dispone, impone in modo raffazzonato e subito dopo si arrende alle ragioni del privato: l’essenziale, per lei, è che la cittadinanza sappia che ha ordinato, disposto e imposto: e che il privato sappia che non ha da preoccuparsi; ndr]

Sul presupposto [in realtà non si capisce da dove il Tribunale trae questo categorico assunto; si vedrà a momenti, nella stessa sentenza, il riconoscimento che non tutta la bonifica era stata effettuata alla data del 12 maggio 2011; ndr] che la bonifica dell’amianto prescritta dalla legge sia stata completata [circostanza risultante – dicono i giudici - dai documenti prodotti in data 13 gennaio 2011; ndr], l’istante ha chiesto, in subordine, che il Tribunale pronunci una sentenza ai sensi degli articoli 30 e 34 del codice del processo amministrativo, approvato con il decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104, accertando comunque l’illegittimità delle prescrizioni relative alla fissazione di un termine irragionevole e all’eliminazione dell’amianto in matrice compatta.

Occorre chiarire in premessa che l’ordinanza impugnata, emessa espressamente ai sensi dell’articolo 54, comma secondo, del decreto legislativo 28 agosto 2000 n. 267, imponeva, entro sessanta giorni dalla notifica del provvedimento, la bonifica dei materiali contenti amianto presenti nell’insediamento e in particolare la “rimozione e smaltimento di tutto l’amianto e nella bonifica delle parti d’impianto che, trovandosi a contatto con materiali friabili e degradati, possono essere stati contaminati”.

Le contestazione attoree si appuntano allora sull’ampiezza dell’oggetto, con specifico riferimento alla normativa di settore.

Già, in generale, nell'articolo 12, terzo comma, della legge 27 marzo 1992, n. 257 ("Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto") si ritiene praticabile "la rimozione dei materiali contenenti amianto, sia floccato che in matrice friabile", solo "Qualora non si possa ricorrere a tecniche di fissaggio".

Secondo poi le apposite normative e metodologie tecniche dettate con il decreto del Ministero della Sanità 6 settembre 1994 devono essere compiutamente valutate le tecniche di bonifica, tenendo conto che la rimozione dei materiali contenenti amianto comporta un rischio estremamente elevato per i lavoratori addetti e per la contaminazione dell'ambiente, produce notevoli quantitativi di rifiuti tossici e nocivi che devono essere correttamente smaltiti e presenta costi elevati nell'immediato (articolo 3-metodi di bonifica-). Nella scelta del metodo di bonifica viene suggerito tra l'altro che "un intervento di rimozione spesso non costituisce la migliore soluzione per ridurre l'esposizione ad amianto. Se viene condotto impropriamente può elevare la concentrazione di fibre aerodisperse, aumentando, invece di ridurre, il rischio di malattie da amianto".

Agli articoli 1 e 2 il medesimo decreto si occupa, altresì, della pericolosità dei materiali di amianto, chiarendo che essa "dipende dall'eventualità che siano rilasciate fibre aerodisperse nell'ambiente che possono venire inalate dagli occupanti. Il criterio più importante da valutare in tal senso è rappresentato dalla friabilità dei materiali: si definiscono friabili i materiali che possono essere sbriciolati o ridotti in polvere mediante la semplice pressione delle dita. I materiali friabili possono liberare fibre spontaneamente per la scarsa coesione interna (soprattutto se sottoposti a fattori di deterioramento quali vibrazioni, correnti d'aria, infiltrazioni di acqua) e possono essere facilmente danneggiati nel corso di interventi di manutenzione o da parte degli occupanti dell'edificio, se sono collocati in aree accessibili". Viene poi espressamente specificato che "I ricoprimenti a spruzzo (floccati) sono generalmente materiali friabili mentre i rivestimenti di tubazioni e i materiali in cemento-amianto sono materiali in origine poco o niente friabili, lo possono tuttavia diventare a seguito del degrado subito a causa di fattori ambientali".

Alla luce di queste premesse può essere esaminato e deciso il ricorso.

Da un lato, è evidente che è venuto meno l'interesse all’annullamento del provvedimento nella parte incidente sul reparto macinazione carbone-primo piano; sul reparto macinazione cotto-primo piano; sul forno 1 (secondo piano), sul forno 2 (primo piano) e sul forno 3, nonché sul reparto forni, tramogge e scambiatori di calore primo, secondo e terzo livello. Infatti, a seguito di esecuzione del piano di bonifica presentato il 30 maggio-3 giugno 2003 e dei successivi piani di lavoro, la Italcementi ha ottenuto i relativi certificati di restituibilità (5 aprile 2007 n. 58.100, I giugno 2007 n. 45.234, 25 luglio 2007 n. 135.928 e 21 settembre 2007 n. 169.250).

Rispetto agli aspetti coinvolti da tali certificati, occorre poi notare che la società non ha mosso specifiche censure riguardanti propriamente tali porzioni dell’impianto in cui presumibilmente si concentravano i “nastri trasportatori, costituenti dei pluviali, vasche e frangisole delle finestrature”, contenenti elevate quantità di amianto e, per il loro stato di degrado, suscettibili d’ingenerare una situazione di pericolo per la salute pubblica, come segnalato nella gravata ordinanza sindacale.

Di conseguenza, al riguardo, in assenza di appositi rilievi e domande, non vi è spazio per pronunciarsi ai sensi anche dell’articolo 34, terzo comma, del codice del processo amministrativo in ordine a profili diversi e più puntuali rispetto a quelli da esaminare in riferimento al complesso dell’atto. 

[Resta tuttavia, domanda o non domanda, il dato di fatto che “in porzioni dell’impianto presumibilmente si concentravano i “nastri trasportatori, costituenti dei pluviali, vasche e frangisole delle finestrature”, contenenti elevate quantità di amianto e, per il loro stato di degrado, suscettibili d’ingenerare una situazione di pericolo per la salute pubblica, come segnalato nella gravata ordinanza sindacale”; come si vede, il dato della presenza minacciosa di amianto viene ripetutamente dato per scontato e subito rimosso per essere “rinviato ad altra sede”; si noti che la pronuncia del Tar è recentissima, 12 maggio 2011; ndr] 

Dall’altro lato, in riferimento appunto al complesso dell’ordinanza, si deve ricordare che, già nel corso del procedimento relativo a quest’ultimo stralcio, il Comune di Modugno, nell'esprimere parere favorevole all'intervento, aveva preso atto che i monitoraggi effettuati indicano "l'assenza di problemi di dispersione di fibre di amianto nell'ambiente " e aveva riconosciuto la "congruenza tra tipologia di materiale presente e il censimento effettuato dall'azienda ai fini della presentazione del piano generale di bonifica" (nota sindacale 31 marzo 2004 prot. 17.744 - I aprile 2004)

[il solito doppio binario degli amministratori: voce grossa e provvedimenti terroristici per rassicurare la cittadinanza, mitezza di condotta e accondiscendeza sostanziale alle ragioni padronali. Lo si è già rilevato; ndr]

Ciò conferma quanto sostenuto dall’istante a sostegno delle proprie censure nei confronti dell'ordinanza sindacale, laddove essa imponeva la “rimozione e smaltimento di tutto l’amianto". In effetti, rispetto all'ampiezza degli obblighi imposti alla società, non è risultato sussistente il presupposto della situazione di necessità grave e urgente che giustifica il ricorso a misure extra ordinem.

Di conseguenza, neppure appaiono congrui i termini assegnati dall'ordinanza per la realizzazione della bonifica, che non tengono conto dei delicati passaggi procedurali, necessitati non solo dall'esigenza di prescegliere in modo ponderato e di pianificare attentamente le modalità delle operazioni, ma anche da quella di tutelare i lavoratori impiegati nella pericolosa attività a contatto con fibre di amianto (legge n. 257/1992; decreto legislativo n. 277/1991).

In conclusione, l'atto gravato è d’annullare nella parte in cui ordina la “rimozione e smaltimento di tutto l’amianto"

[insomma, bisogna procedere con calma e riflessione…; ndr] 

Dato l'esito del giudizio, le spese, da compensare parzialmente, vanno poste a carico del Comune di Modugno, come da liquidazione in dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse e in parte lo accoglie e, per l'effetto, annulla l'ordinanza del sindaco di Modugno n. 7901 del 12 febbraio 2003, laddove ordina la “rimozione e smaltimento di tutto l’amianto".

[Si attende, dunque, di sapere come è andata a finire il lavoro di “rimozione e smaltimento di tutto l’amianto"; ndr] 

Condanna il Comune di Modugno al pagamento di € 2.000,00, più CU, CPI e IVA, come per legge, a favore della società ricorrente, a titolo di spese di lite.

[Una delle specialità degli amministratori di Modugno è consistita e consiste nel ricorso sistematico alla giustizia e nella vocazione al pagamento di spese legali e processuali; lo si è già rilevato: ndr]

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2011 con l'intervento dei magistrati: Corrado Allegretta, Presidente, Giuseppina Adamo, Consigliere, Estensore, Savio Picone, Referendario. Depositata in segreteria il 12 maggio 20011. Il segretario (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

3.

LA MENZOGNA DEL “TUTTO RISOLTO”

 

Insomma, dalle stesse parole dei Giudici amministrativi un dato emerge ormai certo: nell’area dell’Italcementi di Modugno l’amianto e le sue polveri l’hanno fatta e la fanno ancora da padroni. Parola, appunto, di giudici pronunciate poco fa: il 12 maggio 2011. Aveva ben ragione Pinuccio Loiacono a dolersene e a denunciare; con poca fortuna.

A tal proposito, ed a conferma dell’attuale e persistente e grave pericolo per la salute pubblica, va segnalata una rilevazione effettuata dall’Arpa di Bari il 17 giugno 2005 (non un secolo fa).

Vi si legge quanto segue:

Si sono effettuati n. 8 prelievi interni all’area in oggetto (stabilimento Italcementi di Modugno); […] i campioni prelevati sono stati analizzati mediante microspia ottica a contrasto di fase (MOCF) e microspia elettronica a scansione con microanalisi (SEM-EDS), con i metodi previsti dal DM 6/9/94.
Risultati analitici:

- Campione 1701: materiale a terra – capannone ‘cotto 5’; amianto: presente;

- Campione 1702: polvere a terra – capannone ‘cotto 5’; amianto: assente;

- Campione 1703: polvere a terra – capannone ‘cotto 5’; amianto: assente;

- Campione 1704: polvere a terra – piazzale oresso silos; amianto: assente;

- Campione 1705: materiale a terra – piazzale presso silos; amianto: presente;

- Campione 1706: polvere a terra – parte retrostante stabilimento presso cumuli; amianto: assente;

- Campione 1707: materiale frammentato su base ex capabbone ‘Rezzato’ demolito ; amianto: presente;

- Campione 1708: polvere a terra – parte retrostante stabilimento vicino ferrovia; amianto: assente.

Le conclusioni dell’Arpa furono le seguenti:

Le nostre analisi hanno mostrato la presenza di amianto disperso a terra nell’interno ed all’esterno dei capannoni nello stabilimento Italcementi di Modugno, per il quale si era già evidenziato, con relazione prot. N. 294 del 10 febbraio 2003, ‘la diffusa presenza di notevolissime quantità di amianto, per gran parte in matrice friabile ed in avanzato stato di degrado’ e di ‘elevate quantità di cemento-amianto’, con conseguente necessità di ‘un’accurata e sollecita opera di bonifica da effettuarsi secondo  le procedure previste  dalla normativa in materia, che consista nella rimozione e smaltimento di tutto l’amianto e nella bonifica delle parti di impianto che, trovandosi a contatto con materiali friabili e degradati, possano essere stati contaminati.

Il nuovo sopralluogo, quindi, ha confermato la situazione già rilevata in precedenza, senza apprezzabili cambiamenti e con la conseguente necessità di adempiere a quanto già indicato.

L’ARPA, tuttavia, si premurava di precisare, aggiungendo un altro motivo di allarme:

Nel corso del nuovo sopralluogo si è notata, inoltre, la presenza di materiali non a base di amianto dispersi nell’area suddetta, verosimilmente derivanti dal passato ciclo lavorativo (polvere e globuli nerastri di tipo carbonioso, parzialmente sommersi dall’acqua, nella zona della ex cava; cumuli di materiale di tipo gessoso nella parte retrostante lo stabilimento); tale situazione merita quindi una specifica caratterizzazione, come già precisato nella precedente relazione, con le procedure previste dal DM 471/99.

A proposito della cava, va sottolineato - perché proveniente dal dr. Agostino Di Ciaula che ai problemi della salute pubblica di Modugno ha dato e dà da anni il suo importante contributo, naturalmente inascoltato da amministrazioni ancora non alfabetizzate sul tema (v. l’indefinibile figura del nuovo assessore all’ambiente che si è esibito in questi giorni nella riscoperta degli antichi cassonetti omnibus per risolvere il problema igienico nel centro storico di Modugno) e tuttavia, lo si rileva con amicizia, ancora guardate con una certa compassionevole fiducia o speranza dallo stesso Di Ciaula - questo significativo messaggio:

Oggetto: per Nicola Magrone - questione cementeria

Ho letto con grande piacere ed interesse l'articolo "LA CEMENTERIA DEI RIMORSI E DEI MORTI" e condivido in pieno la necessità di continuare a parlare di questo problema, anche perchè purtroppo la cementeria non è la sola fonte di amianto alla quale i modugnesi sono esposti.

Mi sono occupato per anni di questo argomento e ho avuto anche occasione di parlare di questo con Pinuccio Loiacono, che mi ha mostrato tutta la documentazione da lui raccolta.

In previsione della seconda parte dell'inchiesta pubblicata su "Sudcritica" spero di fare cosa utile allegando un estratto (in pdf) del mio "Profilo di salute della città di Modugno" ed un aggiornamento (in doc) sulla situazione epidemiologica del tumore maligno della pleura nei residenti a Modugno negli anni 2000-2005 (ultimi dati in mio possesso).

L'idea di creare lì un parco cittadino è sicuramente entusiasmante, ma bisognerebbe mettere in conto una bonifica integrale anche della cava, nella quale sembra ci sia addirittura più amianto che nella stessa cementeria.

Ci sarebbe inoltre da risolvere la questione del nuovo tracciato ferroviario, che se non ricordo male dovrebbe attraversare in pieno la cava, secondo me con enormi problemi logistici.

Un caro saluto, Agostino Di Ciaula.

A confermare, infine, l’attualità del problema cementeria sta la “relazione di servizio inerente il sopralluogo effettuato, in data 18 maggio 2010, presso la Cementeria Italcementi spa con stabilimento in Modugno”, a firma del TPA dott. Nicola Gagliardi, il quale scrive:

[…] il sopralluogo è mirato alla verifica della corretta applicazione del Piano di lavoro di bonifica della coibentazione di rivestimento delle tubazioni e degli impianti termici presenti nell’opificio (amianto in matrice friabili). [---] i lavori di bonifica erano stati affidati dalla Italcementi alla ditta Ecosistem a r. l. di Lamezia Terme in data10.2.2005 ed approvati dal Servizio Igiene pubblica della Ausl di Bari in fata 27.4.2005 e dal Servizio Spesal di Bari in data 2.11.2005.

Alla ultimazione dei lavori di bonifica il Servizio Spesal della Ausl Ba/4 rilasciava 4 certificati di restituibilità relativi agli ambienti sottoposti a confinamento statico e dinamico, come previsto dal DM 8.9.94. Le certificazioni di restituibilità sono corredate da rapporti di prova della Università di Bari dai quali si rilevano concentrazioni di fibre di amianto inferiore a 2f/I in SEM.

[…] si è proceduto ad una ispezione dei luoghi in cui è già stata effettuata la bonifica dell’amianto in matrice friabile.

[---] durante il sopralluogo, [sono] in corso lavori di demolizione dei corpi di fabbrica del reparto forni e del reparto macinazione del cotto, per cui si può procedere alla ispezione soltanto del reparto macinazione del carbone e del fabbricato in cui è allocata la torre di elevazione della farina.

Nel reparto di macinazione del carbone sono ancora allocati tutti gli impianti termici e macchinari, ormai fuori uso, in cui sono presenti flange di collocamento, le cui guarnizioni sono costituite, molto probabilmente,, da amianto in matrice friabile.

Nel piano di lavoro precedentemente citato, si fa riferimento esclusivamente alla rimozione della coibentazione esterna degli impianti e tubazioni che, ad un esame visivo, risulta essere completamente rimossa. Non si fa alcun riferimento alle guarnizioni ed alle malte interstiziali dei forni che dovranno essere caratterizzate, nel più breve tempo possibile, prima dell’abbattimento dei fabbricati.

Si rende necessaria inoltre una precisa mappa del rischio di amianto ancora in essere al fine di, in caso di presenza, redarre un’apposito ed ulteriore piano di bonifica. Lo stesso vale per gli impianti rimossi dai corpi di fabbrica che sono stati demoliti”.

Per concludere, il luogo comune fatto circolare nella comunità di Modugno, secondo il quale nell’area della cementeria ormai non c’è più alcun pericolo per la salute dei cittadini, è il frutto di una comunicazione istituzionale reticente se non falsa. Parola dei Giudici amministrativi e dell’Arpa del 2005, del 2000 e del 2011, non di un secolo fa. Se non è così, l’Amministrazione comunale ha il dovere di informare, documentazione alla mano, l’opinione pubblica. Ma l’Amministrazione, vecchia e nuova, non lo fa.

Si leggano le affermazioni stravaganti, ambigue, tortuose e in definitiva contro verità, del vecchio sindaco Rana ad un convegno promosso dalle Acli di Modugno il 13 marzo 2008Sul futuro ambientale di Modugno”:

La bonifica della cementeria si è conclusa. Ci sono le certificazioni della Asl e certificati che dicono che tutta l’attività di bonifica si è conclusa. Oggi, quel sito non è più - teoricamente, dico io - pericoloso. Ma questo a noi non basta: è vero che avete bonificato l’esterno ma noi insistiamo perché vogliamo un piano di caratterizzazione per vedere che cosa sta nel sottosuolo; non ci basta sapere che adesso l’area non è pià pericolosa.”

Questa domanda, dunque [rivolgendosi all’uditorio plaudente; ndr], è meglio che non me la fate più”.

E quale sarebbe la conclusione di Rana?

Questa domanda, dunque, è meglio che non me la fate più. quel sito non è più – teoricamente, dico io - pericoloso”.

Così Rana governò e la popolazione ne subì i danni; per dieci anni. Con il nuovo sindaco, costruito a sua immagine e somiglianza, si punta al traguardo del ventennio.

Non basta: a smentire il luogo comune del “tutto risolto” e le parole di Rana, c’è dell’altro. Vediamo.

Giace nei cassetti del Comune di Modugno uno Studio di Fattibilità avente ad oggetto la costituzione di una Società di Trasformazione Urbana per la trasformazione e riqualificazione dell’ambito territoriale, come individuato con delibera del Consiglio Comunale N. 16 del 29 Aprile 2002; alle pagine da 136 a 137 dello studio si legge testualmente:

Bonifica degli elementi tecnologici dell’ex cementificio contenenti fibre di amianto.

Il cementificio situato nell’area oggetto di studio di fattibilità e contenente prodotti a base di asbesto può costituire un grave rischio per la salute pubblica non solo nelle immediate vicinanze dello stabilimento parzialmente dismesso ma anche per tutta la popolazione di Modugno. Al fine di ovviare a tale criticità si dovranno quindi prevedere delle azioni divalutazione del rischio, messa in sicurezza e bonifica secondo quanto previsto dalla normativa di riferimento attuativa della L. 257/92 (DM 6 settembre 1994 e successivi decreti). 

A seconda della natura dell’oggetto da bonificare, della dimensione, dello stato di conservazione, della forma sotto la quale si presenta (se puro o come più solitamente accade miscelato con percentuali variabili ad altri materiali quali ad esempio il cemento) si possono utilizzare tre diverse tecnologie di bonifica: rimozione completa, incapsulamento, confinamento.

Nello specifico ai fini dello studio di fattibilità, il cementificio la cui superficie coperta è di circa 16.000 mq. per 15 m di altezza dovrebbe essere completamente rimosso, così come specificato nella Relazione Descrittiva elaborata dal Comune di Modugno nell’aprile 2002. Tale operazione, che dovrà essere necessariamente svolta da società iscritte nella categoria 10 (Bonifica dei beni contenenti amianto) dell’albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti26, comporterà costi e tempistiche che incidono considerevolmente sullo studio di fattibilità stesso. Mentre per lo smaltimento finale dovrà essere individuata la discarica regionale più idonea secondo la vigente Legge Regionale27 del 04/01/2001.

In seguito ad una prima analisi delle dimensioni e del funzionamento del cementificio si può ipotizzare che l’asbesto sia contenuto miscelato con il cemento, nelle coperture dell’intero stabilimento (circa 16.000 mq di superficie coperta)28 e che potrebbe essere stato utilizzato come isolante nei forni di combustione.

Per tale motivo, ai fini della possibile stima dei costi di bonifica, si è deciso di considerare la spesa dovuta alla rimozione totale delle coperture contenenti amianto maggiorata di un 10% nel caso ci siano delle ulteriori rimozioni interne dovute alla presenza di amianto nei forni di combustione.

Il costo commerciale per la rimozione delle coperture in amianto, pari a circa 10 €/mq, è stato quindi applicato all’intera superficie coperta (anche se approssimativa dell’effettiva superficie di cemento-amianto) per un costo totale di € 160.000,00 che potrebbero aumentare nel caso di presenza di amianto nei forni (€ 176.000,00- 180.000,00).

Coperture del cementificio da rimuovere

E’ importante rilevare che data l’estesa superficie del cementificio, i quantitativi elevati di materiale contenente amianto ed il pessimo stato di conservazione dell’intero stabilimento, le  fibre volatili rilasciate potrebbero aver contaminato anche il suolo o la falda acquifera sotterranea. Di conseguenza, nonostante sussistano ancora molti dubbi e molte perplessità sulla potenziale pericolosità dell’amianto all’interno del sistema digerente, vengono consigliate delle analisi tramite carotaggio del terreno al fine di stabilirne la possibile percentuale di contaminazione e nel caso siano particolarmente elevate intraprendere delle azioni preventive secondo il principio di cautela”.

Nel 2008, il sindaco Rana avrebbe – come si è visto - rassicurato tutti ripetendo la cantilena:

La bonifica della cementeria si è conclusa. Oggi, quel sito non è più - teoricamente, dico io – pericoloso”.

Noi possiamo, invece, concludere denunciando che la bonifica della cementeria non è affatto conclusa e che quel sito è pericoloso; in realtà, altro che “teoricamente”; la bomba va ancora disinnescata. Qelli, invece, amministratori e imprenditori, vecchi e nuovi, di dilaniano attorno ai duemila vani da costruire.

4. 

PERCHE’ I CITTADINI  

HANNO TUTTO IL DIRITTO DI ESSERE MESSI AL SICURO

 

E’ bene, a questo punto,  chiarire di che cosa stiamo parlando esattamente, prima di dedicare un pezzo della nostra attenzione al problema della destinazione dell’area della ex cementeria e di concludere provvisoriamente questa ricerca. Qui si parla di rischio di tumore maligno della pleura per i residenti a Modugno.

dic1.cementeria_e_centro_abitato_ModugnoDice e scrive il dr.Agostino Di Ciaula:

Rischio di tumore maligno della pleura nei residenti a Modugno

aggiornamento epidemiologico al 2005 (ultimi dati a mia disposizione)

SMR è l’acronimo utilizzato per “Standardized Mortality Ratio” (rapporto standardizzato di mortalità o indice comparativo di mortalità). Gli SMR comparano il numero di decessi osservati con il numero di decessi attesi. L’SMR esprime, in percentuale, l’eccesso o il difetto di mortalità esistente tra l’area di studio (nel nostro caso Modugno) e una popolazione di riferimento (nel nostro caso la Puglia) al netto delle influenze esercitate dalla diversa composizione per età. Il numero di decessi attesi è ottenuto per standardizzazione indiretta, vale a dire applicando alla popolazione in studio (nel nostro caso Modugno) il tasso di mortalità della popolazione pugliese presa come referenza per il periodo considerato.

 

 

dic3.Grafico_mortalitaconfrontoIl valore 100 esprime il valore medio della popolazione pugliese, scelta come riferimento: i comuni con un SMR inferiore a 100 sono più sani della media, quelli con valori superiori meno sani. Per esempio, se l’SMR di un comune è uguale a 88, questo significa che la mortalità di questo comune è del 12% inferiore a quella corrispondente pugliese. Un SMR uguale a 140 significa che la mortalità è del 40% superiore alla Puglia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel periodo 2000-2005 il valore dell'SMR per il tumore maligno della pleura (ICD 9 163) a Modugno è 115.1 per i residenti di sesso maschile. Nessun caso si è osservato nello stesso periodo di osservazione nelle residenti di sesso femminile.

[La fonte del dato è l’Osservatorio Epidemiologico Regionale (OER Puglia)].

 

lago_cementeria

 




 

 

Il cosiddetto lago della cementeria ancora inesplorato

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prossimamente, la terza ed ultima parte di questa inchiesta

 

 

 

 

 

 

 

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Ultimo aggiornamento Lunedì 26 Settembre 2011 21:01
 
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