=ALLUVIONI E CEMENTIFICAZIONE SELVAGGIA= Stampa
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Scritto da Redazione   
Giovedì 28 Novembre 2013 09:11

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 è un fatto che in Sardegna e in tutte le regioni italiane la fa da padrona un abusivismo edilizio autorizzato a costruire anche laddove non potrebbe. Ad Olbia, le acque meteoriche hanno travolto case edificate su canali intombati, un po’ dappertutto nell’isola le abitazioni sono sorte sui letti dei fiumi, abbandonati a sé stessi 

 

 

di  Pippo De Liso
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L’alluvione che ha colpito la Sardegna pochi giorni fa, (a livello di perturbazione, ribattezzato ciclone Cleopatra) determinando la morte di quasi una ventina di persone e lo sfollamento di altre migliaia, ha reso tragicamente attuale il problema delle modifiche ambientali arbitrarie, inclusa la cementificazione selvaggia e la particolare morfologia dell’Italia, dove è facile incorrere in dissesti idrogeologici di ampie proporzioni.

 Se poi alcuni, andando proprio a monte del discorso, e impugnando un protagonismo assoluto, ritengono che l’uomo, in quanto uomo, abbia la licenza di modificare i paesaggi a suo uso e consumo, in una sorta di securitas stultorum (serenità degli sciocchi), l’ipocrisia è manifesta. Un altro equivoco si genera quando si opera una traslazione argomentativa e si attribuisce la colpa dei disastri alla Natura, emotivizzando ancora una volta il ruolo dell’uomo come essere vivente. Va da sé che l’uomo è parte integrante della Natura e non può quindi alienare sé stesso. Semmai il dilemma è diverso: se l’uomo vuole degradarsi oppure trovarsi in armonia nel contesto nel quale nasce, cresce e muore.

Su gran parte della Sardegna si è abbattuta in ventiquattr’ore la pioggia che normalmente cade in sei mesi e l’isola non è nuova ad eventi delcleopatra2 genere. Il 22 novembre scorso è stato proclamato giorno di lutto nazionale. La cittadinanza si è trovata subito in grosse difficoltà, ha dichiarato di non essere stata avvisata in tempo reale, sicché le prime domande che sorgono spontanee sono le seguenti: è stato fatto davvero tutto il possibile, c’è stata una diffusione capillare di notizie prima che la furia degli elementi si scatenasse ed anche più indietro nel tempo? E’ stato predisposto un piano organico nazionale di interventi in caso di emergenza? E’ in atto un piano di protezione idrogeologica dei territori?

Il capo della Protezione Civile, Franco Gabrielli, succeduto ad un non proprio trasparente Guido Bertolaso, è stato lapidario: “Basta polemiche pretestuose: abbiamo diffuso l’allerta meteo 12 ore prima dell’evento”. E’ come inviare un fax di emergenza in piena notte, giusto per tacitare la coscienza. Insomma, le persone, che all’improvviso si trovano in mezzo ad una strada, non possono nemmeno raccontare il loro dolore, sfogare la loro rabbia. E comunque è un fatto che in Sardegna e in tutte le regioni italiane la fa da padrona un abusivismo edilizio che è autorizzato a costruire anche laddove non potrebbe. Ad Olbia, nella fattispecie, le acque meteoriche hanno travolto case edificate su canali intombati e un po’ dappertutto nell’isola le abitazioni sono sorte sui letti dei fiumi, mai manutenzionati e abbandonati a sé stessi.

In Italia esistono un Istituto della Protezione Civile ed un Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica che hanno il compito di studiare fenomeni, ambienti e finanche un clima che diventa sempre più continentale. Non possono trincerarsi dietro un secco non comment quando vengono mosse loro accuse precise o assegnare numeri di grado di rischio idrogeologico a vanvera, con parametri criptici, come nel caso del Comune di Solarussa, salvo poi essere ferocemente smentiti dai fatti. Ma l’atto d’accusa che ci sentiamo di muovere nei confronti di questi istituti, e degli apparati di governo cui fanno capo, comprende molteplici aspetti.

Quello più generale riguarda il riscaldamento globale eccessivo e le cattive politiche contro l’inquinamento che lo alimentano. Ha dichiarato il professor Claudio Rafanelli, climatologo del Cnr: “Le perturbazioni fredde che provengono dal Nord si scontrano con un mare caldo racchiuso nel circuito del Mediterraneo. Questo dà vita a cicloni extratropicali, sempre più diffusi, che provocano la caduta di grandi quantità di acqua in poco tempo. Le impostazioni matematiche dei giorni nostri, pur molto raffinate, non consentono ancora una previsione di lungo periodo, ma la tecnologia attuale è più che avanzata per implementare una rete di formazione che metta in condizione la popolazione di sapersi muovere efficacemente dopo un’emergenza”. E’ da notare che nella nostra penisola il clima mediterraneo non si estende in maniera uniforme da Nord a Sud: vi sono pure climi mesotermici (temperati), il clima microtermico (freddo) ed anche quello nivale (freddo d’altitudine); sono climi tutti da gestire che generano conseguentemente diversi regimi pluviometrici in potenziale squilibrio tra di loro.

Per quanto riguarda l’aspetto legato alla protezione idrogeologica abbiamo già parlato. Aggiungiamo che la cura e la salvaguardia dei territori e degli ambienti non rientrano evidentemente nelle priorità dello Stato italiano. V’è necessità di uno studio orografico, pluviometrico e meteorico costante cui faccia seguito un piano preventivo nazionale ed una rete rigorosa di piani regolatori. Non è marginale neppure una formazione permanente della cosiddetta gente comune che sappia trarsi d’impaccio nei momenti di emergenza senza ricorrere agli ‘angeli del fango’ (vedi la tracimazione del fiume Arno, a Firenze, nel 1966), agli eroi di un giorno, rari come l’erbetta dell’eterna giovinezza, e gonfiati ad arte dai mass media per occultare le responsabilità.

L’ultimo aspetto dell’atto d’accusa presenta contorni vergognosi dal momento che investe omissioni pure negli atti di ordinaria amministrazione. Restiamo in Sardegna. Ad Olbia ed anche a Nuoro sono state aperte inchieste sulla viabilità, in imperfette condizioni d’uso, e sono ‘piovuti’ i primi avvisi di garanzia per decessi che potevano essere tranquillamente evitati.

Insomma, molto si può fare per scongiurare catastrofi. Alcuni eventi del passato, di chiara matrice dolosa, se così possiamo esprimerci, sono lì a testimoniarlo. La tragedia del Vajont del 1963, e quella di Val di Stava nel 1985, con una responsabilità umana acclarata, aiutano a capire fino a qual punto l’uomo può spingersi nel danneggiare sé stesso (materialmente oltre che moralmente).

p.26_balconi_sporgentiAnche la città di Modugno, nel suo piccolo, s’intende, non è estranea a queste problematiche perché per anni e anni è stata governata da un partito unico che s’infischiava di questioni ambientali. Il 26 luglio 2004 fu colpita da un’alluvione senza precedenti che mise in difficoltà i cittadini per giorni e giorni. A tutt’oggi le aree antistanti il cimitero comunale,allagamenti l’uscita di via XX Settembre e la via provinciale che porta da Palese a Modugno, in prossimità del ponte, potrebbero sviluppare autentici laghetti di montagna, poco guadabili, qualora fossero colpite da precipitazioni un po’ più copiose. E il deflusso delle acque piovane sulle strade non solo non è stato messo a punto da tempo, ma può essere seriamente intralciato da un deposito di rifiuti non autorizzato nei canali di pertinenza ad opera dei soliti sporcaccioni.

A chi poi dicesse che tanto non cambierà mai niente risponderemmo che pure il Creatore ebbe bisogno di sette giorni per creare l’universo.

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Ultimo aggiornamento Giovedì 28 Novembre 2013 09:50
 
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