=MONTI E L’ELOGIO DELLA CRISI= Stampa
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Scritto da Redazione   
Domenica 12 Febbraio 2012 21:10

 

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Dove ha studiato il suo programma, il  governo del professore, e con chi?

‘‘L’Europa ha bisogno di crisi, di gravi crisi,  per fare passi avanti"

Ragiona come il Presidente tedesco:

''In una fase difficile dell'Europa, in una fase di crisi, dobbiamo far si' che questa crisi sia una opportunita'''

Ogni passo avanti è un diritto in meno; ora cade anche l'articolo 18 dello Statuto dei diritti dei lavoratori che dice all'imprenditore: tu non sei il padrone del tuo lavoratore; spiega perché lo mandi via.

 

     

Qualche rara critica si levò alla sua nomina a presidente del consiglio dei ministri da chi sottolineava le sue appartenenze a consessi economici esclusivi accusati di tessere il Nuovo Ordine mondiale. Già allora attento a fare il piacione (quasi fosse un Rutelli), glissò chiedendo agli Italiani ''un po' di comprensione'' per le decisioni prese, in cambio di serenita' e speranza sul fatto che ''i sacrifici non saranno vani''. Bene, forse è presto, ma - a mio parere - per questi primi tre mesi di lavoro di Mario Monti, presidente del consiglio in Italia dal 16 novembre 2011, un giudizio è già possibile: è un perfetto esecutore di ordini, un docente di economia catapultato ad applicare, in modo rigido e pedissequo, insieme con altri baroni dell’accademia italiana (c’è anche qualche raccomandato), banchieri e ‘ipergarantiti’, un programma di governo studiato in altre sedi che non sono Palazzo Chigi, men che meno Montecitorio o Palazzo Madama. Niente di più, per ora. Neppure un guizzo e ancor meno la capacità di far digerire quel duro programma di governo, giacché non l’autorevolezza dei ministri e del presidente del consiglio fanno passare come acqua le più indigeste misure bensì la paura indistinta instillata tra i cittadini di una catastrofe economica, l’esempio della disgraziata Grecia che ci precede a un passo dal baratro, la minaccia di rovina sventolata sotto il naso di un parlamento screditato e senza voce e di sindacalisti senza passioni.

 

Il programma in una lettera
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Dove sia stato studiato quel programma di governo, se in Europa o altrove, se in un ambito istituzionale o in uno di quei consessi economici esclusivi frequentati da Monti (e anche da alcuni altri dei suoi ministri e da Draghi), non so dire. So che quel programma è lo stesso proposto alla Grecia e agli altri Paesi Ue in difficoltà, un format ammannito dalla Banca centrale europea al momento opportuno a ciascuno dei naviganti in difficoltà. Berlusconi tentò, a suo modo, di applicarlo ma questa stessa rivista ci ha spiegato come e perché non c’è riuscito. [v, La strana vicenda della visita di Tremonti a Napolitano prima della caduta di Berlusconi]

Eccolo dunque il programma che Monti ci sta somministrando, è la medicina contenuta nella lettera datata 5 agosto 2011 e firmata - per dare ad essa più forza intimidatoria - da ben due presidenti della Banca centrale europea, quello che alla data della redazione della lettera era in procinto di cessare le proprie funzioni, Jean-Claude Trichet, e quello che gli sarebbe di li’ a poco succeduto, Mario Draghi. Certo, non è una scoperta dire che il programma di Monti è contenuto nella lettera della Bce dell’agosto 2011; la scoperta - a mio parere - è che, accreditato dal presidente della Repubblica, chiunque invece che Monti avrebbe potuto essere presidente del consiglio, giacché nella lettera si detta persino quel che deve avvenire con decreto legge e quel che deve avvenire ‘‘il prima possibile’‘. E Monti esegue: decreti legge a ufo ‘’il prima possibile’‘. Conditi con una prosa arrogante e pretenziosa, di chi è certo di non aver da dare conto a nessuno se non a chi lo ha catapultato lì (Mi manda Picone, si chiamava un film di Nanni Loy del 1983).

 

cani per l’aia

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Il testo integrale della lettera ciascuno può leggerlo in questa rivista. Vorrei sottolinearne alcune parti. 

Una è quella delle liberalizzazioni. E’ scritto nella lettera: ‘‘a) È necessaria una complessiva,

radicale e credibile strategia di riforme, inclusa la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali

e dei servizi professionali. Questo dovrebbe applicarsi in particolare alla fornitura di servizi locali

attraverso privatizzazioni su larga scala’‘.

La liberalizzazione dei servizi pubblici locali sulla quale si sottolinea che bisogna farla prevedendone ‘‘privatizzazioni su larga scala’‘ è nel decreto ‘salva Italia’ di dicembre 2011 (proprio l’obbligo di privatizzazione hanno lamentato alcuni sindaci); la liberalizzazione dei servizi professionali, per modo di dire, nel decreto ‘cresci Italia’ di gennaio scorso. Liberalizzazioni un po’ ridicole tutte le altre: taxi, farmacie, edicole, cani per l’aia per fare un po’ di rumore e mascherare il fatto che le liberalizzazioni vere non si possono fare sinché non si raggiungono accordi nei gruppi di potere economico e finanziario.

Nella lettera della Bce si ritiene necessario rendere più ‘‘rigorosi i criteri di idoneità per le pensioni di anzianità’‘ e aumentare l'età della pensione per le donne nel settore privato ‘‘in linea con quella stabilita per il settore pubblico, così ottenendo dei risparmi già nel 2012”. “Inoltre – per la Bce di agosto 2011 – “ il Governo dovrebbe valutare una riduzione significativa dei costi del pubblico impiego, rafforzando le regole per il turnover e, se necessario, riducendo gli stipendi”.

Proprio così: ridurre i costi del pubblico impiego ‘‘se necessario, riducendo gli stipendi’‘. Che non è una boutade solo ad uso di greci impenitenti.

 

Il pubblico impiego nelle mani del presidente

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Le pensioni di anzianità e l’aumento dell’età pensionabile per le donne sono state liquidate d’un botto col ‘salva Italia’, anzi si è andati oltre, aumentando anche quella degli uomini. Al pubblico impiego ci pensa l’art.23 ter del ‘salva Italia’. Questo articolo pone un tetto alle retribuzioni dei dirigenti e manager pubblici ‘‘stabilendo  come  parametro massimo di riferimento il trattamento economico del primo  presidente della Corte di cassazione’‘ (pare 330.000 euro annui). E sin qui potrebbe anche andare bene, se si rispettasse la previsione. Ma intento di questo articolo non pare essere solo quello di porre un argine alle retribuzioni abnormi. Infatti nell’art.23 ter del ‘salva Italia’ è scritto: ‘‘Con decreto del Presidente del Consiglio dei  Ministri,  previo parere  delle  competenti Commissioni  parlamentari,  entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, e' definito il trattamento economico annuo onnicomprensivo di chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali, di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30  marzo 2001, n.165, e successive modificazioni, ivi incluso il personale in regime di diritto pubblico di cui all'articolo 3 del medesimo decreto legislativo, e successive modificazioni […]’‘. Dunque, il presidente del consiglio ha il potere di definire, solo ascoltando un parere delle commissioni consiliari, il trattamento economico annuo di tutto il pubblico impiego.

Al di fuori di ogni contrattazione.

E poi, non si sa mai, la norma può essere utile qualora sia necessario ridurre gli stipendi ‘‘per una riduzione significativa dei costi del pubblico impiego’‘, come dice la Bce

 

Verso il tramonto del contratto collettivo nazionale.

Si comincia dai ferrovieri. E perché?
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Questo della contrattazione deve proprio essere un ‘pallino’ di Picone, della Bce, di Monti e dell’ancilla Fornero… Nel ‘cresci Italia’ (questi nomi così banali per i decreti hanno solo finalità propagandistiche, naturalmente) si toglie, per esempio, di un colpo, ai ferrovieri - senza che la questione c’entri per nulla con la faccenda della quale si parla - il contratto collettivo nazionale di settore (art.37). E quindi siamo a due: tra ‘salva Italia’ e ‘cresci Italia’- in mezzo ad una selva di articoli che non sembrano avere finalità di una certa rilevanza se non quella di raggranellare fondi pubblici infliggendo tasse a chi già le paga in abbondanza su pensioni e stipendi - si aumenta l’età pensionabile, si eliminano le pensioni di anzianità, e… miracolo!, si toglie la contrattazione nazionale a pubblico impiego e ferrovieri.

Insomma sulla contrattazione (di fatto sulla eliminazione della contrattazione salariale collettiva) si sta lavorando alacremente. Monti e l’ancilla Fornero mostrano una certa ansia di dimostrare di aver compreso quanto effettivamente si chiede loro per il ‘‘bene’‘ dell’Europa (non certo degli europei): ‘‘b) C'è anche l'esigenza - scrivono Trichet e Draghi - di riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi al livello d'impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende e rendendo questi accordi più rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione. L'accordo del 28 Giugno tra le principali sigle sindacali e le associazioni industriali si muove in questa direzione’‘. Per il settore pubblico si è - grazie a Monti - a un ottimo punto, il privato seguirà, tanto la strada è già stata ampiamente spianata da Marchionne. 

 

Il ''pernicioso'' articolo 18 dello Statuto dei diritti dei lavoratori
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Ma il capolavoro arriverà tra qualche giorno. Condito di frasi offensive di vario genere, Monti e l’ancilla Fornero si preparano al colpo decisivo.

Scrivono Trichet e Draghi il 5 agosto: ‘‘c) Dovrebbe essere adottata una accurata revisione delle norme che regolano l'assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e verso i settori più competitivi’‘.

Ecco, dunque pronti i nocchieri dell’Italia 2012 avanzare sicuri contro l’art.18 dello Statuto dei lavoratori, definito da Monti ‘‘pernicioso per lo sviluppo’‘. Tutti, persino Confindustria, è soddisfatta di tanta solerzia ma non del tutto convinta che sia una priorità, questa benedetta eliminazione dell’art.18. Fior fior di economisti si sperticano a dar consigli su quel che meglio sarebbe fare prima dell’art.18… Niente da fare: quel che non è un totem non può essere un tabu e via banalizzando. Perché? perché Bce vuole il sacrificio umano dai suoi fedeli servitori, vuole ottenere il licenziamento tout court e Monti sa che la crisi gli consente di avere anche questo, un colpo da maestro perché l’art.18 dello Statuto dei lavoratori è l’unico scudo contro i licenziamenti ‘‘senza giusta causa o giustificato motivo’‘.

 

‘‘L’Europa ha bisogno di crisi, di gravi crisi, per fare passi avanti’‘

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A questo punto ci si potrebbe chiedere dove porta Monti, quanto pesano gli esclusivi consessi economici dei quali fa parte insieme con Draghi (Gruppo Bilderberg, Trilateral Commission, e altre conventicole segrete del genere, e ancora Aspen Institute, Goldman Sachs, Coca Cola). Se questi consessi, dopo averla creata la crisi, saranno anche capaci di liberarcene. Senza entrare nel merito di queste appartenenze, risposte convincenti se ne sono già date in questa rivista (e.g.: Guardiamo bene. All’orizzonte…; Il consiglio europeo ha deciso che l'Italia diventi meno democratica e piu' povera; Lavoro e governo Monti. Licenziare per assumere o assumere per licenziare). Una risposta l’aveva data lo stesso Monti in un intervento alla Luiss del febbraio di un anno fa:

‘‘Non dobbiamo sorprenderci che l’Europa abbia bisogno di crisi, di gravi crisi, per fare passi avanti. I passi avanti dell’Europa sono per definizione cessione di parti delle sovranità nazionali a un livello comunitario’‘. ‘‘È chiaro che il potere politico, ma anche il senso di appartenenza dei cittadini a una collettività nazionale possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico e psicologico del non farle diventa superiore al costo del  farle, perché c’è una crisi in atto visibile, conclamata’‘. ‘‘Abbiamo bisogno delle crisi… per fare passi avanti. Ma quando una crisi sparisce rimane un sedimento, perché si sono messe in opera istituzioni, leggi, eccetera per cui non è pienamente reversibile’‘. […] 

 

‘‘Bisogna cambiare il modo di vivere degli italiani’‘. Tutti Martone?

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Infine, una notazione di superficie. Monti si propone, tra le varie altre cose, di cambiare il modo di vivere degli Italiani:

''Dobbiamo cercare - ha detto a Washington il 9 febbraio - di dare il senso della meritocrazia e della competitivita' che crediamo siano necessarie''. Modesto come sempre, supponente come sempre. Si poteva dunque almeno sperare che un presidente così monotono ci liberasse dai tipici vizietti italici così fastidiosi ma così bene incarnati nei politici nostrani. Neanche questo bene, purtroppo, ci è dato. Abbiamo infatti già avuto modo di constatare in questa dozzina di settimane che siamo costretti a frequentarli come Monti, Fornero, Passera facciano parte appieno della stirpe italica, e siano ‘inzippati’ dei suoi difettucci, più che essere eredi dell’etica calvinista che, a parole, vorrebbero mostrare di avere. Per Monti è, secondo me rivelatrice, la cena fatta a Palazzo Chigi a Capodanno (sono presidente del consiglio e faccio quel che voglio), utilizzando una struttura pubblica, un alloggio di servizio, per una festa privata, come fosse la Casa Bianca e come se non avesse potuto consentirsi, con le tante retribuzioni che ha, l’affitto per qualche giorno di una nobile casa privata romana con annessa servitù. Si potrebbero anche ricordare i pavoneggiamenti del sito istituzionale governo.it con le mail dei cittadini al presidente del consiglio e i loro giudizi sulle manovre sinora attuate: il sito contiene solo mail di compiacimento, compresa quella della nipotina del presidente - poi cancellata dopo qualche critica - che dichiara la propria fiducia nei provvedimenti del nonno. Roba da abbecedario degli anni tra i Trenta e i Sessanta del secolo scorso… Di Fornero mammona sappiamo tutti, feroce col ‘‘posto fisso’‘ degli altri quasi quanto rapace per quelli di sua figlia. Ma carriere garantite, e si può immaginare di che livello, ce li hanno i figli di Cancellieri, Monti, Profumo, Passera. Passera… Si può appena osservare che se il fratello o i figli di Berlusconi gestiscono imperi editoriali si ritiene - a ragione - che vi sia un conflitto di interessi, se è il fratello di Passera a cogestire un impero o se Passera stesso è ministro dei trasporti avendo gestito l’affaire Nuova Alitalia e dovendo presto decidersi una fusione con un’altra grande compagnia aerea, pas mal… Solo solo esempi… Ah, il sottosegretario MartoneMichel si chiama… dove lo mettiamo? Parla di giovani sfigati se si laureano a 28 anni, quando lui, nominato viceministro per meriti sconosciuti, ha dovuto attendere due mesi per ricevere deleghe: uno che evidentemente è così necessario in questo governo che può anche non far nulla come fosse uno ‘‘sfigato’‘ qualsiasi…

Ultimo aggiornamento Giovedì 16 Febbraio 2012 13:18
 
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