=QUESTIONE MORALE E POLITICA. Garanzie individuali e ragioni della collettività= Stampa
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Scritto da Redazione   
Giovedì 12 Aprile 2012 12:31

LA_CRICCA_MODUGNO

 

Un caso esemplare da studiare

in onore e memoria del “cittadino modello”

 

PERCHE’ IL CONSIGLIO COMUNALE DI MODUGNO

DOVREBBE DIMETTERSI.

 

di Nicola Magrone

_____________

 

“processi pubblici” e “sanzioni politiche”

Il riesplodere, negli ultimi mesi, della “questione morale” nella politica ripropone una serie di problemi, dalla celebrazione caotica sui giornali di “processi pubblici” incontrollati al rapporto tra vicende giudiziarie e conseguenze propriamente politiche (dimissioni, espulsioni, sanzioni, decadenza e così via di persone investite di funzioni rappresentative, dal deputato al consigliere comunale, coinvolte in vicende giudiziarie). Antiche questioni non ancora risolte ed anzi incrudelite nel tempo.

Proviamo, qui, a ricapitolarle adottando come caso scolastico l’esempio concreto di quel che accade in una cittadina pugliese.  

indagati

Il “caso Modugno”

Ecco: che cosa deve pensare e dire il cittadino, quello più disinteressato e altruista, quello più rispettoso della legalità, insomma il “cittadino modello”, mettiamo di Modugno, paese a ridosso di Bari, notoriamente tra i più industrializzati della Puglia e altrettanto notoriamente tra i più degradati dal punto di vista urbanistico, sociale, culturale, sanitario, se da almeno un anno di tanto in tanto legge il giornale e scopre che l’amministrazione comunale del suo paese è “una cricca” che gestisce per interessi privati gli appalti pubblici e le concessioni? Deve crederci, deve rifiutarsi di crederci, deve tentare di capire domandando in giro come deve comportarsi, in una situazione del genere, il “cittadino modello”, rispettoso della dignità degli altri, rispettoso delle leggi, rispettoso di tutto e di tutti? Deve far finta di niente? Deve atteggiarsi lui pure a indignato e pretendere che giustizia sia fatta qui ed ora, ai piedi di una forca improvvisata e al cospetto di una folla plaudente? E se il suo giudizio, del cittadino “modello”, sulla sua amministrazione comunale è severamente critico perché la giudica incapace se non dannosa per la sua stessa vita, del cittadino, deve attenuare i toni della sua critica per evitare di essere confuso con quanti usano le vicende giudiziarie per proseguire la loro opposizione “con altri mezzi”?

La risposta a questi interrogativi ognuno la dà alla stregua della sua cultura, della sua storia personale, del rispetto che ha della magistratura e della stampa e di ogni altra istituzione (locale compresa), della sua capacità di “tenersi forte” e di attendere le “verità ufficiali”.

Il “cittadino modello”, responsabilità penale e responsabilità politica

La mia ragionata opinione, che non è di oggi ed al contrario è la ragione fondante della mia cultura anche professionale, è che il “cittadino modello” deve attenersi alla regola fondamentale secondo la quale la responsabilità penale (con tutto quello che ne deriva) va dichiarata e sanzionata dai giudici e quella politica dagli elettori.

Sembra facile; e una volta tanto, però: è facile.

Mettiamo il “caso Modugno”, e cioè un caso periferico ma concreto, dove gli amministratori coinvolti nelle indagini sono tanti e per giunta “di maggioranza” e “di minoranza”; motivo per il quale nessuno può rallegrarsi delle disavventure altrui, tutti, in consiglio comunale e in giunta essendo - dicono le cronache - chiamati a rispondere penalmente di fatti che si raccontano come gravissimi.

E’ facile, dunque: bisogna attendere che la “verità penale ufficiale” sia dichiarata o esclusa da chi ha il compito di dichiararla o di escluderla.

Se è così, il “cittadino modello” non può e non deve pretendere che gli amministratori coinvolti nello scandalo lascino i loro incarichi sol perché c’è un’indagine o un giudizio penale che li riguarda. Perché pretenderlo se gli amministratori devono “presumersi non colpevoli” e, dunque, fino al giudizio finale, sono “non colpevoli”?

Detto questo, il “cittadino modello”, se coerentemente deve continuare a guardare ai suoi amministratori come ad interlocutori meritevoli della sua fiducia, altrettanto coerentemente deve seguirli nella loro attività, apprezzare o meno il loro impegno per la comunità, interrogarsi intorno alle condizioni sociali del suo comune, della sua regione, della sua nazione a seconda del livello di responsabilità dell’amministratore e farsi un’idea delle qualità politiche e morali di quest’ ultimo.

Dicevamo: sembra facile ed è facile. Fin qui è così.

PENATII doveri pubblici del “rappresentante”

A questo punto, succede però che il cittadino-elettore vuole sapere - per fare il giudice della democrazia - dal suo “rappresentante”, direttamente da lui, che cosa avrebbe commesso di illecito o semplicemente di inopportuno o di imprudente; vuole sapere, fuori dal tribunale, come stanno in realtà le cose. Vuole saperlo non per trarre dalla vicenda giudiziaria conclusioni propriamente politiche; vuole saperlo perché ha il diritto di valutare la correttezza politica, e morale, del suo “rappresentante”. Insomma, egli, il “cittadino modello”, legittimamente si aspetta che lui, il “rappresentante” nelle istituzioni, si presenti al suo cospetto e spieghi come e perché i “fatti”, non i “reati”, egli non li ha commessi e che anzi egli si aspetta che il giudice certifichi quanto prima questo: i “fatti” ipotizzati non sussistono o non sono stati commessi dal ”rappresentante”. Se il giudice dirà che i “fatti” ipotizzati non sussistono o non furono commessi dal “rappresentante”, il “cittadino modello” non potrà che trarre un sospiro di sollievo e tenersi la sua fiducia nel suo “rappresentante” o continuare a dissentire da lui per motivi politici senza il disagio del sospetto di una speculazione, appunto: politica, di una vicenda giudiziaria.

Su questo, tutti dovrebbero essere d’accordo; si spera.

Mettiamo, però, che il “rappresentante”  si presenti - adempiendo ad un suo dovere morale e democratico - al cospetto del suo elettore, e comunque dei cittadini elettori, amici, avversari o neutrali, e dica: i “fatti” che si ipotizza io abbia commessi sono ormai, in quanto reati, prescritti; insomma, il giudice non potrà dire se li ho commessi o no e dovrà liberarmi dall’accusa mossami perché è scaduto il termine per accertare se quei fatti furono compiuti e se io li ho commessi oppure che furono compiuti ma non costituirono reato.

Un’eventualità del genere complica il problema per il “cittadino modello” perché:

  1. Se il “rappresentante”, nel corso del procedimento penale che lo riguarda, va al cospetto della sua comunità, locale o nazionale, e dichiara la sua “innocenza”, il “cittadino modello” ha il diritto di attendersi che il suo “rappresentante” vada dal giudice e gli dica: guardi, so bene che lei non può più giudicarmi perché il reato che si è ipotizzato io abbia commesso è “prescritto” e tuttavia io le chiedo di giudicarmi perché pretendo che mi sia resa giustizia. Dopo il suo giudizio, io devo dare conto alla mia comunità.
  2. Se il “rappresentante” invece non solo prende atto della “prescrizione” che lo libera dal procedimento o dal processo ma anticipa addirittura (come nel “caso Modugno” o in mille altri più o meno noti) la sua accettazione dell’esito traumatico del giudizio (la “prescrizione”), egli deve, per decenza minima, dimettersi dal suo incarico. In questo caso, infatti, è lui che, in fin dei conti, rinuncia alla dichiarazione formale della sua innocenza e accetta la penosa condizione dell’eterno “sospettato, inquisito, imputato” privando il “cittadino modello” del diritto di sapere di che razza di “rappresentante” egli deve fidarsi.
  3. Se, infatti, il “rappresentante” accetta l’esito traumatico del procedimento/processo che lo riguarda, non è detto affatto che il giudice sia tenuto a dichiarare la “prescrizione”; al contrario, la “prescrizione” sarà dichiarata dal giudice solo se egli non ha elementi sufficienti per prosciogliere l’indagato/imputato. Insomma, il giudice dichiara la “prescrizione” solo se non può prosciogliere/assolvere l’indagato/imputato perché i fatti non sussistono o perché l’indagato/imputato non li ha commessi o perché i fatti commessi non costituiscono reato. A farla breve, il nostro sistema, giustamente, riconosce al cittadino il diritto ad essere giudicato e ad essere assolto, in qualunque momento del procedimento, se la sua innocenza è ravvisabile sulla base degli atti giudiziari compiuti. Solo se l’innocenza non è immediatamente ravvisabile, il giudice deve chiudere la partita dichiarando “prescritti” i reati. Il “rappresentante” è libero e immacolato, se il reato è dichiarato “prescritto”, ma è “condannato” a portarsi addosso la non evidenza della sua innocenza ed anzi un formale riconoscimento della necessità di concludere il giudizio con una sentenza anche di condanna che non si è potuta avere a causa della “prescrizione”. Il “rappresentante” ne esce non assolto e non condannato; come il giudice, prescrizione o no, avrebbe potuto ed eventualmente dovuto assolverlo e non lo ha fatto, così lui, il “rappresentante” sottoposto a giudizio, avrebbe potuto rivendicare il diritto ad un giudizio di assoluzione rinunciando alla prescrizione; non lo ha fatto per scelte sue personali o per timore di una condanna; scelte sue; egli però non può pretendere che la comunità si acquieti dinanzi a questa dichiarazione di frustrata sostenibilità dell’accusa e non si ponga il problema della compatibilità morale e politica del “rappresentante” con il ruolo che ricopre. Le dimissioni sarebbero un atto dovuto quale conseguenza immediata e diretta della scelta di accettare la “prescrizione”. A Modugno, il nostro caso di scuola, è successo esattamente questo: il sindaco in carica, già nel momento in cui si proponeva nella competizione delle “primarie” del Pd, annunciava che il reato attribuitogli nel procedimento penale che lo riguardava era di imminente prescrizione. Vinte le primarie, il momento in cui si proponeva alla carica di sindaco nelle elezioni per il rinnovo del consiglio comunale  annunciava ancora che il reato del quale andava rispondendo dinanzi al Tribunale era di imminente prescrizione. Ancora, vinte le elezioni, gli fu fatto notare da più parti che la prescrizione non avrebbe risolto il problema della sua responsabilità morale e politica e nemmeno quello della sua responsabilità penale dal momento che la prescrizione - come si è anticipato più avanti - non significa dichiarazione di innocenza che, se fosse stata evidente, sarebbe stata dichiarata dal giudice indipendentemente dalla prescrizione del reato che non sarebbe stata conseguentemente dichiarata. Per ottenere un’assoluzione, come si dice: “nel merito”, il sindaco avrebbe dovuto formalmente rinunciare alla prescrizione, e cioè alla chiusura traumatica del processo, e lasciar giudicare il giudice. Non avendolo fatto, avendo scelto di non farlo, ed anzi avendo speso nella sua attività politica proprio l’alibi della prescrizione (il giudice non mi potrà condannare), il “cittadino modello” che ci guida in questa esposizione aveva ed ha il diritto di chiedergli di dimettersi e lui, “il rappresentante” aveva ed ha il dovere di dimettersi.

BOSSI_SCANDALOC’è un dovere democratico di dimettersi?

Il tormentoso rovello del “cittadino modello” non finisce però qui ed anzi si complica.

Mettiamo che i fatti, e dunque i reati, siano lontani dal “prescriversi” e mettiamo - esattamente come accade a Modugno - che i fatti sui quali vertono le indagini siano particolarmente complessi e articolati, come complessa e articolata è una ipotizzata associazione per delinquere dentro ad un procedimento che vede sottoposti ad indagini non il singolo ma un gruppo di amministratori ai quali si attribuiscano gesti, atti e azioni, complessivamente stretti dentro ad un vero e proprio “accordo per delinquere”. E mettiamo che l’“accordo” coinvolga - come a Modugno - non solo l’attuale sindaco ma anche il precedente, non solo attuali consiglieri ma consiglieri attuali che agirono anche nella precedente compagine amministrativa anche come assessori. Mettiamo che i soggetti coinvolti non siano tutti schierati con la maggioranza o con l’opposizione ma siano ben distribuiti tra l’una e l’altra. Insomma, mettiamo - come a Modugno - che non “un politico” o “un amministratore” solitario e nemmeno un generico gruppo di “politici” e di “amministratori” sia coinvolto nelle indagini ma sostanzialmente l’intero consiglio comunale e l’intera amministrazione. Ecco, in questo caso al “cittadino modello”, caduto in un autentico “dramma individuale e collettivo” non si può certo “consigliare” di far finta di niente e di “tirare a campare”. Questo significherebbe spingerlo ad accettare che la stessa democrazia svanisca nella palude torbida di “interessi trasversali” nel consiglio e nell’amministrazione. L’accusa terminale di associazione per delinquere delegittimerebbe di per sé l’intero consiglio e l’intera giunta. Ai quali spetterebbe il dovere morale e politico di dare le dimissioni e di ridare la parola alla comunità dei cittadini, magari e coraggiosamente per chiedere una conferma della fiducia. Qui, non si tratterebbe della vicenda individuale di un amministratore ma di un intero contesto politico e amministrativo avvolto nel sospetto che non un suo atto sia compiuto nell’interesse della collettività.

Naturalmente spetterebbe ai consiglieri comunali e agli amministratori il dovere di assumere su di sé questo onere (sciogliere il consiglio e riandare alle elezioni) e al “cittadino modello” pretendere che questo accada. Se questo dovere e questo diritto non vengono esercitati, deve dedursi che l’intero corpo sociale accetta come possibile, plausibile, tollerabile se non consigliabile che tutto questo accada e che, quanto meno, la cosiddetta malapolitica, per definizione contigua col malaffare, tutto sommato non sia poi un male perché apre molto spesso ampi viali di accesso alla spartizione di vantaggi non solo economici ma anche stretti sentieri per chiunque verso l’approdo di penose elemosine.

Resterebbe da dire di ciò che pure può succedere: che il giudice non veda nei fatti giudicati il reato; il che significherebbe però che i fatti furono commessi. E’ un’ipotesi da sottoporre a raffinata discussione nella quale non è qui il caso di avventurarsi. Grossolanamente si può dire che non siamo lontani, quanto agli effetti di una pronuncia in tal senso, dall’ipotesi di prescrizione dove l’unica cosa certa è che non si può dichiarare con certezza l’innocenza dell’incolpato. Se il reato non c’è non è detto che i fatti accertati, rimasti impuniti, non siano meritevoli del giudizio morale e politico del corpo elettorale; il quale, come si sa, ha un solo modo per esprimersi: il voto. Cosa che, in casi così, quasi mai gli viene concessa.

Mettiamola semplice con l’esempio reale di Modugno.

Ad una competizione elettorale amministrativa (2006) si presentarono all’elettorato due coalizioni formalmente contrapposte per programmi (si fa per dire) e per candidati. Il candidato sindaco di una delle coalizioni - che chiameremo A – vinse; quello dell’altra coalizione - che chiameremo B -  entrò in consiglio comunale come consigliere. Passa un po’ di tempo e il sindaco si accorge di aver bisogno di un direttore generale per meglio realizzare il suo programma. Si guarda intorno e scopre che il migliore possibile in quella funzione è proprio il candidato sindaco della coalizione B. Ma bisogna seguire certe fastidiose procedure che contrastano con l’urgenza del caso. In pieno ferragosto convoca la giunta comunale e modifica lo statuto nel senso che il sindaco può nominare il direttore generale intuitu personae, insomma può nominare chi vuole: cosa che fa speditamente; il candidato sindaco diventato consigliere comunale di opposizione, scopre di essersi candidato in contrapposizione al sindaco eletto ma che nel cuore aveva ed ha il programma affascinante di quest’ultimo; è il momento buono per realizzare al meglio il programma dell’avversario; prende armi e bagagli, si dimette dal consiglio comunale e diventa direttore generale. Gli anni di amministrazione della coalizione A + B scorrono felicemente e proficuamente per tutti (gli amministratori).

Scade il mandato. Si rinnova il consiglio e viene eletto il nuovo sindaco il quale, manco a dirlo, c’era nel precedente consiglio e partecipò da autorevole pulpito alla nomina del direttore generale. Passa qualche mese e leggiamo sui giornali che nelle nuove indagini (è scritto: “anche per associazione per delinquere”) è coinvolto il precedente sindaco della coalizione A, quello che nominò il direttore generale strappandolo al magro ruolo di consigliere di opposizione, ma anche il candidato sindaco della coalizione B diventato direttore generale ma anche il nuovo sindaco (quello della “prescrizione” per altri fatti) e anche autorevoli consiglieri reduci dalla precedente “consiliatura”. Beninteso: pezzi di maggioranza e pezzi di minoranza: quelli di allora, quelli di ora.

Il “cittadino modello” perde l’orientamento, si guarda e chiede intorno: ma si può fare? Si, gli rispondono. Non è reato. Non è reato; non è reato che cosa? Restare al proprio posto? Certo che no; ma leggo che sono associati per delinquere; può un consiglio essere o somigliare ad un’associazione per delinquere? E come faranno a discutere in consiglio (maggioranza e opposizione) se devono, in separata sede, discutere delle loro difese e del loro destino di individui?

In memoria del "cittadino modello"

Accade così che l “cittadino modello” viene automaticamente espulso dalla comunità, cancellato, ignorato e dimenticato. Egli non capisce che non è reato (restare in consiglio e in giunta) e che, dunque, si può fare senza dar conto a nessuno. 

 

mauro

 

Il cittadino modello” si sente lui l’intralcio al luminoso progredire della democrazia e al riservato agire dei suoi rappresentanti; se ne fa una colpa. E muore. Il consiglio comunale discute se proclamare il lutto cittadino; discutono a lungo e decidono: meglio di no: si potrebbe far pensare che siamo contenti della morte del “cittadino modello” e che siano migliori quelli a nostra immagine e somiglianza che non domandano e  non ci impongono una risposta.  Finisce così: dovrebbero ma non si dimettono.

Ultimo aggiornamento Giovedì 12 Aprile 2012 13:29
 
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