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Scritto da Redazione   
Domenica 03 Novembre 2013 09:02

economia2Processo alla finanza


di  Giorgio Tarquini

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Non appartiene alla nostra tradizione culturale la saggistica di divulgazione, per cui imbattersi in qualche rara eccezione alla regola consolidata, che vuole appunto il saggio, ostico, incomprensibile ai non addetti ai lavori, è degno di attenzione. Processo alla Finanza, presentato alcuni giorni or sono alla Laterza di Bari, che lo ha anche editato, scritto dal direttore generale della Banca d’Italia, Salvatore Rossi, appartiene a tale categoria  di libri, che si fanno leggere e servono  a capire. L’argomento, peraltro, non è dei più agevoli, anche se da alcuni anni, volenti o nolenti siamo stati costretti a familiarizzare con i termini, gli strumenti e i concetti del mondo della finanza o legati ad essa, anche per le ricadute talvolta pesanti, sulla nostra vita quotidiana. Il ‘processo’ del titolo parte dal presupposto che “la gente ce l’ha con i banchieri, con le banche, con la finanza”, è quindi opportuno – per fare chiarezza - istruire un dibattimento “articolato e meditato”, perché l’imputato ‘finanza’, pur svolgendo una funzione fondamentale nella società (far funzionare il circuito risparmio-credito-investimento in un’economia monetaria di mercato), spesso commette autentiche nefandezze.Come non ricordare, al riguardo, che  l’innesco  della  crisi del 2007 ( i mutui subprime), scoppiata negli Usa e rapidamente propagatasi in tutto il mondo,  nella quale siamo ancora intrappolati, lo si deve proprio alla finanza.

L’artificio retorico del ‘processo’ consente all’autore di procedere per gradi, iniziando dall’identificazionebanche_crisi_euro dell’imputato per poi passare all’esposizione dei capi d’accusa, dei fatti, degli argomenti dell’accusa e della difesa, fino alle conclusive “riflessioni per un verdetto” che viene affidato a una giuria popolare, quella dei lettori. Cinque i capi d’accusa - la finanza è destabilizzante, è irreale (rispetto all’economia reale), è incomprensibile, è prodiga, è irragionevole - attraverso i quali l’autore - che ovviamente avverte in premessa parla a titolo personale -  riesce a completare un percorso di analisi dei principali avvenimenti economico-finanziari degli ultimi anni (che sono poi gli anni della crisi), traducendo il tutto in un linguaggio piano e comprensibile. Non c’è mai nell’autore una qualsiasi indulgenza o benevolenza nei confronti dei fatti descritti, semmai traspare sempre un desiderio un po’ distaccato di chiarificazione e di interpretazione al di là di qualsiasi pregiudizio.

Degno di nota, godibile nella felice semplificazione, è il capo d’accusa sull’incomprensibilità  della finanza e cioè la ‘proliferazione dei cosiddetti strumenti finanziari complessi’: vengono passati in rassegna dapprima i derivati, spiegati con efficacia nella loro intrinseca natura di scommessa, ma liquidati e paragonati ai banchetti nelle sagre di paese, dove si fa il gioco delle tre carte. “Da vent’anni il mondo è invaso da migliaia di banchetti più o meno abusivi in cui pochi furbi manipolatori fanno il ‘gioco delle tre carte’ ai molti gonzi di passaggio”. Si passa quindi alle agenzie di rating che si arricchiscono in palese conflitto di interessi: i loro committenti son gli stessi che devono essere valutati. L’accusa va giù dura “le Agenzie di Rating si sono rivelate inutili, anzi pericolose, per l’intero sistema finanziario mondiale, da cui andrebbero estirpate”. Infine, le cartolarizzazioni (securitization) che sono alla base del crollo del 2007, i mutui immobiliari subprime (concessi a mutuatari dalla dubbia solvibilità) negli Usa, a cui sono abbinati  altri famigerati attori che popolano la finanza globale, quali gli hedge funds (fondi di ratingarbitraggio), fondi speculativi, che entrano  nei circuiti mondiali del credito senza essere regolati né controllati da alcuno. Nell’ultimo capo di accusa (la finanza è irragionevole) Rossi parla delle vicende a noi più vicine: la crisi dal 2010 si è spostata in Europa e qui la finanza - secondo l’accusa - ha dato la stura ad una serie di azioni irrazionali. Per descrivere tali accadimenti che, alla luce delle analisi su una serie di indicatori oltre che dell’ormai famoso e popolare spread, potrebbero indurre a considerare come irragionevoli i comportamenti dei  mercati finanziari internazionali  (cioè anche i risparmiatori di tutto il mondo, e in buona sostanza anche noi stessi), l’autore rimanda alle recenti vicende incentrate sulla crisi dei debiti sovrani dei Paesi alla periferia dell’euro (tra cui l’Italia). Particolare attenzione viene data alla decisione della Banca Centrale Europea, dell’estate del 2012, di prevedere acquisti illimitati sul mercato, di titoli di Stato dei paesi in difficoltà,  ribadendo agli investitori internazionali che non esiste il rischio di convertibilità nelle vecchie monete nazionali  e che l’euro resta irreversibile (“whatever it takes!” qualsiasi cosa sia necessaria, è la frase diventata famosa del Presidente della Bce, Mario Draghi).

La requisitoria finale dell’accusa si incentra sul drammatico spettacolo offerto dalla finanza nel corso degli ultimi anni “..una sbornia collettiva, alimentata dai meccanismi della finanza moderna e dalla spregiudicatezza degli operatori”, davanti alla quale i politici  e gli organismi di controllo sono stati indifferenti o complici. Si è assistito al fallimento del mercato e della sua “mano invisibile” incapace di equilibrare  gli interessi dei privati con quelli della collettività, di proteggere  i risparmiatori e lo stesso sistema dall’eccessivo rischio e dalla smodata cupidigia.crisi2
Ciò vale soprattutto negli Usa, che tuttora e nonostante i disastri conclamati ed esportati, “vive in una situazione di prevalente autoregolamentazione, lacunosa e fallace”. Le argomentazioni della difesa, invece,  rilanciano il ruolo insostituibile della finanza nel sistema capitalistico e citando autorevoli economisti  e studiosi, puntualizzano come ogni sistema di regolazione pubblica sia di per sé statico, “mentre il mercato che intende regolare è dinamico”: reclamando tale libertà insostituibile, viene richiesta ovviamente l’assoluzione dell’imputato. Infine, il capitolo finale - suggerimenti per chi formulerà il verdetto (il giudice che si rivolge alla giuria popolare) - dove finalmente Rossi, esce incautamente allo scoperto, sempre con educazione e garbo, e partendo dalla constatazione, emersa dal dibattimento, che occorra ricercare il punto di equilibrio fra libertà e regole in finanza, osserva che tale punto vada “collocato piuttosto dalla parte delle regole che dalla libertà d’azione dei mercati”. In Italia tale sistema di regole e di controlli applicato agli intermediari e ai mercati finanziari esiste ed è efficace, ma  i singoli Paesi possono ben poco per contrastare la finanza globale; solo attraverso la cooperazione internazionale e la condivisione di un sistema di regolamentazioni reali vi sarebbero  margini di sicurezza. “La finanza va assoggettata a una istanza superiore, pubblica….E’ indubbio che il libero agire delle forze di mercato è un valore, anche nei mercati finanziari, tuttavia la speciale natura della merce che vi si negozia, la fiducia privata e pubblica, induce a prevedere limitazioni anche severe di quella libertà.

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Ultimo aggiornamento Domenica 03 Novembre 2013 13:49
 
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