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Scritto da Redazione   
Giovedì 10 Dicembre 2015 07:52

sviluppo

Superliquidità = Disoccupazione  

Che fare contro insufficienza di domanda e sottoccupazione? Approfittare del quantitative easing per abbattere il cuneo fiscale e incrementare gli stipendi, i salari e le pensioni di almeno il 20% (nuovo potere di acquisto immediato). Eliminare o ridurre l’insufficienza di domanda anche mediante la manovra fiscale: imposta veramente progressiva sui redditi medio-alti e imposta progressiva eccezionale sui patrimoni più consistenti. Anche l’inflazione al 2-3% può incentivare la ripresa produttiva. Infine, lo Stato e le sue articolazioni territoriali devono intervenire con decisione. Lo 'Stato leggero' non favorisce i poveri, gli esclusi, gli indigenti

 

di  Mino Magrone
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Vendere è diventato più difficile di produrre. Perciò il consumo ha assunto un’importanza cruciale nelle dinamiche reali dello sviluppo economico e dellamalthus crescita del reddito di una collettività. La questione essenziale è che chi è chiamato a consumare deve possedere denaro per assolvere alla sua funzione decisiva.
Ma, se vendere è difficile, il basso livello della domanda di beni e di servizi apre un’enorme spazio di capacità produttiva non utilizzata, giacente e frenata dalla scarsità di denaro posseduto dai consumatori i quali hanno di conseguenza bisogni primari largamente insoddisfatti.
L’argomento non è del tutto nuovo. E’ stato affrontato nei termini di insufficienza di domanda da Keynes nel 1936.

Storicamente, però, la prima acuta individuazione del sottoconsumo fu di Malthus e del ginevrino Sismondi i quali nel corso degli anni tra il 1813 e il 1820 posero le prime basi teoriche alla spiegazione delle crisi economiche dovute a debolezza della domanda.

Anche le correnti di pensiero socialista, combinando insieme la teoria del sottoconsumo con quella delle “sproporzioni” tra i settori dell’economia e la celebre teoria della caduta tendenziale del saggio del profitto, criticarono il capitalismo e il mercato nel senso della loro strutturale incapacità di raggiungere la piena occupazione.

2012-05-20-profit-graph-1Oggi, con la crisi iniziata nel 2007 e ancora in corso, riaffiora il tema degli equilibri di sottoccupazione e sottoconsumo. Temi e realtà dei nostri mercati che anche in periodi di crescita economica non sono mai scomparsi.

I mercati, infatti, possono essere in condizioni di equilibrio compatibili con un alto livello di disoccupazione e con il moltiplicarsi della povertà e dell’indigenza. Collettività con un elevato grado di ricchezza possono accogliere in sé, accanto a situazioni di grande benessere, diffuse condizioni di malessere, disagio sociale e povertà.

Per rendere l’argomento meno complicato, prescindiamo dalle importazioni e dalle esportazioni. Fingiamo cioè di vivere in un “mercato chiuso”. L’equazione che segue

R = C + I

il reddito è uguale ai consumi più gli investimenti, è un’equazione di definizione. Se il mercato fosse aperto dovremmo tener conto delle esportazioni (con il segno più) e delle importazioni (con il segno meno). Quell’uguaglianza è di definizione perché definisce solo formalmente che l’equilibrio è dato dall’uguaglianza tra il primo membro (il reddito) ed il secondo (i consumi più gli investimenti). In realtà quell’equilibrio è il più delle volte un equilibrio di sottoccupazione perché una larga parte dei consumatori non ha il potere d’acquisto sufficiente a garantire una maggiore occupazione o, addirittura, piena occupazione. Quasi sempre quegli equilibri comportano il triste e diffuso fenomeno dell’espulsione dal mercato dei poveri, degli indigenti e dei detentori di bassi salari che non sono mai scomparsi nelle così dette società opulente e che oggi sono sotto gli occhi di tutti, anche degli osservatori più superficiali. I quali osservatori non si avvedono che oggi l’ampiezza del campo delle nuove e, forse, inedite povertà frena e congela l’enorme capacità produttiva della tecnoscienza che in sé è capace di tradurre dalla potenza all’atto il benessere di una collettività. Ma enormi disuguaglianze sociali, concentrazioni di ricchezze e iperliquidità da una parte, contrapposte all’accumulo di povertà e sottoconsumo dall’altra, impediscono la crescita reale del reddito e il raggiungimento dell’equilibrio di piena occupazione.

Alcuni fatti dei nostri giorni provano in modo inequivocabile la reale e drammatica presenza del sottoconsumo e della sottoccupazione. Per esempio, i maggiori risparmiatori, i detentori di superliquidità, stentano a capire che una più equa distribuzione di liquidità (più numerose buste paga ed anche più cospicue) innalzano i consumi primari e fanno crescere anche il reddito nazionale per cui anche gli interessi negativi sui titoli di stato scompaiono. Alcune settimane fa l’asta dei Bot semestrali, per la prima volta in Italia, ha fatto registrare rendimenti negativi (interessi negativi di meno 0,055%). Ciò significa che, pur di impiegare in qualche modo la loro grande liquidità, alcuni risparmiatori acquistano Bot semestrali ed ottengono alla fine del semestre un capitale inferiore (a causa degli interessi negativi) rispetto a quello dato in prestito.

La lezione è questa: bisogna ridistribuire equamente la notevole liquidità. Come? I rimedi ci sono. Ma coloro che li vogliono attuare non hanno il potere necessario per farlo.

Interessante, nel contesto dell’argomento di questo scritto, è l’evoluzione della politica monetaria della Banca Centrale Europea. Il suo presidente, Mario BN-GN707 ECBQEP P 20150121061410Draghi, di fronte al rallentamento della crescita dell’eurozona e a un’inflazione che resta ancora molto bassa rispetto al target che la Bce definisce di stabilità (2% annuo), nella riunione del 3 dicembre del Consiglio dei governatori, ha  proposto al Consiglio dei governatori di prolungare sino a marzo 2017 e oltre il programma di acquisto di titoli di Stato sui mercati (Qe – quantitative easing) e di reinvestire nel programma il denaro riveniente dal programma stesso.

Si tratta in effetti di misure monetarie non convenzionali che nel gergo Bce significa di carattere straordinario. Ma il pericolo ed il rischio è che l’ulteriore liquidità non si traduca in crescita dei consumi e del reddito. La superliquidità deve lambire e bagnare le rive arse dai vasti spazi dove i consumatori non hanno il necessario potere d’acquisto per innalzare i consumi e mettere in moto la crescita del reddito.

Va energicamente penalizzata la perniciosa prassi delle banche di tenere ingenti capitali in deposito presso la Bce. Quel capitale è liquidità neutralizzata, non investita, che deprime e sopprime ogni possibilità di maggiori consumi, maggiore reddito e crescente occupazione. Per tali prassi bancarie le attuali penali vanno aumentate considerevolmente.

In Italia un altro pesante sintomo dell’insufficienza di domanda è segnalato (è un fatto strutturale della economia italiana in particolare) dal numero molto basso di lavoratori occupati rispetto ai disoccupati e agli “scoraggiati” (cioè ai lavoratori che neppure cercano più un lavoro). Gli occupati con le loro buste paga mantengono i disoccupati e gli scoraggiati. Nel nostro paese siamo al pareggio tra le persone che lavorano e quelle che non lo fanno (disoccupati). Su cento occupati cento sono disoccupati per cui quelli che lavorano mantengono se stessi e i cento disoccupati. Nell’eurozona l’Italia è penultima; dopo di noi viene la Grecia. Ma è tutta l’Europa, se non l’intero pianeta, che soffre la disoccupazione cioè il numero basso di buste paga nelle città, nei quartieri e nei condomini. Poche buste e livelli salariali bassi non consentono neppure di sperare di avvicinare la piena occupazione.

I possibili rimedi devono essere pochi ma essenziali.

Approfittare del quantitative easing per abbattere il cuneo fiscale ed incrementare gli stipendi, i salari e le pensioni di almeno il 20% (nuovo potere di acquisto immediato).
Eliminare o ridurre l’insufficienza di domanda anche mediante la manovra fiscale: imposta veramente progressiva sui redditi medio-alti e imposta progressiva eccezionale sui patrimoni più consistenti.
Anche l’inflazione al 2-3%, oltre a ridurre il peso del debito pubblico, può incentivare la ripresa produttiva.

Infine, per quanto riguarda lo Stato e le sue articolazioni territoriali bisogna porre un freno al loro arretramento. Devono intervenire con decisione. Lo Stato leggero non favorisce i poveri, gli esclusi, gli indigenti. Per includere nel possibile benessere anche questa umanità sacrificata è urgente e necessario che lo Stato faccia il suo dovere fino in fondo e rimuova tutti gli ostacoli che impediscono alla potenza della tecnoscienza di tradurre in realtà l’enorme capacità produttiva frenata e, spesso, bloccata dalla insufficienza di domanda.

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Ultimo aggiornamento Mercoledì 16 Dicembre 2015 23:00
 
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