L'"AMICO" GHEDDAFI E IL "CONTRATTEMPO" GIAPPONESE Stampa
Scritto da Redazione   
Martedì 22 Marzo 2011 00:24

GHEDDAFI   

di Fabio Traversa

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È il 26 aprile 2010 quando il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, a margine di un incontro con il premier russo, Vladimir Putin, dichiara: “Abbiamo parlato molto del futuro dell'energia nel mondo e siglato un accordo che può segnare una svolta per il nucleare. Un progetto che potrà cambiare gli scenari della produzione di energia per le generazioni future. I lavori per la prima centrale nucleare in Italia saranno iniziati entro tre anni. Prima di individuare un luogo in cui realizzare una centrale nucleare bisogna che cambi l'opinione pubblica italiana”.

Il 30 agosto, invece, dopo aver accolto a Roma il leader libico Muhammar Gheddafi (cinquecento ragazze vengono reclutate da un'agenzia per la lezione sul Corano), afferma: “Il trattato di amicizia con la Libia costituisce un modello di diplomazia nell'era della globalizzazione: quando due popoli, separati da vicende tragiche e dolorose, riescono a superare queste vicende, ritrovando intesa e amicizia, ciò avviene a vantaggio di tutti. Grazie a questa amicizia l'Italia ha potuto contribuire a risolvere la crisi dei visti fra la Libia e i paesi dell'Unione europea e grazie al trattato é stato possibile contrastare con successo la tratta dei clandestini dall'Africa all'Europa per mano delle organizzazioni criminali. E' quindi un vantaggio per tutti se le relazioni fra l'Italia e la Libia sono cambiate. Chi non lo capisce - c'é stata qualche critica in questi giorni al riguardo - appartiene al passato ed è prigioniero di schemi superati. Noi, invece, vogliamo guardare avanti e al futuro, per il bene dei nostri figli e per tutta la comunità internazionale”.

A distanza di pochi mesi rileggendo queste dichiarazioni viene quanto meno da sorridere. Lo scenario è, infatti, profondamente mutato e il premier, solitamente loquace, tende a evitare o a ridurre al minimo suoi interventi su queste due questioni. Del resto, poco più di una settimana dopo l'inizio dell'allarme che ha sconvolto il Giappone, il ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani ha annunciato "una responsabile pausa di riflessione, come fatta da altri Paesi europei" sul programma nucleare italiano. Ora la priorità, ha aggiunto, è verificare la sicurezza a livello europeo delle centrali in funzione. Inoltre sulle condizioni di sicurezza del nucleare in Europa sarà garantita la massima informazione ai cittadini italiani. "Non so se prima del referendum faremo in tempo a dare le informazioni che ci aspettiamo - ha detto ancora il ministro - Ma cercheremo di fare in modo che i cittadini italiani siano informati al massimo livello possibile delle risultanze di questa ricerca che sarà fatta a livello europeo e condivisa da tutti i Paesi europei". Già, perché la consultazione di metà giugno è diventata un vero spauracchio. Il mese prima, poi, ci saranno le elezioni amministrative e, come avrebbe detto il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo in un clamoroso fuorionda, “è finita. Non possiamo mica rischiare le elezioni per il nucleare. Non facciamo c…ate: dobbiamo uscirne in maniera soft”.

È preoccupato, ma dalle prossime elezioni presidenziali, in programma nella primavera del 2012, anche il leader francese Nicolas Sarkozy. Gli ultimi sondaggi, infatti, lo vedono in caduta libera proprio nei confronti del suo elettorato di destra. E così la foto della visita di Gheddafi in Francia nel dicembre 2007, dove il Rais stringe la mano al sorridente compagno di Carla Bruni, è misteriosamente scomparsa dal sito dell’Eliseo e, soprattutto, il Paese transalpino è stato quello che ha più spinto per l'intervento militare in Libia, dopo aver frenato per alcune settimane. I francesi, infatti, sono molto sensibili al ruolo mondiale del Paese. L’Italia, a quel punto, “si è accodata” e ha fornito le sue basi ma anche mezzi aerei che, però, finora si sono limitati a colpire radar nemici operanti. Lo stesso Berlusconi, durante il Consiglio dei ministri straordinario, avrebbe spiegato a Umberto Bossi "che un'altra strada non esisteva" e che non si poteva rischiare di rimanere ai margini e subire solo le conseguenze di quanto deciso da altri. Soprattutto in vista dell'emergenza immigrati e profughi. Ora, però, la “guerra” è anche diplomatica. Il nostro Paese vuole che il comando delle operazioni sia della Nato mentre la Francia è contraria. Si rischia di incrinare una coalizione (che comprende anche Usa e Inghilterra) faticosamente messa insieme. E ci si chiede per quanto tempo ancora proseguiranno i raid e quante vittime civili dovranno accumularsi prima che si arrenda un uomo, Gheddafi, al quale Berlusconi baciava l’anello fino a pochi mesi fa e a cui anche i governi di sinistra Amato-D’Alema-Prodi davano molto credito in passato.

Ultimo aggiornamento Martedì 22 Marzo 2011 00:57
 
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