=IL CONSIGLIO EUROPEO HA DECISO CHE L'ITALIA DIVENTI MENO DEMOCRATICA E PIU' POVERA= Stampa
Scritto da Redazione   
Venerdì 03 Febbraio 2012 12:47

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di Mino Magrone
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Ormai, ci siamo! La riunione dei capi di Stato e di Governo (Consiglio europeo del 30 gennaio scorso a Bruxelles) ha definitivamente messo fuori legge Keynes e tutte le politiche economiche di derivazione keynesiana. Con l’approvazione del così detto fiscal compact in Europa, o almeno nell’Europa dei 25 paesi sottoscrittori dell’accordo, non sarà più possibile che un governo nazionale, tanto meno la Commissione europea, possa sperimentare di uscire dalla crisi economica adottando misure anticrisi di tipo keynesiano. Ma giudichi il lettore se l’accordo del 30 gennaio è nel senso dello sviluppo del reddito e dell’occupazione ovvero nel senso di un’ulteriore spinta depressiva economica e sociale.

Il fiscal compact  (la disciplina di bilancio) stabilisce due cose essenziali:

La prima riguarda l’introduzione nella Costituzione [v., in questa rivista Guglielmo Forges Davanzati] dei 25 firmatari dell’accordo della regola d’oro (così definita da molti apologeti) del pareggio di bilancio (l’Italia dovrà raggiungerlo entro il 2013. Oggi il suo deficit è pari al 4% del Pil);

la seconda cosa riguarda il progressivo ed incalzante rientro del debito che supera la soglia del 60% del Pil per un ventesimo all’anno della parte eccedente il 60%.

L’Italia, pertanto, dovrà entro l’anno prossimo presentare all’esame di Bruxelles un bilancio in pareggio. Oggi ha un deficit di circa 64 miliardi di euro pari al 4% del suo Pil di 1600 miliardi.

 

A tutto ciò, forse dal 2013, si dovrà aggiungere la gravosa operazione di rientro dal debito che oggi è di ben 1900 miliardi. Dovrà l’Italia ridurre di un ventesimo all’anno la parte eccedente il 60% del Pil. La parte del debito eccedente il 60%  del Pil è pari a 47 miliardi di euro. Potrà l’Italia entro il 2013 azzerare il suo deficit (64 miliardi) e ridurre il suo debito (47 miliardi) relativo al primo anno dei complessivi venti anni entro i quali ridurre il debito alla soglia di Maastricht del 60%?

Questo è il punto cruciale: ammettiamo (come afferma Monti) che l’Italia ce la faccia. Ma a che prezzo?

Già per questo anno 2012 tutte le previsioni affermano che siamo in recessione e che il nostro reddito nazionale (il Pil ) quest’anno si ridurrà di almeno 1,50% – 2%. Come è noto, a parità di valore assoluto del debito (1900 Mld), qualora il reddito fosse in diminuzione la percentuale del debito sul Pil aumenta. Il che rende ancora più difficile ed onerosa la riduzione del debito. In Europa hanno vinto i paesi più forti; l’Italia, con tutta l’Europa Meridionale, esce dall’accordo del 30 gennaio sconfitta ma felice (almeno Monti ha tutta l’aria di un uomo gratificato dalla amicizia e dalla considerazione del Cancelliere Merkel e dal presidente Sarkozy). La stampa italiana (a finanziamento pubblico) non osa e non vuole dire la verità sull’accordo asfissiante di Bruxelles. In questo caso il finanziamento pubblico non si discute; la sana concorrenza che cammina soltanto sulle gambe di ciascun mezzo di informazione e non sulle protesi pubbliche, in questo caso, è da tutti, con rarissime eccezioni, considerata un fatto dannoso. Le liberalizzazioni valgono per i panettieri che potranno aprire i forni le domeniche ma non per il fortissimo potere, a finanziamento pubblico, dei mezzi di informazione. Il prezzo è molto salato. Anche in termini di centralità democratica del nostro Parlamento. Ẻ chiamato a ratificare i decreti legge del governo, non può nemmeno discutere su alcuni emendamenti perchè sui decreti il governo pone la fiducia e strozza ed elimina il dibattito e la discussione democratica. Un’Italia così malridotta non poteva pensare di ottenere qualcosa di più favorevole dall’Europa che conta.

 

L’Italia è al cospetto di un muro di pietra al di là del quale non è ancora possibile dire che Italia sarà. Analizzando l’al di qua del muro è però motivatamente prevedibile un’Italia stremata democraticamente, più povera.

Eppure, un’Europa meno egoista e un’Italia più democratica avrebbero potuto garantire un’amministrazione meno ideologica del debito; una gestione, cioè, più tecnologica della tecnica del debito. Non c’è che da convenire con Monti: il suo è veramente un governo politico e non tecnico.

Ultimo aggiornamento Venerdì 03 Febbraio 2012 13:36
 
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