= CRISI. PERCHE' GLI SPECULATORI NON ATTACCANO GLI STATI UNITI? = Stampa
Scritto da Redazione   
Martedì 18 Settembre 2012 17:27

le politiche di austerità sono esclusivamente recessive e non è attraverso queste politiche – nonostante ciò che dichiara il Presidente Monti – che c’è da aspettarsi la ripresa della crescita economica in Italia

 

di Guglielmo Forges Davanzati 

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L’Italia è, fra i Paesi ‘periferici’ europei, quello che avrebbe la maggior convenienza ad abbandonare l’euro. Lo stabilisce un recente Rapporto di Merrill Lynch, nel quale si legge: L’Italia ha più incentivi della Grecia a uscire volontariamente dalla zona euro, mentre sarà più costoso per la Germania mantenere l’Italia all’interno. Ciò significa che l’Italia potrebbe essere ancora più riluttante della Grecia ad accettare dure condizioni per rimanere”.

Le motivazioni fornite a sostegno di questa ipotesi possono così riassumersi. Innanzitutto - il che peraltro varrebbe per tutti i Paesi dell’eurozona nel caso questa deflagri - l’Italia potrebbe avvalersi dello strumento delle svalutazioni competitive, modificando unilateralmente il tasso di cambio, e accrescendo le proprie esportazioni. Va detto che l’effetto collaterale di queste politiche – effetto sperimentato diffusamente negli anni nei quali l’Italia le ha adottate – consiste in un aumento del tasso di inflazione, imputabile a un aumento dei prezzi dei prodotti importati. E tuttavia, stando a Merrill Lynch, il primo effetto, per l’economia italiana, potrebbe essere di entità maggiore del secondo, a ragione del fatto che, molto più degli altri PIIGS, l’Italia ha una struttura produttiva (ancora) relativamente robusta, con una quota relativamente significativa di imprese ben posizionate nei mercati internazionali. In secondo luogo, come si legge nel Rapporto, potendo – nelle nuove condizioni – la Banca d’Italia stampare moneta (anche in questo caso, ciò avverrebbe per qualunque altro Paese che abbandoni l’euro), ciò costituirebbe un potente freno alla speculazione sui titoli del debito pubblico. Si cita, a riguardo, l’esperienza russa. La Russia dichiarò default sul debito sovrano nel 1998 e dopo poco meno di un anno i titoli pubblici e privati di quel Paese subirono un consistente aumento di rendimento. Gli economisti di Merrill Lynch spiegano che “Il mercato ha una memoria molto corta. Se fai le giuste politiche, e ci sono opportunità per gli investitori di fare soldi, al mercato non importa granché”. E’ interessante osservare che Merrill Lynch non è un autonomo Istituto di Ricerca, ma una della più grandi banche d’affari al mondo. La pubblicazione di un Rapporto nel quale si prova a dimostrare che l’Italia trae più danni che benefici nel continuare ad adottare l’euro potrebbe avere un duplice significato. In primo luogo, potrebbe costituire una preziosa fonte informativa per orientare le strategie di contrattazione in sede europea da parte del Governo italiano. Si osservi, a riguardo, che, fatte salve rare eccezioni, non è dato sapere quale “strategia di uscita” viene immaginata dalle forze politiche attualmente presenti in Parlamento. Ciò che desta stupore, in altri termini, è il fatto che il problema della deflagrazione dell’Unione Monetaria Europa è pressoché assente nella discussione politica italiana, pure a fronte del fatto che essa è data come imminente da autorevoli economisti e altrettanti autorevoli centri di ricerca. Il Rapporto di Merrill Lynch potrebbe, tuttavia, avere un significato ben diverso da quello attribuibile a una disinteressata analisi scientifica: potrebbe, cioè, significare che agli speculatori interessa che l’Italia abbandoni l’euro e, per conseguenza, che l’intera eurozona deflagri (dal momento che appare ragionevole che se l’Italia dovesse decidere di abbandonare l’euro, verrebbe seguita da altri Paesi), oppure che l’Unione Europea si riduca alla c.d. Grande Germania (ovvero, Germania e Paesi satelliti). In altri termini, data l’opacità che caratterizza i moventi della speculazione, può considerarsi verosimile la congettura stando alla quale le più grandi Istituzioni finanziarie internazionali si attendono la deflagrazione dell’Unione Monetaria Europea così come la conosciamo e si preparano – anche incentivandola, come in questo caso – a speculare sui titoli del debito pubblico dei singoli Paesi.

 

Si tratta di scenari sui quali è estremamente difficile, se non impossibile, formulare previsioni. Ma ciò che qui maggiormente interessa è che il Rapporto Merrill Lynch segnala un preoccupante stato d’allarme, comunque lo si voglia interpretare. E’ il segnale d’allarme relativo a una possibile imminente deflagrazione dell’eurozona, che si aggiunge a ulteriori segnali d’allarme del medesimo tenore proveniente da fonti altrettanto autorevoli. E’ ben nota (e condivisibile) la tesi secondo la quale, per far fronte alla crisi dell’eurozona, occorrerebbe creare un unico bilancio federale assegnando alla Banca Centrale Europea il ruolo di prestatore di ultima istanza (dandole cioè la possibilità di acquistare titoli del debito pubblico), passando, così, da un’Unione esclusivamente monetaria a un’Unione politica. Poiché, infatti, la speculazione si rende conveniente laddove esistono (come esistono oggi) profonde differenze dei tassi di crescita e del saldo della bilancia commerciale fra Paesi che restano sovrani ma che hanno ceduto sovranità monetaria alla Banca Centrale Europea, è evidente che la creazione di un’Europa politica la renderebbe molto simile – come configurazione istituzionale – agli Stati Uniti, con la non irrilevante conseguenza che non sarebbero più tecnicamente possibili attacchi speculativi sui titoli del debito pubblico dei singoli Stati. Si può considerare a riguardo, e a titolo esemplificativo, che gli Stati Uniti sono immuni da attacchi speculativi pur avendo un rapporto debito pubblico/PIL non eccessivamente inferiore a quello italiano (circa il 100% nel primo caso, a fronte di circa il 120% nel secondo caso). Letta in quest’ottica, la crisi europea è una crisi che dipende, in ultima analisi, da fattori politico-istituzionali: è ormai chiaro che è impossibile far fronte ad attacchi speculativi in assenza di una politica fiscale comune e di una Banca Centrale che possa attivamente intervenire sui mercati finanziari (Sul tema, rinvio al mio Mario Draghi salverà l’Europa?, “Micromega on-line”, 15 settembre 2012) così come è ormai chiaro che le politiche di austerità sono esclusivamente recessive e che non è attraverso queste politiche – nonostante ciò che dichiara il Presidente Monti – che c’è da aspettarsi la ripresa della crescita economica e sociale.

 

Ultimo aggiornamento Mercoledì 19 Settembre 2012 18:57
 
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