=LA COSTITUZIONE A PEZZI= Stampa
Scritto da Redazione   
Sabato 05 Aprile 2014 21:19

Addio alla Costituzione.

Non in nostro nome

 

di Francesca Di Ciaula *

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È solo storia recentissima, dopo un lungo periodo di assenza di dibattito, la levata di scudi di una parte della società civile e persino di esponenti istituzionali, contro la riforma del Senato già in scadenza nell'agenda del consiglio dei ministri con una revisione dell'articolo Titolo V della Costituzione e l'istituzione di un' “Assemblea delle autonomie”. Si tratta di uno smantellamento del sistema bicamerale con la scomparsa del Senato, da sostituire con un organo assemblare non elettivo, costituito da “i presidenti delle giunte regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano, nonché, per ciascuna Regione, due membri eletti dai consigli regionali e tre sindaci eletti da un’assemblea di sindaci della Regione”.

Un cambiamento sostanziale dell'assetto dello Stato come questo non può passare inosservato nella collettività intera, sia a livello nazionale sia locale. Allo stesso modo non può non essere presa in considerazione anche in questo paese, Modugno, che ha rinnovato la propria amministrazione a seguito delle elezioni dello scorso maggio; una Città per giunta la cui maggioranza ha fondato sulla Costituzione scelte e programma politico. Italia Giusta secondo la Costituzione è tra i gruppi con maggiore rappresentanza all'interno dell'assemblea consiliare e della giunta. Il richiamo alla legalità Costituzionale è stato motivo principale della proposta elettorale e linea principale dello stesso programma del sindaco Nicola Magrone ed oggi continua ad essere il punto di riferimento nel modo di amministrare.

Modifiche alla Costituzione e abolizione della Camera Alta sono state negli ultimi tempi proposte agli italiani col monotono ritornello della necessità imposta dalle urgenze del Paese. Sembra insomma che un cambiamento di parte dell'assetto politico-amministrativo dello Stato italiano sia un dovere e un impegno, la giusta direzione della politica, allo stesso modo e con la stessa urgenza avvertita da tanta parte della popolazione per le politiche del lavoro. La modalità dell'approccio ai problemi del paese, con la fase renziana del premierato italiano, vuole essere quella dei tempi brevi in nome dell'efficienza del governare. Cambiamenti rapidi, attuazione delle riforme con scadenzario a breve termine, una ricetta sicura per “rinnovare” il paese. Di contro, l'immobilismo dei precedenti governi sulle questioni sociali e del lavoro; il messaggio è chiaro, l'immagine ben definita, quella di un governo che sa metter mano ai grandi problemi che stritolano il paese.

All'interno di questo messaggio, un cambiamento della Costituzione pare un dettaglio tecnico, un inciampo da superare in nome dell'efficienza dell'amministrare. Semplificazione è la parola d'ordine, ripetuta come un esorcismo: "semplificazione del procedimento legislativo e anche semplificazione dei poteri tra le regioni e lo Stato" (in una recentissima dichiarazione del primo ministro). Ma quali le modalità? Non la procedura prevista dall’articolo 138 per la revisione costituzionale, bensì un “ddl costituzionale”. Con disinvoltura e fantasiosa individuazione di procedimenti, si vanno a scardinare realtà di assetti politico-istituzionali al di fuori di quella legalità, che ha senso e contorni solo all'interno del testo costituzionale. Si mette in soffitta quel bicameralismo perfetto che i costituenti avevano ben intuito e stabilito come indispensabile a tutela di forzature di mano e distorsioni antidemocratiche nel legiferare e che invece oggi appare un ostacolo sul cammino di innovazione del Paese. Il cambiamento viene proposto più che nei contenuti e nei modi della politica, attraverso il presunto superamento di un'obsolescenza, quella dell'assetto bicamerale dello Stato di impianto costituzionale e così tutto scivola attraverso un messaggio di snellimento dei processi, presentato come ovvietà. Eppure in un paese come il nostro, dove la corruzione determina un costo enorme per lo Stato, di pari passo all'urgenza così drammaticamente avvertita di azioni politiche serie, la questione della legalità dell'agire politico insieme ai metodi democratici del governare dovrebbe essere in primo piano nelle scelte dei nostri rappresentanti istituzionali e il testo costituzionale il punto di riferimento imprescindibile.

Corruzione e diseguaglianze non si sconfiggono con la bandiera del cambiamento a tutti i costi bensì con l'intervento sulla politica del malaffare, quella delle rapide decisioni in piccole cerchie e al di fuori di contesti istituzionali, quella politica distante anni luce dalla legalità e dai principi costituzionali. Dovrebbe la Costituzione essere oggetto di attenzione, al pari delle derive di una mal interpretata efficienza attraverso il ricorso ad un'azione forte e rapida di un premierato, adesso così lontano da quella figura disegnata nella Costituzione del 1948 e che oggi slitta verso un semi presidenzialismo. È vero, non ci è rimasto tempo per risollevare il paese dai disastri sociali; è vero occorre un “no” deciso a quella politica fatta per pochi, di accomodamenti e decisioni prese in contesti intimi, che ci ha regalato persino una legge elettorale indegna di un paese democratico. Anche qui in questo paese come altrove, ai contatti al di fuori dei contesti istituzionali siamo avvezzi da passate amministrazioni: le decisioni prese in contesti riservati il più possibile nascoste alla conoscenza della comunità. Le semplificazioni e i tempi rapidi sono terreno di coltura, lo sappiamo, di forme dell'amministrare non democratiche, lesive dei diritti degli altri collocati al di fuori di cerchie ristrette dalle facili scelte.

Proprio la formula dei tempi brevi, quelle prove di uno snellimento di delicati processi decisionali della politica, furono rigettati dai costituenti, non perchè i tempi del dopoguerra e di uno Stato rifondato sulle macerie non li rendesse opportuni, bensì perchè il bicameralismo fu ritenuto una forma di garanzia della vita della democrazia nel Paese perchè contemplava tempi più distesi e forme e metodi dell'agire politico più attenti e lontani il più possibile da svolte decisioniste. Si tratta di un metodo dell'amministrare faticoso, difficile: eppure l'unico che rende possibile in un territorio, ai diversi livelli nazionale e locale, il rispetto delle voci presenti nella società civile, delle istanze e dei bisogni di tutte le componenti della società civile, affinchè quei principi di solidarietà e eguaglianza sociale non rimangano contenitori vuoti.

* della segreteria di Italia Giusta secondo la Costituzione.

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Ultimo aggiornamento Sabato 05 Aprile 2014 21:36
 
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