=QUESTIONI DI RAZZA. A 80 ANNI DALLE LEGGI RAZZIALI FASCISTE= Stampa
Scritto da Redazione   
Venerdì 03 Agosto 2018 15:19

SALVINI-VAURO

Il dicibile e l’indicibile.

 Meglio fare i forti con i deboli che risolvere i problemi. Il leader leghista, Matteo Salvini, ministro degli Interni e vicepresidente del Consiglio, gioca con le “razze”, a 74 anni dall’eccidio dei Rom ad Auschwitz e a 80 dalla promulgazione delle leggi razziali in Italia.

Tutti non ci stiamo e dobbiamo fare delle scelte. Dobbiamo decidere se la nostra etnia, se la nostra razza bianca, se la nostra società deve continuare a esistere o se la nostra società deve essere cancellata”.

La dichiarazione è del leghista Attilio Fontana, fu fatta nel gennaio 2018 quando era candidato per il centrodestra alla carica di presidente della Regione Lombardia. Il giorno successivo Fontana spiegò che il suo era stato un lapsus, poi disse che la sua affermazione gli stava facendo guadagnare voti: due mesi dopo vinse le elezioni.

Da quella disgraziata affermazione di Fontana è stato un crescendo di affermazioni disgraziatissime al punto che il Presidente della Repubblica ha ritenuto di dover intervenire:

Vi è [da parte di chi opera nelle istituzioni politiche - ma anche di chi opera nel giornalismo] il dovere di governare il linguaggio”, ha detto il 26 luglio scorso Sergio Mattarella  alla Cerimonia per la consegna del Ventaglio da parte dell’Associazione Stampa Parlamentare” [http://www.quirinale.it/elementi/11846].

La politica ha il dovere di governare il linguaggio, dice Mattarella. Il vicepresidente leghista del consiglio dei ministri, Matteomemorandum italia-libia Salvini,  evidentemente si sente ancora uomo di partito più che uomo delle istituzioni. E soprattutto si sente ancora in campagna elettorale: per questo, usa il linguaggio come un’arma per dare una netta sterzata a destra a un governo nel quale rischiava di rimanere sopraffatto dalla preponderanza elettorale del Movimento 5 Stelle. E ci riesce. I sondaggi, infatti, gli danno ragione: ogni giorno pare ottenga sempre più favore da parte del ‘popolo’ al punto da avere superato il M5S nel gradimento dell’elettorato.

Mette di fatto in atto, Salvini, le stesse politiche attuate dal PD, per esempio, per le migrazioni (l'accordo raggiunto da Marco Minniti e Paolo Gentiloni col governo libico fu giudicato dallAssociazione Studi Giuridici sull’Immigrazione - Asgi,in totale spregio del diritto di asilo consacrato nella Costituzione italiana e del dovere di rispettare i diritti umani- www.asgi.it/asilo-e-protezione-internazionale/italia-libia-accordo-ue/) o nei confronti di minoranze etniche, come i Rom. E, insieme, usa un linguaggio semplice e funzionale per vellicare la xenofobia, l’odio per i più deboli o semplicemente la paura di cittadini che attribuiscono all’unica causa della migrazione indiscriminata problemi legati a situazioni economico-politiche internazionali di grande complessità.

Salvini sdogana l’indicibile, semplicemente rendendolo dicibile. Le politiche del suo predecessore agli Interni erano state, nei confronti delle migrazioni, probabilmente peggiori (almeno rispetto a quanto ha fatto Salvini per ora), ma era stato mantenuto altissimo il livello di ipocrisia del linguaggio politicamente corretto. Oggi non è più così. Il livello di barbarie del linguaggio è ormai parecchio alto, quello dei fatti si alza ogni giorno di più.

sullapelledeirom1-1024x682Avviene per i migranti, avviene per i neri che abitano tra noi (compresi i cittadini italiani), avviene per i Rom e per gli sgomberi dei campi nomadi a Roma e in altre città, classico esempio di atti di durezza estrema nei confronti di persone deboli e odiate. In un intervista fatta da Maurizio Stefanini e pubblicata dal quotidiano Il Foglio il 26 luglio scorso, Santino Spinelli, artista di etnia rom e docente universitario, dice:

[…] non esiste (e non è mai esistito) un reale piano per la ricollocazione degli esseri umani appartenenti all’etnia rom che vengono sgomberati […] I rom non sono nomadi per cultura e la mobilità delle comunità romanès è sempre stata coatta, figlia della persecuzione e della discriminazione. […] Il nomadismo è stato il pretesto per sostenere la politica di Mafia Capitale e per lo sperpero di milioni e milioni di euro creando arricchimenti personali sulla pelle di donne, bambini e anziani inermi e senza alcuna tutela giuridica. […] I campi nomadi, proliferati a causa e a esclusivo vantaggio di Mafia Capitale, sono un crimine contro l’umanità. Con la minima parte dell’immenso flusso di denaro pubblico e comunitario sperperato attraverso progetti fasulli per i Rom e i Sinti negli ultimi 30 anni si sarebbe certamente potuto creare le premesse per una seria e vantaggiosa inclusione, eliminando tantissimi problemi”.

E’ dunque proprio così: fare i forti con i deboli è molto più semplice che risolvere i problemi.

Quel che accade oggi in Italia, questo scherzare col Fascismo, la razza, le parole del Duce, la nostalgia dell’uomo forte, accadeauschwitz-gypsy-prisoners proprio tra noi, nel nostro Paese, a oltre 70 anni dall’eccidio in Europa - a causa delle politiche razzistiche del nazismo e del fascismo - di oltre mezzo milione dizingari e dell’eccidio di altre migliaia fatte fuori per le strade dell’Europa occupata dai nazisti, in Polonia, in Russia e negli orridi Lager croati. Fu nella notte tra il 2 e il 3 agosto 1944 che tutti i Rom e i Sinti che erano ancora detenuti nel campo di Auschwitz Birkenau - quasi 3.000 persone, tra uomini, donne e bambini - furono sterminati, e i loro corpi bruciati. Il campo degli zingari di Auschwitz Birkenau fu così definitivamente liquidato:

Nel campo entrano autocarri, con i quali 2.897 uomini, donne e bambini inermi sono portati nelle camere a gas. Dopo la gassazione, i cadaveri degli uccisi sono bruciati nelle fosse scavate accanto al crematorio, poiché i forni crematori al momento non sono in funzione” (Danuta Czech, Kalendarium. Gli avvenimenti del campo di concentramento di Auschwitz Birkenau 1939-1945, Milano, ANED/Mimesis, 2006). Durante il processo di Norimberga non fu ammessa la costituzione di parte civile dei superstiti di etnia nomade: la questione rom venne solo citata in alcuni passi dal procuratore statunitense Wheeler. Soltanto alla fine del 1979, il Parlamento della Repubblica Federale Tedesca riconobbe ufficialmente che la persecuzione dei Rom ad opera dei nazisti era stata motivata dal pregiudizio razziale.

La distinzione degli uomini per razze dovrebbe ormai da tempo fare repulsione giacché siamo a 80 anni dalla promulgazione in Italia dellela difesa della razza leggi razziali da parte del regime fascista, il momento che risultò il più degradato della storia istituzionale dell’Italia unita, accompagnato dalla propaganda messa in campo da intellettuali e scienziati che piegarono la propria dignità scientifica alla carriera o alla sopravvivenza nella istituzione.

La pubblicazione del Manifesto degli scienziati razzisti avvenne in forma anonima il 14 luglio del 1938 sul Giornale d’Italia e il 5 agosto 1938 sul primo numero della rivista La Difesa della Razza, diretta da Telesio Interlandi, con la collaborazione di Giorgio Almirante. Il Manifesto e le successive leggi razziali fasciste furono dirette essenzialmente contro gli ebrei, dal momento che, per quanto riguardava gli zingari, sin dall'agosto 1926 una circolare del Ministero dell'Interno aveva resa nota la volontà del governo fascista di procedere con l'intenzione di epurare il territorio nazionale dalla presenza di zingari, di cui è superfluo ricordare la pericolosità nei riguardi della sicurezza e dell'igiene pubblica per le caratteristiche abitudini di vita. Il passaggio dalle pratiche di schedatura ed espulsione alla vera e propria persecuzione di Rom e Sinti e alla conseguente deportazione coincise con l'ingresso dell'Italia in guerra, nel 1940.

La Difesa della Razza, il 5 agosto 1938, pubblicava i nomi dei sottoscrittori del Manifesto degli scienziati razzisti:

dott. Lino Businco, assistente di patologia generale nell'Università di Roma,
prof. Lidio Cipriani, incaricato di antropologia nell'Università di Firenze direttore del Museo Nazionale di antropologia ed etnologia di Firenze,
prof. Arturo Donaggio, direttore della clinica neuropsichiatrica dell'Università di Bologna, presidente della Società italiana di psichiatria,
dott. Leone Franzí, assistente nella clinica pediatrica dell'Università di Milano,
prof. Guido Landra, assistente di antropologia nell'Università di Roma,
sen. Nicola Pende, direttore dell'Istituto di patologia speciale medica dell'Università di Roma,
dott. Marcello Ricci, assistente di zoologia all'Università di Roma,
prof. Franco Savorgnan, ordinario di demografia nell'Università di Roma, presidente dell'Istituto centrale di statistica,
on. prof. Sabato Visco, direttore dell'Istituto di fisiologia generale dell'Università di Roma e direttore dell'Istituto nazionale di biologia presso il Consiglio nazionale delle ricerche,
prof. Edoardo Zavattari, direttore dell'Istituto di zoologia dell'Università di Roma.

Noi di Sudcritica e di Italia Giusta secondo la Costituzione, a 80 anni esatti dalla pubblicazione del Manifesto degli scienziati razzisti e dal successivo avvio della promulgazione delle leggi razziali del fascismo, vogliamo ricordare l’aberrazione dell’uso della razza con le parole del Codice breve del razzismo fascista, di Nicola Magrone (edizioni dall’interno-sudcritica, 2004).

 


 14 Luglio 1938

Il “Manifesto degli scienziati razzisti”

La “circolare telegrafica” del 14 febbraio 1938, con la quale si impone alla stampa il silenzio sulla “questione ebraica”, intende nascondere, e nasconde in realtà, un intenso lavorio preparatorio della legislazione razziale del fascismo. Con il metodo consolidato del doppio binario: da un lato l’azione politica, dall’altro un atteggiamento pubblico mite e rassicurante.

Non sono trascorsi, infatti, due giorni dalla “circolare”, che viene diffuso dall’agenzia del regime Stefani un documento di smentita ferma e ufficiale delle intenzioni del Governo di “inaugurare una politica antisemita”.

Recenti polemiche giornalistiche hanno potuto suscitare in taluni ambienti stranieri l’impressione che il Governo fascista sia in procinto di inaugurare una politica antisemita.

Nei circoli responsabili romani si è in grado di affermare che tale impressione è completamente errata e si considerano le polemiche come suscitate soprattutto dal fatto che le correnti dell’antifascismo mondiale fanno regolarmente capo ad elementi ebraici. Gli ambienti responsabili romani ritengono che il problema ebraico universale lo si risolve in un modo solo: creando in qualche parte del mondo, non in Palestina, lo Stato ebraico; Stato nella piena significazione della parola, in grado quindi di rappresentare e tutelare, per le normali vie diplomatiche e consolari, tutte le masse ebraiche disperse nei diversi paesi.

Dato che anche in Italia esistono degli ebrei, non ne consegue la necessità che esista un problema ebraico specificatamente italiano. In altri paesi gli ebrei si contano a milioni, mentre in Italia, sopra una popolazione che attinge ormai i 44 milioni di abitanti, la massa degli ebrei oscilla fra le 50-60 mila unità.

Il Governo fascista non ha mai pensato, né pensa di adottare misure politiche, economiche, morali contrarie agli ebrei in quanto tali, eccettuato beninteso nel caso in cui si tratti di elementi ostili al Regime.

Il Governo fascista è inoltre risolutamente contrario a qualsiasi pressione diretta o indiretta per strappare abiure religiose o assimilazioni artificiose. La legge che regola e controlla la vita delle comunità ebraiche ha fatto buona prova e rimarrà inalterata.

Il Governo fascista si riserva tuttavia di vigilare sull’attività degli ebrei venuti di recente nel nostro Paese e di far sì che la parte degli ebrei nella vita complessiva della Nazione non risulti sproporzionata ai meriti intrinseci dei singoli e all’importanza numerica della loro comunità”.

La strumentalità della smentita non può che rivelarsi cinicamente propagandistica. Da un lato, si intende negare qualsiasi intento persecutorio nei confronti degli ebrei - si auspica un loro proprio Stato (“non in Palestina”; il mondo arabo non va provocato piú di tanto), si guarda con sufficienza alla quantità insignificante di ebrei in Italia -, dall’altro si conferma l’occhiuta sorveglianza di polizia sugli ebrei italiani soprattutto in considerazione della “sproporzionata” loro presenza in posti di rilievo nella società e nelle istituzioni. Il tutto, ancora non nitidamente distinto - come “questione ebraica” - dal piú generale problema della repressione del dissenso al Regime (“Il Governo fascista non ha mai pensato, né pensa di adottare misure politiche, economiche, morali contrarie agli ebrei in quanto tali, eccettuato beninteso nel caso in cui si tratti di elementi ostili al Regime”).

Finché, a distanza di pochi mesi e dopo un balletto di bozze tra mani autorevoli (comprese quelle di Mussolini), la “questione ebraica” non assurge a “dignità” propriamente scientifica e, dunque, dichiaratamente politica.

Il 14 luglio del 1938 è reso pubblico un documento di “scienziati fascisti” che “fissa le basi del razzismo fascista”.

Il Giornale d’Italia lo pubblica per primo come Manifesto degli scienziati razzisti. Tutti gli altri giornali ricevono immediatamente dopo l’ordine di pubblicarlo a loro volta “in evidenza, sotto il titolo ‘Il Fascismo e i problemi della razza’”.Si tratta di dieci proposizioni, esito di progressivi rimaneggiamenti e aggiustamenti, incentrate sulle seguenti affermazioni di principio:

1. Le razze umane esistono. 2. Esistono grandi razze e piccole razze. 3. Il concetto di razza è concetto puramente biologico. 4. La popolazione dell’Italia attuale è nella maggioranza di origine ariana. 5. E’ una leggenda l’apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici, capaci di influenzare la fisionomia razziale della nazione. 6.Esiste ormai una pura “razza italiana”. 7. E’ tempo ormai che gli italiani si proclamino francamente razzisti. 8. E’ necessario fare una netta distinzione fra i Mediterranei d’Europa (Occidentali) da una parte, gli Orientali e gli Africani dall’altra. 9. Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. 10. I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli italiani non devono essere alterati in nessun modo.

Queste, le ragioni “ufficiali” della esplicita svolta razzista della politica fascista “spiegate” - nel 1938 - da Virginio Gayda, Direttore del Giornale d’Italia, alla voce “razza” dell’Enciclopedia Italiana:

“[...] Questo è il logico spontaneo risultato di un movimento interiore sempre piú sentito nel popolo e nello stato italiano. Ma è anche il risultato di due fatti esterni: le abbondanti immigrazioni in Italia di elementi stranieri, soprattutto ebraici, fuggiti dopo il 1919 e sempre piú numerosi dai paesi dell’Europa orientale e poi dopo il 1933 dalla Germania infine dall’Austria, e le rivelazioni del fondo ebraico delle piú infrangibili ostilità internazionali che l’Italia fascista ha trovato sul suo cammino, durante la sua rinascenza e soprattutto in occasione dell’impresa etiopica.

Le immigrazioni degli Ebrei stranieri, fatto nuovo per l’Italia, che si sono iniziate mentre si chiudevano le porte di quasi tutti i paesi alle emigrazioni italiane, dovevano necessariamente creare uno stato di disagio economico e sociale in Italia, dove esse portavano un improvviso e pesante elemento nuovo di concorrenza, soprattutto nelle attività delle libere professioni e in quelle dei commerci e degli affari. Ma il disagio era sopra tutto spirituale, ossia nazionale. I nuovi immigrati non rivelavano alcuna volontà e capacità di fondersi e armonizzarsi, nello spirito e nell’essenza della vita nazionale e politica, con gl’Italiani. Si rivelavano invece spesso ostili, corrosivi, pronti a speculare sulla vita italiana ma non a dividere le passioni e i rischi nazionali; veicolo di sovvertivismo politico e intellettuale: elemento insomma grigio ed estraneo, quando non pericoloso. Si aggiunga che essi trovavano pronta e piena solidarietà, come di connazionali, in una gran parte dell’elemento ebraico, di cittadinanza italiana, che rivelava una sua singolare tendenza ad accoglierli, proteggerli e immetterli nelle attività italiane, preferendoli agli stessi Italiani.

Queste schiere d’immigrati, non abbondanti di numero di fronte alla massa nazionale ma già sensibili nella sua vita, con la tendenza ad aumentare ogni giorno, ponevano allo stato un duplice problema: di concorrenza molesta al lavoro italiano e soprattutto d’influenza corrosiva, creata dalla mentalità di una razza che non può armonizzarsi con quella della razza italiana. La formulazione di questi problemi doveva portare alla creazione di una vera politica italiana di razza, nel senso di un’azione statale rivolta alla difesa della purità della razza italiana e all’esaltazione dei suoi più essenziali valori.

Per tale politica era necessario anzitutto definire il concetto della razza italiana, non a fini puramente dottrinari ma come determinante di una precisa azione politica. Questa definizione fu fornita da un gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle università italiane, sotto l’egida del ministro della Cultura popolare, nel senso che “la popolazione dell’Italia attuale è nella maggioranza di origine ariana e la sua civiltà è ariana” e che essa si è ormai cristallizzata nella sua purezza poi­ché “dopo l’invasione dei longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli mo­vimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della nazione”.

[...] Sulla base di queste definizioni si è venuta rapidamente sviluppando una concreta politica razziale.

[...] La politica razziale fascista riguardante gli Ebrei tende a separare dalla razza italiana quella ebraica senza assumere alcun carattere particolarmente persecutorio. Sono mantenuti e protetti il libero esercizio del culto e l’attività delle comunità ebraiche secondo le leggi vigenti: sono istituite per gli Ebrei scuole elementari e medie pari a quelle statali; è rigorosamente vietata ogni forma di pressione sugli Ebrei per ottenere abiure; è riconosciuto il normale diritto di pensione agli ebrei allontanati dagl’impieghi pubblici. E’ infine riconosciuta la possibilità di una controllata immigrazione di Ebrei europei in qualche zona dell’Etiopia anche per deviare l’immigrazione ebrea dalla Palestina.

L’applicazione di questa politica ha portato a profonde revisioni di posizioni in molte zone della vita nazionale, soprattutto in quelle delle scuole superiori, della finanza e dell’assicurazione e dei grandi commerci, nelle quali gli Ebrei di cittadinanza italiana, nonostante la loro minoranza numerica - calcolata in un primo censimento in 70 mila individui - avevano conquistato numerosi posti di comando e di controllo su larghe correnti dello spirito e degl’interessi italiani”.

Dove si sovrappongono molteplici livelli di “spiegazione” e di “giustificazione” della Carta degli scienziati razzisti; e dove l’incipit morale e spirituale (“Questo è il logico spontaneo risultato di un movimento interiore sempre più sentito nel popolo e nello stato italiano”) naufraga in un intreccio di interessi di bottega (le “libere professioni e quelle dei commerci e degli affari” minacciate dall’onnivora presenza degli ebrei) passando per considerazioni di politica internazionale (in sostanza, perché non mandarli, gli ebrei, “in qualche parte dell’Etiopia” “distraendoli” anche dalla Palestina?). Per concludere con l’individuazione dell’indifferibile rimedio “alle immigrazioni degli Ebrei stranieri, fatto nuovo per l’Italia, che si sono iniziate mentre si chiudevano le porte di quasi tutti i paesi alle emigrazioni italiane, (e che) dovevano necessariamente creare uno stato di disagio economico e sociale in Italia”: “separare dalla razza italiana quella ebraica”, “elemento grigio ed estraneo, quando non pericoloso”.

 

Il manifesto degli scienziati razzisti

1. Le razze umane esistono. La esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse, quasi sempre imponenti di milioni di uomini simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi. Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori o inferiori, ma soltanto che esistono razze umane differenti.

2. Esistono grandi razze e piccole razze. Non bisogna soltanto ammettere che esistano i gruppi sistematici maggiori, che comunemente sono chiamati razze e che sono individualizzati solo da alcuni caratteri, ma bisogna anche ammettere che esistano gruppi sistematici minori (come per es. i nordici, i mediterranei, i dinarici, ecc.) individualizzati da un maggior numero di caratteri comuni. Questi gruppi costituiscono dal punto di vista biologico le vere razze, la esistenza delle quali è una verità evidente.

3. Il concetto di razza è concetto puramente biologico. Esso quindi è basato su altre considerazioni che non i concetti di popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni storiche, linguistiche, religiose. Però alla base delle differenze di popolo e di nazione stanno delle differenze di razza. Se gli Italiani sono differenti dai Francesi, dai Tedeschi, dai Turchi, dai Greci, ecc., non è solo perché essi hanno una lingua diversa e una storia diversa, ma perché la costituzione razziale di questi popoli è diversa. Sono state proporzioni diverse di razze differenti, che da tempo molto antico costituiscono i diversi popoli, sia che una razza abbia il dominio assoluto sulle altre, sia che tutte risultino fuse armonicamente, sia, infine, che persistano ancora inassimilate una alle altre le diverse razze.

4. La popolazione dell’Italia attuale è nella maggioranza di origine ariana e la sua civiltà ariana. Questa popolazione a civiltà ariana abita da diversi millenni la nostra penisola; ben poco è rimasto della civiltà delle genti preariane. L’origine degli Italiani attuali parte essenzialmente da elementi di quelle stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell’Europa.

5. È una leggenda l’apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici. Dopo l’invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della nazione. Da ciò deriva che, mentre per altre nazioni europee la composizione razziale è variata notevolmente in tempi anche moderni, per l’Italia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale di oggi è la stessa di quella che era mille anni fa: i quarantaquattro milioni d’Italiani di oggi rimontano quindi nella assoluta maggioranza a famiglie che abitano l’Italia da almeno un millennio.

6. Esiste ormai una pura “razza italiana”. Questo enunciato non è basato sulla confusione del concetto biologico di razza con il concetto storico-linguistico di popolo e di nazione ma sulla purissima parentela di sangue che unisce gli Italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano l’Italia. Questa antica purezza di sangue è il più grande titolo di nobiltà della Nazione italiana.

7. È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l’opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l’indirizzo ariano-nordico. Questo non vuole dire però introdurre in Italia le teorie del razzismo tedesco come sono o affermare che gli Italiani e gli Scandinavi sono la stessa cosa. Ma vuole soltanto additare agli Italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze extra-europee, questo vuol dire elevare l’italiano ad un ideale di superiore coscienza di se stesso e di maggiore responsabilità.

8. È necessario fare una netta distinzione fra i Mediterranei d’Europa (Occidentali) da una parte gli Orientali e gli Africani dall’altra. Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l’origine africana di alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili.

9. Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l’occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all’infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempe rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano l’unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani.

10. I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli Italiani non devono essere alterati in nessun modo. L’unione è ammissibile solo nell’ambito delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di vero e proprio ibridismo, dato che queste razze appartengono ad un ceppo comune e differiscono solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per moltissimi altri. Il carattere puramente europeo degli Italiani viene alterato dall’incrocio con qualsiasi razza extra-europea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani”.

Il 25 luglio 1938 il segretario del Partito Nazionale Fascista si assume la paternità del Manifesto e rende noti i nomi degli “scienziati” che hanno aderito al documento, redatto dal Ministro della Cultura popolare, su indicazioni precise del Duce (Gazzetta del Popolo, Torino, 26 luglio 1938, edizione del mattino, n. 176, p. 1):

“La razza italiana

- I sedici anni di politica razzista del Regime illustrati dal Segretario del Partito - “Con la creazione dell’Impero la razza italiana è venuta in contatto con altre razze; deve quindi guardarsi da ogni ibridismo e contaminazione”. - La posizione degli ebrei. Il compito degli Istituti di Cultura Fascista nell’Anno XVII. -

Roma, 25 luglio 1938, notte.

Il ministro Segretario del Partito ha ricevuto un gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle Università italiane, che hanno sotto l’egida del Ministero della Cultura popolare redatto o aderito alle proposizioni che fissano la base del razzismo fascista. Erano presenti i fascisti dott. Lino Businco, assistente di patologia generale nell’Università di Roma, prof. Lidio Cipriani, incaricato di antropologia nell’Università di Firenze direttore del Museo Nazionale di antropologia ed etnologia di Firenze, prof. Arturo Donaggio, direttore della clinica neuropsichiatrica dell’Università di Bologna, presidente della Società italiana di psichiatria, dott. Leone Franzí, assistente nella clinica pediatrica dell’Università di Milano, prof. Guido Landra, assistente di antropologia nell’Università di Roma, sen. Nicola Pende, direttore dell’Istituto di patologia speciale medica dell’Università di Roma, dott. Marcello Ricci, assistente di zoologia all’Università di Roma, prof. Franco Savorgnan, ordinario di demografia nell’Università di Roma, presidente dell’Istituto centrale di statistica, on. prof. Sabato Visco, direttore dell’Istituto di fisiologia generale dell’Università di Roma e direttore dell’Istituto nazionale di biologia presso il Consiglio nazionale delle ricerche, prof. Edoardo Zavattari, direttore dell’Istituto di zoologia dell’Università di Roma.

Alla riunione ha partecipato il ministro della Cultura Popolare.

Il Segretario del Partito, mentre ha elogiato la precisione e la concisione delle tesi ha ricordato che il Fascismo fa da sedici anni praticamente una politica razzista che consiste, attraverso l’azione delle istituzioni del Regime, nel realizzare un continuo miglioramento quantitativo e qualitativo della razza. Il Segretario del Partito ha soggiunto che il Duce parecchie volte, nei suoi scritti e discorsi, ha accennato alla razza italiana quale appartenente al gruppo cosiddetto degli indo-europei.

Anche in questo campo il Regime ha seguito il suo indirizzo fondamentale: prima l’azione, poi la formulazione dottrinaria la quale non deve essere considerata accademica cioè fine a se stessa, ma come determinante un’ulteriore precisazione politica. Con la creazione dell’Impero la razza italiana è venuta in contatto con altre razze, deve quindi guardarsi da ogni ibridismo e contaminazione. Leggi “razziste” in tale senso sono già state elaborate e applicate con fascistica energia nei territori dell’Impero.

Quanto agli ebrei, essi si considerano da millenni, dovunque e anche in Italia, come una “razza” diversa e superiore alle altre, ed è notorio che nonostante la politica tollerante del Regime gli ebrei hanno, in ogni Nazione, costituito - coi loro uomini e coi loro mezzi - lo stato maggiore dell’ antifascismo.

Il Segretario del Partito ha infine annunciato che l’attività principale degli Istituti di cultura fascista nel prossimo anno XVII sarà l’elaborazione e diffusione dei principi fascisti in tema di razza, principi che hanno già sollevato tanto interesse in Italia e nel mondo”.

 

Ultimo aggiornamento Sabato 04 Agosto 2018 15:01
 
Condividi