DIRITTI DEI LAVORATORI Stampa
Scritto da Redazione   
Lunedì 20 Dicembre 2021 09:56

UN NUOVO STATUTO, LO STESSO OBIETTIVO

PORTARE LA COSTITUZIONE NEI LUOGHI DI LAVORO

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Oggi, le garanzie fondamentali dello Statuto devono essere portate in tutti i luoghi di lavoro: come fu per lo Statuto, solo la fedeltà alla nostra Carta costituzionale assicurerà che queste garanzie debbano continuare ad applicarsi: primo obiettivo, “la tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e delle attività sindacali nei luoghi di lavoro”.

di Nicola Magrone

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Segui la luna - così intitolavamo qualche anno fa una collana di pubblicazioni della nostra rivista. Quel titolo esprimeva l'esigenza di un riferimento per orientarsi in una fase storica che si annunciava complessa, che si innervava di cambiamenti a tratti vantaggiosi, per altri versi non dannosi per le nostre comunità cittadine, per altri ancora, invece, pericolosi.

Tra i sostegni che la Costituzione annovera come decisivi per la stabilità e l'equilibrio sociale, c'è la tutela del lavoro, considerato dalla nostra Carta Costituzionale sia come strumento per la definizione della identità individuale, non più demandata a ingiustificate acquisizioni di privilegi, sia come strumento di crescita della collettività e tenuta solidale della società.

A parte il fondamentale art.1 della Costituzione italiana, è l’art. 4 della Carta che spiega l’intentoArticolo-4-della-Costituzione-Italiana-e1610115457135 dei Costituenti: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.

La prima proposizione dell’articolo qualifica il lavoro come un diritto che la Repubblica riconosce a tutti i cittadini, promuovendo le condizioni che lo rendono effettivo. Il secondo comma lo definisce come dovere che è compito di ogni cittadino svolgere, tramite un’attività o una funzione che contribuisca al progresso materiale o spirituale della società, “secondo le proprie possibilità e la propria scelta”.

Di-Vittorio-in-Lavoro-25-10-1952 titoloL’approvazione dello Statuto dei Diritti dei Lavoratori, nel maggio ‘70, fu conseguenza di questa logica costituzionale. Non a caso, già nel 1952, il presidente della Cgil, Giuseppe Di Vittorio, chiedeva si approvasse uno ‘Statuto dei diritti dei cittadini lavoratori’ per “portare la Costituzione nelle fabbriche”, in un’era di industrializzazione e di intensa produttività che aveva prodotto massiccia emigrazione da Sud a Nord e dalle campagne alle città ma anche fortissime politiche antisindacali da parte delle grandi industrie che approfittavano dell’eccesso di domanda per usufruire di una manodopera a basso prezzo. In un articolo pubblicato il 25 ottobre 1952 sul periodico “Lavoro”, Di Vittorio spiega: “Non c’è e non ci può essere nessuna legge la quale stabilisca che i diritti democratici garantiti dalla Costituzione siano validi per i lavoratori soltanto fuori dall’azienda. È vero che le fabbriche sono di proprietà privata (non è qui il caso di discutere questo concetto), ma non per questo i lavoratori divengono anch’essi proprietà privata del padrone all’interno dell’azienda. Il lavoratore, anche sul luogo del lavoro, non diventa una cosa, una macchina acquistata o affittata dal padrone, e di cui questo possa disporre a proprio compiacimento. Anchedi vittorio - statuto sul luogo del lavoro, l’operaio conserva intatta la sua dignità umana, con tutti i diritti acquisiti dai cittadini della Repubblica italiana. Se i datori di lavoro avessero tenuto nel dovuto conto questa realtà, chiara e irrevocabile – e agissero in conseguenza – la necessità della mia proposta non sarebbe sorta; non avrebbe dovuto sorgere. Il fatto è, invece, che numerosi padroni si comportano nei confronti dei propri dipendenti come se la Costituzione non esistesse”. Al III Congresso di Napoli della CGIL (26 novembre-3 dicembre) fu lanciata la proposta di uno “Statuto dei diritti dei lavoratori”, riassunta nello slogan «La Costituzione nelle fabbriche!».

Aldo Moro and Pietro NenniAlcuni anni dopo, negli anni Sessanta, nasce il cosiddetto “centro-sinistra organico”. Il 4 dicembre del 1963, nel discorso alle Camere per la formazione del suo primo governo, il presidente del Consiglio, Aldo Moro (vicepresidente era Pietro Nenni), dichiara il proposito di mettere a punto uno “Statuto dei diritti dei lavoratori”, da definire in collaborazione con le organizzazioni sindacali, per garantire libertà, dignità e sicurezza nei luoghi di lavoro. Al centro del progetto di legge vi erano i diritti costituzionali dei lavoratori, la giusta causa nei licenziamenti e la regolamentazione del ruolo delle commissioni interne.

Il dibattito sindacale, sociale e parlamentare attorno allo ‘Statuto’ fu tanto fervido quanto lungo, sinché nel ’68-’69 si accese nel Paese un clima di mobilitazione operaia e studentesca che tendeva ad accelerare l’affermazione di gran parte dei diritti rimasti inattuati e previsti da una Carta costituzionale approvata già 20 anni prima. Lo Statuto fu dunque elaboratoGiugni-Brodolini (sulla base di una Relazione redatta da una Commissione presieduta da Gino Giugni, che era a capo dell’Ufficio Legislativo del Ministero del lavoro, e composta da alcuni tra i più noti giuslavoristi dell’epoca): il disegno di legge fu approvato in prima lettura dal Senato l’11 dicembre 1969, con il voto favorevole dei partiti di centrosinistra e del Partito liberale italiano (che non faceva parte della maggioranza parlamentare), mentre, con opposte motivazioni, si astennero il Partito Comunista italiano (Pci), il Partito Socialista di Unità Proletaria (Psiup) e la Sinistra Indipendente da una parte, e il Movimento Sociale italiano dall’altra.

La data di approvazione del disegno di legge è assolutamente significativa. Il giorno dopo, infatti, 12 dicembre 1969, al culmine di una ‘strategia della tensione’ che gruppi di estrema destra e apparati dello Stato alimentavano da mesi con le bombe per tenere a bada le richieste di affermazione dei diritti, fu compiuta a Milano, nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura, la strage di Piazza Fontana che provocò 17 morti e 88 feriti.

Nella ricostruzione dell’attentato di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969, rilevavamo che lo Statuto dei Lavoratori rispondeva a un problema nevralgico: “il problema di una effettiva piazza fontana IMG 20191211 084254presenza dei lavoratori nella gestione delle aziende e nelle scelte di politica economica; commissioni interne, poi consigli di fabbrica, reclamavano un ruolo sempre più incisivo nel sistema delle relazioni industriali; l’attacco alla funzione accentratrice e normalizzatrice del tradizionale contratto collettivo di lavoro si faceva sempre più consapevole e ragionato; insomma, le parole costituzionali della centralità del lavoro nell’intero sistema politico-economico del Paese si facevano precisi temi di lotta operaia e sindacale, il fascino e l’attrazione di una democrazia diffusa, dove soggetti politici fossero meno ancorati a strutture politico-istituzionali - e perciò meno frenati - cominciavano a delineare un clima di ingovernabilità conservatrice, risolto in gran parte con le bombe di Piazza Fontana e la strategia della tensione” (Nicola Magrone, in Ti ricordi di Piazza Fontana?, II volume, p.   ).

Nonostante il gravissimo attentato, che ha segnato pesantemente la storia dell’Italia, il 27 maggio 1970 lo ‘Statuto’ diventa legge: in quella data viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 131 il testo della Legge 20 maggio 1970, n. 300 dal titolo “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e delle attività sindacali nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”.

L’opinione che sembra comune a tutti gli esperti di diritto del lavoro - a 50 anni ormai dall’introduzione di quelle ‘Norme’ - è che esse siano state grandemente innovative e portanti. Perché appaiono portatrici di una visione unitaria e ispirate da un progetto complessivo, che era, di fatto, quello sinteticamente definito da Di Vittorio: portare la Costituzione nei luoghi di lavoro, attuare i principi di libertà e dignità. Tuttora, la Legge 300/1970 viene definita “una pietra miliare nella storia del nostro diritto del lavoro” (Maria Vittoria Ballestrero). Ma, per quanto, la si debba considerare una legge “mitica”, che ha ‘tenuto’ a lungo, oggi, la situazione è cambiata epocalmente, essendo in massima parte cambiate le condizioni - e le garanzie - nelle quali sicontratti lavoro svolge il lavoro.

La conseguenza è stata un diritto del lavoro emergenziale, fatto di norme frammentate, dettate spesso da necessità del momento, che, per tanti versi, hanno amputato lo Statuto, stravolgendone la visione unitaria e costituzionalmente orientata. Oggi si può parlare dell’esistenza di una varietà quasi infinita di tipologie contrattuali disponibili, di centinaia di contratti pirata, di precarietà diffusa in forma endemica, di tipologie di lavoro apparentemente non subordinato solo perché così può essere privo di tutele.

Una “impresa” divenuta per anni quasi simbolica nella storia del diritto del lavoro in Italia è stata, per esempio, la modifica dell’art.18 dello Statuto che prevede le forme di tutela del art.18lavoratore in caso di licenziamento individuale: una norma che è ritenuta la chiave di volta della riunificazione del mondo e del mercato del lavoro e che è stata oggetto di scontri assai duri. Prima è stata la legge Fornero (la legge n.92/2012) a modificare ampiamente l’articolo 18. Poi, il governo Renzi, col jobs act del 2014 e col decreto legislativo n.23/2015, ha introdotto una disciplina del licenziamento individuale per i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi.

In maniera altrettanto emblematica della modifica dell’art.18 dello Statuto, nelle relazioni industriali e nella difesa della ‘libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e delle attività sindacali’ risuonarono con estrema pesantezza affermazioni fatte da Sergio Marchionne nel luglio 2013, quando era presidente di Fiat e aveva in corso un durissimo conflitto sindacale con la Fiom-Cgil: “Condivido che i diritti di tutti, a prescindere dalla categoria sociale di appartenenza, costituiscono la base di una comunitàmarchionne diritti civile. Ma oggi viviamo in un’epoca in cui si parla sempre e solo di diritti. Il diritto al posto fisso, al salario garantito, al lavoro sotto casa; il diritto a urlare e a sfilare; il diritto a pretendere. Lasciatemi dire che i diritti sono sacrosanti e vanno tutelati. Se però continuiamo a vivere di soli diritti, di diritti moriremo. Perché questa ‘evoluzione della specie’ crea una generazione molto più debole di quella precedente, senza il coraggio di lottare, ma con la speranza che qualcun altro faccia qualcosa. Una specie di attendismo che è perverso ed è involutivo. Per questo credo che dobbiamo tornare a un sano senso del dovere, consapevoli che per avere bisogna anche dare. Bisogna riscoprire il senso e la dignità dell’impegno, il valore del contributo che ognuno può dare al processo di costruzione, dell’oggi e soprattutto del domani”.

Diritto e dovere. Di fatto, sono le parole della Costituzione: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Ma le parole di costituzione-della-repubblica-italiana eos-30d 43082Marchionne sembrarono altro perché egli era all’epoca anche impegnatissimo a salvare l’azienda e il gruppo industriale, e dava l’impressione che l’avrebbe fatto anche a costo di altissimi sacrifici per i lavoratori.

Nel contesto attuale, le garanzie fondamentali dello Statuto devono essere portate in tutti i luoghi di lavoro: come fu per lo Statuto, solo la fedeltà alla nostra Carta costituzionale assicurerà che queste garanzie debbano continuare ad applicarsi: primo obiettivo, “la tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e delle attività sindacali nei luoghi di lavoro”.

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Ultimo aggiornamento Lunedì 20 Dicembre 2021 12:53
 
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