DI FOOTBALL AMERICANO SI IMPAZZISCE E SI MUORE. di Michele Silvestri Stampa
Scritto da Redazione   
Giovedì 26 Maggio 2011 12:18

IL CASO WEBSTER

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[foto da Wikipedia]

Etc”, Encefalopatia Traumatica Cronica: secondo il medico 34enne Bennet Omalu si tratta della malattia causata dalle ripetute commozioni cerebrali subite durante le carriere dei giocatori professionisti di football americano, e che spiega l’impazzimento di molti di loro al termine dell’attività agonistica.

Tutto è partito dal caso di Mike Webster, leggendario centro dei Pittsburgh Steelers (eletto nella Hall of Fame), morto a 50 anni nel 2002 per arresto cardiaco, dopo un calvario di follie messe in atto a partire dal 1990, anno del suo ritiro dalla National Football League americana: urinava nel forno, si lavava i denti con la colla, utilizzava le scariche elettriche della pistola per autodifesa allo scopo di perdere conoscenza e riuscire a dormire, vincendo così per qualche ora la sofferenza provocata dai dolori alla schiena che lo accompagnavano durante la veglia. Senza soldi né casa, l’infarto lo fulminò nel camion nel quale si era ridotto a vivere, finestrino rotto e rattoppato da un sacco della spazzatura. Il cadavere fu analizzato dal dottor Omalu, all’epoca medico legale della contea di Allegheny, in Pennsylvania. L’autopsia aveva come dato di partenza il quadro clinico di Webster prima di morire: depressione, paranoia, aggressività e perdita di memoria; lo stato dell’arte della scienza medica dell’epoca inquadrava queste come manifestazioni della “sindrome da demenza pugilistica”. Ma il cervello di Webster non presentava né evidenti contusioni (come nei pugili) né atrofie (come per i casi di Alzheimer); l’ostinazione alla ricerca del medico africano portò, dopo mesi, alla scoperta di un enorme accumulo di proteine tau in quelle zone del cervello che governano l’umore, le emozioni ed il comportamento: si trattava dunque di una malattia, battezzata “Etc”, associabile ai continui traumi alla testa riportati nelle centinaia di partite disputate dai professionisti del football americano durante la loro carriera.

 

Ovvia la presa di distanza della Nfl americana (un’industria da circa 9 miliardi di dollari all’anno), con tanto di lettera di smentita alla pubblicazione della scoperta del dottor Omalu da parte di altri tre scienziati, nessuno dei tre - tuttavia - neuropatologo. Da allora, almeno altri 20 ex giocatori sono morti a causa della “Etc”: Terry Long (ex Pittsburgh Steelers) nel 2005, all’età di 45 anni, bevendo anticongelante; Andre Waters (ex Philadelphia Eagles e Arizona Cardinals), nel 2006 a 44 anni, sparandosi in bocca; Justin Strzelczyk (ex Pittsburgh Steelers), nel 2004 a 36 anni, schiantandosi volontariamente a 150 km/h nella corsia opposta contro un camion trasportante acido, perché si sentiva inseguito dai demoni; fino all’ultimo caso di Dave Duerson (ex Chicago Bears e New York Giants), a febbraio 2011 all’età di 50 anni, suicidatosi con un colpo di pistola al torace, dopo un sms alla sua ex moglie: “Per favore, controlla che il mio cervello sia dato alla banca-cervelli della Nfl”.

Dal dicembre 2009 la Nfl americana sembra aver accettato l’evidenza scientifica del nesso causale esistente fra le commozioni cerebrali durante i match di football e la “Etc”; e dal 2010 la stessa Lega finanzia il Centro per lo studio dell’Etc dell’università di Boston con 1 milione di dollari/anno; 128 giocatori, ancora in attività e già ritirati, hanno promesso - nero su bianco - di lasciare il loro cervello alla “banca”, quella del Centro di Boston che lo scorso 2 maggio ha confermato i timori di Duerson e cioè: il 50enne ex safety soffriva di “Etc”, malattia degenerativa e incurabile che compromette l’attività neuronale e può essere scoperta solo dopo la morte, attraverso l’autopsia cerebrale.

 

La commozione cerebrale avviene quando la testa accelera rapidamente per poi bloccarsi in seguito all’urto, o quando la stessa ruota rapidamente attorno al suo asse. Il trauma violento depolarizza le cellule del cervello e produce una cascata di neurotrasmettitori che inondano il cervello anestetizzando i recettori dell’apprendimento e della memoria; conseguenze: stato di confusione, vista annebbiata, temporanea perdita di memoria e nausea. Il problema è che i giocatori colpiti da commozione cerebrale non manifestano sintomi immediati evidenti (oltre lo stordimento) e anche gli eventuali esami radiologici non mostrerebbero gonfiori come pure ematomi. E i caschi?

I caschi sono costruiti per contrastare forze d’urto lineari, non angolari e cioè per evitare le rotture della scatola cranica, non per proteggere dalle commozioni cerebrali. Dal 2004 l’università della North Carolina utilizza caschi dotati di accelerometri, grazie ai quali i medici a bordo campo sono in tempo reale informati di impatti violenti, cause possibili di commozioni cerebrali. In tal senso la pericolosità del football americano sta tutta nei dati raccolti: durante un’intera stagione un giocatore della North Carolina ha subito 537 colpi alla testa, 22 dei quali superiori a 80 g (g è l’accelerazione di gravità terrestre; 80 g, in altre parole, è un’auto che va sbattere a 32 km/h contro un muro di cemento) e 2, tra questi casi, seguiti da commozioni cerebrali. Al momento i caschi dotati di accelerometri, molto costosi, sono alla portata soltanto delle università più ricche. Le altre devono accontentarsi dei caschi tradizionali i quali, secondo il test della Virginia Tech University, per un impatto laterale di 100 g portano alla commozione cerebrale nell’1% dei casi (non rilevabili senza accelerometri).

Dal 2007 la Nfl prevede un protocollo per le commozioni cerebrali. Dal 2010 i giocatori che non passano un test neuropsicologico a bordo campo, dopo l’uscita in barella, non possono tornare in campo. I contatti casco-casco verso i giocatori indifesi (quarterback e ricevitori) sono puniti con multe e pesanti squalifiche. Sono allo studio caschi evoluti che prevedono parti mobili nella calotta, oltre ai cuscinetti già presenti, per contrastare anche le forze d’urto angolari. Sofferenze e morti atroci: il football americano si è riscoperto non meno pericoloso del pugilato.

Ultimo aggiornamento Giovedì 26 Maggio 2011 12:30
 
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