CALCIO DI SECONDA FASCIA Stampa
Scritto da Redazione   
Lunedì 28 Febbraio 2011 00:09

 

QUANDO TUTTO MANCA (E MANCA)

C’E’ LO SVENIMENTO “SELETTIVO” 

di Michele Silvestri
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Giocavamo il campionato più bello e più difficile al mondo, avevamo i migliori fuoriclasse del pianeta calcistico (non ancora globalizzato) ed eravamo i più forti: ultimamente tutte queste certezze che si rinnovano esclusivamente entro i confini sempre più stretti del nostro provincialismo pallonaro.

Quando i club italiani fanno capolino in Europa - martedì, mercoledì o giovedì che sia - le certezze dei tifosi si sgretolano e… sono mazzate! Al capezzale delle nostre rassicuranti convinzioni di periferia accorrevano premurosi i violini: “Le squadre italiane snobbano l’Europa League (ex Coppa Uefa), poco prestigiosa, mediaticamente poco visibile e dunque povera”. L’eccezione Inter dello scorso anno, vittoriosa in Champions, sembrerebbe avvalorare questo distinguo nazionalista. Non il trend complessivo degli ultimi anni, non quello di quest’anno: Milan, Roma, Inter e Napoli, martedì e mercoledì Champions e giovedì Europa League, tutti e tutte presi a schiaffi dai rispettivi euro-avversari. E il punteggio Uefa? Conseguentemente sempre più giù, fino a un testa a testa con la Germania per il mantenimento (dal punto di vista italiano) del diritto ad avere un numero di club pari a 4 - accesso diretto o con spareggi preliminari - nella vecchia Coppa Campioni.

 

Allora c’è dell’altro. Lasciamo agli analisti più competenti le questioni legate ai bilanci societari dei club (soprattutto di prima fascia) nostrani, più ‘poveri’ rispetto ai pari grado europei perché da noi non esistono ancora stadi di proprietà, gli introiti dal marketing sono dunque meno significativi, il problema tifo violento resta aperto, le tv trovano appetibili solo poche gare del campionato, ecc.

Vestiamo per un momento i panni dei calciofili non così incalliti da sedersi sempre e comunque davanti alla televisione quando c’è una partita, ma quelli degli appassionati: “mi sintonizzo sulla partita, la guardo e continuo a vederla soltanto se è viva, bella, emozionante; altrimenti cambio canale oppure - meglio - spengo la televisione”.

Quante partite del campionato italiano rientrano in quella definizione? Poche, pochissime. Il risultato è l’unico giudice della bontà agonistica di una squadra: non “ha giocato bene”, ma “ha vinto”? In questa visione, sono legittimate prestazioni da sbadigli (purché, almeno, non si perda) e tutti i mezzi che consentano il raggiungimento del solo fine utile del risultato: perdite di tempo, simulazioni, falsi infortuni. Senza scomodare né il purismo ‘alla Sacchi’, né i ricami mediatici da ‘Tutti giù per terra’ di ‘Striscia la Notizia’, l’appassionato (di cui sopra) medio avrà notato che le gare della serie A - tranne poche eccezioni - durano più o meno fino al 60’: poi, se vinci fai di tutto per far trascorrere il cronometro, se perdi cerchi di rimontare anche contro il ‘muro di gomma’ dei crampi e degli svenimenti avversari. Crampi e svenimenti selettivi, nel senso che colpiscono sempre chi è in vantaggio o chi, pur pareggiando, ritiene che il punto sia utilissimo alla propria causa, vuoi per classifica vuoi per diversità di blasone.

 

Poveri provinciali! In Europa la musica cambia: ritmi alti per 90’, gioco poco spezzettato, niente simulazioni, zero proteste artificiose. Insomma si corre e si gioca al calcio. E qui casca l’asino (il club italiano di turno): nella gran parte dei casi il risultato finale (sempre meritato sul campo) sovverte il pronostico della vigilia. E cioè la squadra europea di seconda fascia domina quella italiana di vertice. Un vertice che rimane tale soltanto fra le quattro mura della nostra piccola provincia pallonara.

Ultimo aggiornamento Lunedì 28 Febbraio 2011 18:25
 
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