IL DIARIO ELETTORALE di Francesca Di Ciaula Stampa
Scritto da Redazione   
Lunedì 02 Maggio 2011 13:07

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 = Il comizio

= Manifesti e persone in un paese triste

= Piccoli dialoghi sotto il sole

= Il paese pensato

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Il comizio del candidato sindaco Nicola Magrone sta per iniziare in piazza Sedile, antica e centrale piazza del paese, per ora piazza-garage. Mi infilo tra le automobili parcheggiate sotto la balconata che funge da palco, per godermi finalmente questo comizio che promette di essere inedito, completamente nuovo per questo paese. Accanto a me, con i gomiti appoggiati sulla cappotta della Peugeot grigia, trovo il mio vicino di casa, Luigi, anche lui con la faccia per aria intento ad ascoltare. Nicola Magrone sta chiedendo scusa per il luogo poco approntato per quell'appuntamento, cui ha invitato la gente del paese. E promette che la prossima volta le auto scompariranno, “le smonteremo e le poi rimonteremo” dice il candidato sindaco con tono faceto che cattura attenzione e trascina ad un sorriso leggero, “sotto questo marciapiede che forse tra un po' scomparirà; pure questo come altri”. Ed invita il dottor Martino, fotografo per passione, ad immortalare il marciapiede, per darne testimonianza.

 

Nella piazza la gente è aumentata. Adesso si fa un po' di vuoto al centro. Pioviggina e quelli che sono sul palco rimangono a bagnarsi, mentre giù la gente si assiepa sotto balconi e cornicioni. Al riparo di un ombrello, mentre alla luce del faro lì accanto piccole gocce evaporano pian piano, Nicola Magrone disegna grigie istantanee del paese: l'edilizia residenziale delle periferie e il buco nero del centro storico, casa comune di topi e scarafaggi, un paese una volta in buona parte agricolo, cresciuto a ridosso di una zona industriale, dove oggi capannoni spuntano come funghi solo per essere affittati, un mal concepito sviluppo e un caporalato di fatto che gestisce occupazioni temporanee e precarie.

Gli applausi che interrompono il discorso, riscaldano l'aria umida. Un cane tenuto al guinzaglio da un cittadino abbaia al candidato sindaco e sembra voler unirsi agli applausi. Anche per loro, i cani, in questo paese non c'è diritto da rispettare, una casa canile che li possa accogliere, piuttosto  multe appioppate a qualche cittadino che tenta di prendersene cura con grande difficoltà.

 

Ha smesso di piovere. Il tempo è stato clemente per fortuna. Dopo un'ora di discorso dai toni diretti e appassionati, Nicola Magrone si appresta ad un bagno di abbracci e sorrisi. Il marciapiede sotto la balconata è affollatissimo, dal palco stanno ancora mandando la musica e il candidato sindaco si allontana verso il comitato elettorale poco più in là, dove continuerà a stringere mani. La piazza si sta svuotando; per una volta ha visto persone contente di stare insieme a condividere un progetto di paese. 

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[foto Martino per Sudcritica] 

 Manifesti e persone in un paese triste

In questi giorni di campagna elettorale ho iniziato a percorrere il paese. Ho ricominciato a camminare per le strade di questo paese dimenticato. Ho iniziato a guardare in faccia i volti della gente, coloro cui incrocio lo sguardo da tempo, ma su cui non sempre riesco a soffermarmi. Ho riascoltato come un'eco le parole intorno a questo paese: una comunità inesistente, luogo che non merita sguardi e attenzioni, luogo per transitar velocemente di ritorno dal lavoro o dalla città vicina, luogo da non vivere. Chi ho incontrato mi ha rimandato indietro le stesse impressioni di indifferenza, rimozione forzata e ad esse ho cominciato a opporre gradualmente vissuti nuovi, dello sguardo che interpella, che osserva, che ascolta. Ho pensato che questo dovrebbe essere lo stesso atteggiamento di chi amministra il paese, non il vuoto esercizio del promettere la disponibilità di un pubblico bene come l'aria, la strada, il verde o peggio un diritto quale il lavoro, ma del rendere effettivamente disponibili quei beni pubblici che ci appartengono, appartengono ad ognuno di noi. È questa la consapevolezza necessaria nel difficile compito di amministrare una città, un paese; paese non immaginato o sognato ma reale, amministrato con regole nella legalità, un'idea di paese non mantenuta da promesse elettorali, bensì dal diritto che ai cittadini appartiene, di decidere e scegliere per questo paese le giuste politiche e adeguati rimedi per i problemi che tutti sentono addosso.

        

E ci ripensi e ti ritrovi a ribadirlo nel dialogo a due o a tre in cui ti ritrovi ancora una volta immersa: che il rispetto per il cittadino, l'attenzione al paese e a chi vi abita, dovrebbero far da guida a chi vuole lavorare per la città. Non abbiamo assistito a questo. In questi ultimi anni di amministrazione ci siamo visti sottrarre terreno sotto i piedi, terreno vero, abbiamo visto imbruttirsi il centro storico e con questo il paese. Abbiamo respirato sempre più veleni e polveri sottili, abbiamo assistito nell'indifferenza generale al suicidio di un concittadino, disperato per essere diventato uno degli ultimi, “a margine” della società, un atto pubblico urlato con terribile angoscia.

Oggi di fronte a manifesti elettorali e volti il più delle volte conturbanti, a volte disturbanti, ci troviamo a sera, dopo uno stanco peregrinare, a sperare per noi e per questo paese dimenticato, che in tanti possano guardare davvero per com'è oggi ridotto e riflettere su questo, pensare alla vita che qui vorremmo vivere, da cittadini liberi.

 

Piccoli dialoghi sotto il sole

Cosa racconteremo di questo giorno tra la folla? Me lo sto chiedendo, mentre ritorno a casa  dal mercato del venerdì, la schiena un po' dolorante, le mani ancora occupate da fogli - il programma del candidato sindaco, la presentazione della sua figura di cittadino che ha sempre lavorato per la giustizia e la verità, per la nazione  - sotto il sole di questa mattinata colta a piene mani. È stato bello incontrare la gente e stringere mani e ringraziare per essersi fermata con noi ad ascoltare. Pazienza per le scrollate di spalle e i gesti di stizza. “Signora posso presentarle il nostro candidato sindaco, il dottor Nicola Magrone?” “Certo, lo conosco”. “Ecco qui sono i simboli delle liste che lo sostengono, composte di gente che vuole un paese migliore”.

Sono stati gesti di cortesia, che il nostro candidato sindaco ha incontrato ed incrociato. La stretta di mano e lo sguardo che dice, non nasconde, che si espone. Ci abbiamo messo la faccia, una faccia sorridente. Il nostro candidato sindaco per primo tra tutti ci ha messo la sua di faccia, un po' fidandosi di noi, impacciati interlocutori tra la folla. Era importante, ci abbiamo creduto; era importante per lui incontrare la gente, quelli che lo volevano ascoltare, quelli che si sono fermati. Anche i “Sono tutti uguali, appena salgono lì dimenticano tutto” oppure “Sono tutti bravi a parlare”, anche questo abbiamo sentito. A queste frasi, al gesto di disinganno e sfiducia verso i politicanti e la politica come luogo comune dell'arte dell'imbroglio e del malaffare, dell'uso strumentale del voto del cittadino e della sua libertà di scelta, ho contrapposto solo la presentazione del candidato sindaco, Nicola Magrone, la trasparenza della sua persona, fiducia in lui, soprattutto i fatti che lo precedono, così lontani da quelli che invece precedono altri candidati sindaci in questa competizione elettorale, che assume ogni giorno sempre più le fattezze di una selva scomposta di nomi e volti.

 

In questa passeggiata tra bancarelle abbiamo incontrato gente frastornata da tanto apparire di candidati e liste, tanto presentarsi, tanto chiedere in cambio di fasulle promesse o promesse da brivido, anche attratta da parole d'ordine come imprenditorialità, industria, lavoro. Promesse capestro di lavoro precarizzato, lavoro da servitù del postulante, con tanto di colpo di spugna sull'identità dispersa di un paese, del suo passato  di  paese agricolo, già violentato, divenuto terra di conquista delle industrie del Nord, una storia che già conosciamo e che vogliono reiterare a loro uso e consumo.

Una storia che è la storia del Mezzogiorno d'Italia e che è anche la nostra, della quale non si riconosce nulla e per la quale non si reclamano dignità e diritti, per questo nostro paese, per noi cittadini, che oggi stiamo qui a professare un credo, che per molti è utopia e che invece si traduce in pensieri e idee definite, il paese reale che vogliamo. Questo ho cercato di esprimere e comunicare a ragazzi, donne e uomini che mi venivano incontro nel fiume umano in cui ero immersa o comunque questo è trapelato dalle mie parole nei piccoli dialoghi con signore indaffarate, le mani occupate dalle buste della spesa, le voci dei commercianti, il chiacchiericcio tra le bancarelle, il sole a picco sulle nostre teste, a tratti cercando ombra dotto un telone. Come pesci nella corrente abbiamo nuotato tra la folla senza rendercene conto, senza averlo previsto fino in fondo. La consapevolezza è venuta dopo. In quel momento eravamo tra la gente, eravamo come loro, persone che vogliono sperare in un paese migliore.

 

Il paese pensato

In questa piazzetta del centro storico, lastricata di nuovo di chianche bianche, con i sedili in pietra e le panchine, spazio racchiuso tra basse abitazioni ad un piano, hanno piazzato un tavolino con la piccola strumentazione per l'amplificazione. Al microfono si susseguono tre candidati delle liste che sostengono Nicola Magrone a candidato sindaco. Questo piccolo comizio di quartiere assomiglia ad un incontro con la gente del posto. Non è solo la piccola folla raccolta nella piazza. Sugli usci delle case c'è gente affacciata, alcune signore anziane a braccetto rallentano i loro passi e si fermano ad ascoltare.

Adesso sta parlando Nicola Magrone, il candidato sindaco. Il centro storico e il suo degrado: le parole del candidato sindaco descrivono una situazione peggiore di questa. Ci sono zone dove le stradine sono ricoperte da un asfalto nero, che incolla sotto la suola delle scarpe lo sterco dei piccioni. Si tratta dell'unico intervento “di risanamento” fatto di recente dall'amministrazione comunale. Il nostro centro storico invece, sta dicendo Nicola Magrone, sarebbe fonte di lavoro d'impresa. C'è tanto da fare per restituire un'immagine dignitosa a questo paese e alla sua zona più antica. Un paese da ripensare nelle sue potenzialità di sviluppo. Un paese da restituire ai cittadini. Perchè non pensare a coltivazioni ad agricoltura biologica, oggi nuovo campo di investimenti a buona produttività, bonificando l'area della cementeria, dove l'amianto è stato fatto volare per aria con l'abbattimento della struttura? Perchè non pensare a far rinascere la cultura attraverso la piccola editoria e librerie in questo paese divenuto città, senza cinema e teatri? Inedite, dimenticate o difficilmente formulabili forme di progettualità per questo paese, immagini ed idee che per un attimo balenano  nell'aria della sera.

Alle spalle del candidato sindaco scivola una figura di donna formosa. Il suo vestito lungo a fantasie dai colori vivaci, fa risaltare la carnagione molto scura. In questo pezzo del centro storico vivono immigrati asiatici o africani, in abitazioni dismesse in cui nessuno vorrebbe vivere. Il centro storico è anche questo, resto del paese lasciato all'incuria.

 

La piazzetta è accogliente e qui ci sembra di essere come a casa. Peccato per quella minuscola chiesetta impacchettata da un'impalcatura ormai fatiscente sull'altro lato della piazza. Peccato per questa parete scura, che, nel nascondere l'orinatoio pubblico, moderna struttura futuristica, incombe su di noi e interrompe lo sguardo verso la stradina, su cui si apre l'ingresso della chiesetta delle Monacelle con il pavimento di mattonelle smaltate consunte, le tele grandi sui muri scrostati, un pezzo di passato lasciato al consumo del tempo. Per un attimo, come per una capriola della mente, mi sovviene il monolite di 2001 Odissea nello spazio, buco nero che assorbe il tempo, che qui lo annulla e annichilisce lo spazio di vita di una piazzetta del centro storico del paese.

E ti viene da pensare a quale mente abbia potuto progettare un moderna struttura di orinatoio in una piazzetta antica a ridosso di abitazioni; se i cittadini siano in testa ai pensieri di questi progettisti o se piuttosto rappresentino una variabile di scarso rilievo in un piano di intervento sul paese. Qui ciò che l'occhio coglie, sembra uccidere l'immaginazione e il pensiero. E rifletti allora su come possa essere difficile opporre un'idea di paese diverso, non sogno o utopia, alla realtà in cui vivi. Oggi invece qui proviamo a volerlo e pensarlo un paese diverso in termini concreti e definiti, un paese  possibile.

 

 

 

Ultimo aggiornamento Lunedì 09 Maggio 2011 12:40
 
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