=TACCUINO ELETTORALE. I resti di noi. Di Francesca Di Ciaula 5= Stampa
Scritto da Redazione   
Mercoledì 22 Maggio 2013 21:41

In giro per questa campagna elettorale incontri a volte gente che ti regala le sue storie. Spesso sono storie tristi, storie di impotenza dinanzi ad un inganno o un diritto di cittadino non rispettato. Di solito sono storie di disagi economici e familiari, come quella della ragazza madre che si sente rispondere dai servizi sociali, cui si è rivolta per un aiuto, che avendo una famiglia, quella di provenienza, che attualmente la mantiene, non ha diritto di fare alcuna richiesta.

Ma quella della signora canadese, che ritornata qui al suo paese trova la tomba di suo padre occupata, la lapide scomparsa, non riesci neppure con uno sforzo dell'immaginazione a pensarla, se qualcuno non te la racconta. Poiché non potrebbe far parte delle umane, civili azioni di una piccola società o comunità, come ancora alcuni si ostinano a chiamare il gruppo sociale che risiede in questo paese che è Modugno.

Più sconvolgente è stato capire che la signora se ne ritornerà in Canada senza sapere dove si trovino le ossa di suo padre esattamente. Da quanto mi è stato raccontato la tomba è stata aperta, svuotata e rioccupata per autorizzazione di un familiare di secondo grado, senza fare alcun avviso ai figli, i diretti discendenti della persona defunta.

Penso a tutte quelle persone modugnesi che hanno lasciato il proprio paese e oggi ritornano a visitarlo per breve tempo. Immagino il disappunto nel vedere un centro storico abbandonato all'incuria, un luogo che respinge piuttosto che invitare al ricordo, nel camminare per un paese difficile da percorrere a piedi in tranquillità.

Immagino il sentimento di un radicamento forte che riaffiora durante la breve permanenza in un paese che appartiene alla propria storia di vita, la gioia di riabbracciare i vivi, la consolazione di mettere un fiore sulla tomba dei propri morti. Immagino il disappunto che non è esagerato chiamare tristezza o dolore. La signora piangeva quel giorno davanti alla tomba occupata, mentre chiedeva a scorbutici (ma tralasciamo quest'annotazione di colore) sorveglianti di rintracciare i resti del proprio padre.

È vero, si tratta di morti e non di vivi, ma un paese che non sa rispettare i suoi morti, è incapace di preservare la memoria di sè, è un paese votato all'autodistruzione. Un paese che non sa preservare le sue memorie secondo le regole e le istituzioni proprie di un consorzio sociale, a stento puoi chiamarlo paese. E tanto meno città.

Ultimo aggiornamento Venerdì 24 Maggio 2013 13:40
 
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